NBA risultati della notte: tripla doppia numero 59 per LeBron James, Lakers k.o. Warriors, 8 vittorie in fila
NBA"King" James firma 25 punti, 12 rimbalzi e 12 assist per guidare i Cavs alla vittoria sui Lakers, firmando la tripla doppia numero 59 in carriera (raggiunto Larry Bird al sesto posto all-time). Golden State vince con Dallas anche senza Curry e Green, raccogliendo l'ottavo successo in fila. I Knicks vincono il derby di New York ma perdono Porzingis per infortunio, facile successo interno di Minnesota su Sacramento con Towns scatenato
Non hai Sky? Guarda lo Sport che ami subito e senza contratto su NOW TV! Clicca qui
Cleveland Cavaliers - Los Angeles Lakers 121-112
Prima della partita tra Cavs e Lakers c’era talmente tanta attesa per lo scontro tra LeBron James e Lonzo Ball che un ragazzino malato, in occasione della visita mattutina di LBJ a un ospedale di Cleveland, aveva chiesto al Re di schiacciare in testa al rookie dei Lakers. James non ne ha avuto l’occasione in partita, ma ha comunque dimostrato per l’ennesima volta la sua superiorità: 25 punti, 12 rimbalzi e 12 assist per portare i suoi Cavs al 16esimo successo nelle ultime 17 partite e il suo nome alla pari di quello di Larry Bird, raggiungendolo al sesto posto ogni epoca per triple doppie a quota 59. È stata però una serata insolitamente imprecisa per James, che ha sporcato le sue percentuali da tre tirando solo 1/6 e perdendo 5 palloni, ma chiudendo con +14 di plus-minus e le giocate decisive nel finale, segnando 6 punti nell’ultimo quarto. Meglio di lui ha fatto Kevin Love, che con 13 dei suoi 28 punti nel terzo quarto ha propiziato lo strappo con cui i Cavs hanno creato un solco incolmabile per gli ospiti, aggiungendo anche 11 rimbalzi e 4/6 da tre nella sua prestazione. Se si parla di tiri da tre, però, nessuno ha fatto meglio del sorprendente José Calderon, che con 5/8 dall’arco ha chiuso con 17 punti, il suo massimo da quando veste la maglia di Cleveland. In casa Lakers anche Lonzo Ball è andato vicino alla tripla doppia chiudendo con 13 punti, 8 rimbalzi e 11 assist, ma ha anche commesso 6 palle perse e sbagliato 5 delle 8 triple tentate per un -11 di plus-minus, superato solo dal -14 di Brandon Ingram che però ha chiuso con 26 punti, 6 rimbalzi e 6 assist in quasi 40 minuti. I gialloviola, privi di Kentavious Caldwell-Pope per motivi personali, hanno avuto altri quattro giocatori in doppia cifra tra cui la doppia doppia da 11+10 del rookie Josh Hart, partito in quintetto al fianco di Ball che è stato salutato ed elogiato dopo la partita da James tanto sul campo (fermandosi a parlare a lungo coprendosi la bocca per non farsi leggere il labiale) quando nel post-gara: “Pensa sempre alla squadra, passa il pallone, alza il ritmo in transizione. È uno di quei giocatori con cui uno vorrebbe giocare”. Parole destinate a far discutere e a far sognare a L.A..
Golden State Warriors - Dallas Mavericks 112-97
Una squadra costretta a fare a meno di tre titolari dovrebbe andare in difficoltà almeno un pochino, ma non se quella squadra si chiama Golden State. Senza Steph Curry, Draymond Green e Zaza Pachulia, ci hanno pensato i rimanenti Kevin Durant e Klay Thompson a sbrigare la pratica-Dallas, il primo segnando 36 punti con 11 rimbalzi e 7 assist, il secondo aggiungendone 25 con 10/15 al tiro e un perfetto 5/5 dall’arco. A loro due si aggiungono i 17 con 11 rimbalzi di un positivo Omri Casspi e la prestazione a tutto tondo di Jordan Bell (8 punti, 6 rimbalzi, 8 assist e 2 recuperi), partito titolare da centro. Per Dallas invece rimane solo l’onore di aver tenuto testa agli Warriors per un tempo, chiudendo in parità all’intervallo e finendo sotto la doppia cifra di scarto solo nell’ultima frazione, quando i cinque giocatori in doppia cifra – guidati dai 18 con 9 rimbalzi di Dirk Nowitzki – non sono più bastati per tenere testa ai campioni in carica. Gli Warriors si godono il momento magico di Durant, che da quando si è fatto male Curry ha decisamente alzato il livello del suo gioco: quasi 34 punti di media con 10.3 rimbalzi e 7.3 assist con 3 stoppate (specialità della casa in questa stagione) e il 54% dal campo.
Brooklyn Nets - New York Knicks 104-111
Ci sono una buona e una cattiva notizia per i New York Knicks. La buona è che la città è ancora loro, avendo vinto il secondo derby stagionale contro i Nets anche sul campo di Brooklyn (che tecnicamente sarebbe la seconda vittoria in trasferta della stagione, anche se di fatto è come giocare in casa); la cattiva però è che Kristaps Porzingis ha dovuto lasciare il campo all’inizio del secondo tempo dopo aver sentito un pericoloso dolore al ginocchio sinistro senza aver subito un trauma, chiudendo con 13 punti in 18 minuti. Da lì in poi ci hanno pensato Courtney Lee (18 dei suoi 27 punti nel secondo tempo) e Michael Beasley (15 dalla panchina) a prendersi cura dei Nets, che dal canto loro hanno avuto poco altro se non i massimi in carriera di Spencer Dinwiddie (26) e Rondae Hollis-Jefferson (25), ma senza riuscire a sostenere la rimonta per via di uno scarso 12/42 da tre punti. Raggiunta la vittoria, New York aspetta il responso sulle condizioni di “The Unicorn”: sabato al Madison Square Garden fa tappa Carmelo Anthony con i suoi Oklahoma City Thunder e c’è bisogno di tutti per accoglierlo nel migliore dei modi.
Minnesota Timberwolves - Sacramento Kings 119-96
Forse quello di cui aveva bisogno Karl-Anthony Towns era davvero una scossa a livello nervoso. Dopo aver “litigato” sui social con l’amico Joel Embiid, la stella dei T’Wolves è scesa in campo “per essere un assassino, non un giocatore di pallacanestro”, come confessato dopo la gara. A farne le spese sono stati i malcapitati Kings, sotterrati da 30 punti, 14 rimbalzi, 5 assist e 5 stoppate di “KAT” per la 23esima doppia-doppia stagionale (nessuno come lui in NBA), accompagnato dai 21+9 assist di Jimmy Butler e i 22 di Andrew Wiggins. Bisogna anche dire che Sacramento non ha potuto opporre chissà quale resistenza, chiudendo il primo quarto sotto di 10 e finendo sotto di 25 nel terzo, senza mai ritornare in partita nella ripresa nonostante i 16 punti di George Hill, i 15+11 di Zach Randolph e i 54 della panchina, ben 30 in più di quella (scarsamente utilizzata) dei T’Wolves. Per Minnesota si tratta della 17esima vittoria a fronte di 12 sconfitte, la terza miglior partenza nella storia della franchigia.