Un divertente pezzo di Sports Illustrated svela una particolarissima legacy della superstar NBA: sono migliaia i giovani Shaquille sparsi per l'America. E pensare che al diretto interessato il suo nome neppure piaceva...
Si parla spesso di legacy, nel mondo sportivo americano. Una sorta di eredità, quello che rimane di quanto fatto – in campo e fuori – nel corso della carriera di un campione. La legacy sportiva di Shaquille O’Neal non la scopriamo certo oggi: 4 anelli vinti, un oro ai Mondiali (nel 1994) e uno alle Olimpiadi (1996), un titolo di MVP NBA, una statua fuori dallo Staples Center e un posto nella Hall of Fame di Springfield. Quello che invece era più difficile immaginare – fino al gustoso pezzo pubblicato da Sports Illustrated – è la legacy del giocatore anche fuori dal parquet, in un ambito che nulla ha a che fare con la pallacanestro: i nomi di battesimo. Se Shaquille era unico in campo, non lo è più fuori, dato l’impressionante numero di coppie americane che ha scelto di chiamare il proprio figlio in onore di uno dei più grandi centri che il gioco abbia mai visto. Si racconta che mamma Lucille, neppure diciottenne, trovò ispirazione in una libreria vicino alla moschea che frequentava, in un volume che racchiudeva una lunga lista di nomi e i loro significati: le piacque Rashaun (guerriero) ma le piacque ancora di più Shaquille (piccolo). Magari non azzeccatissimo visto le dimensioni del neonato – già sovradimensionato prima ancora di diventare il gigante di 2.15 per 145 chili ammirato poi sui parquet di tutto il mondo – ma perfetto per ispirare un sacco di altri genitori. Uno dei primi, racconta l’articolo, è stato Ernest Long, tifosissimo di questo ragazzone al secondo anno di università a Lousiana State University. Perché non chiamare come lui il figlio atteso per la fine del 1990? Detto, fatto: la comunità di Baton Rouge, dove i Long vivevano e dove ha sede il college di LSU, accoglie Shaquille O’Neal Long (non solo il nome, inserì anche il cognome nel nome di battesimo) e quando il neonato ha solo 3 mesi alla porta di casa si presenta il vero Shaquille O’Neal. Venuto a sapere del bizzarro gesto, infatti, la star dei Tigers di LSU sceglie di andare a trovare il suo giovanissimo omonimo, accettando di posare con il neonato in braccio per la gioia di papà Ernest.
Uno, cento, mille Shaq
Che non è solo, nella sua follia. Due anni dopo, quando O’Neal sbarca nella NBA e diventa la prima scelta assoluta per gli Orlando Magic, il nome Shaquille è al 426° posto tra i più gettonati per i figli maschi neonati. Sale al 181° posto solo dodici mesi dopo – Shaq intanto ha vinto il premio di Rookie dell’Anno – e il numero dei genitori che omaggiano il centro dei Magic fa impressione: sono 1.784 gli Shaquille registrati all’anagrafe USA nel 1993. Quei bambini oggi sono cresciuti, diventati grandi e occupano il mercato del lavoro americano: ecco allora che per cercarli si può fare una rapida ricerca su LinkedIn, che riporta 2.154 contatti il cui nome di battesimo è Shaquille (526 accettano il diminutivo Shaq). Degli oltre 40 genitori intervistati da Sports Illustrated, tutti tranne due ammettono che il nome deve l’ispirazione al “Superman” NBA (tra questi anche un giocatore di football NFL dei Carolina Panthers, Shaq Thompson). Non ha niente a che vedere con schiacciate o stoppate al ferro, ma anche questo è un lascito di cui Shaquille Rashaun O’Neal può andare giustamente orgoglioso: lui che da piccolo quel nome difficile da pronunciare – Shaquille – lo odiava talmente tanto da farsi chiamare dai propri amici J.C.. Stava per Just Cool (semplicemente figo) e sì, anche quello era un nome a suo modo azzeccatissimo.