Contro una delle sue ex squadre, Marco Belinelli realizza la sua miglior prestazione da quando gioca a Philadelphia, chiudendo con 21 punti e 5 triple. Ottimi anche Joel Embiid (25 punti e 19 rimbalzi) e Ben Simmons (tripla doppia da 10 punti, 12 rimbalzi e 15 assist): i Sixers mettono nel mirino il quarto posto a Est.
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Philadelphia 76ers-Charlotte Hornets 108-94
Da cosa si capisce che il “Process” è definitivamente concluso? Dal fatto che una serata in cui Joel Embiid segna 25 punti con 19 rimbalzi e in cui Ben Simmons realizza la sua nona tripla doppia stagionale (10 punti, 12 rimbalzi e 15 assist senza palle perse) è da considerarsi ormai quasi normale per i Philadelphia 76ers. Prestazioni che fino a due anni fa erano impensabili sono ormai routine al Wells Fargo Center, sotto lo sguardo di un sempre più presente Allen Iverson, davanti al quale anche Marco Belinelli si è esibito nella sua miglior serata da quando gioca a Philly. Nella settimana che lo porterà al suo 32° compleanno il “Beli” ha chiuso i suoi 23 minuti in campo con 21 punti, tirando 8/14 dal campo e 5/9 da tre contro la squadra con cui ha disputato tutta la scorsa stagione, gli Charlotte Hornets ormai privi di obiettivi. Insieme a Belinelli — che si è concesso una schiacciata sfruttando uno dei cinque assist che Simmons gli ha regalato e ha fatto la differenza a cavallo tra terzo e ultimo quarto con tre triple per il +10 dei suoi — ci sono anche i 18 punti di Robert Covington e i 12 di J.J. Redick, in una serata in cui i padroni di casa hanno cancellato uno svantaggio di 7 lunghezze all’intervallo grazie alla difesa. Embiid e soci hanno tenuto gli avversari a 4/21 dal campo nel terzo quarto, chiudendo poi definitivamente i conti nell’ultimo grazie a un parziale di 13-0 per la soddisfazione di coach Brett Brown. “Il nostro obiettivo è fare i playoff” ha detto l’allenatore dopo la gara. “Ora sembra che siamo vicini a riuscirci, ma ci stiamo facendo prendere la mano dicendo ‘Andiamoci a prendere anche il fattore campo’. E sia chiaro, sono il primo a dirlo. Ma può succedere solamente se difendiamo: questo è il messaggio per la nostra squadra”.
Joel Embiid come Allen Iverson? Anche per lui “Practice?!” è una parola tabù
Difendendo e, verrebbe da dire, evitando di perdere tanti palloni. Se Simmons ha fatto un ottimo lavoro senza sprecare neanche una delle tante palle che sono transitate dalle sue mani (da solo ha realizzato la metà dei 30 assist di squadra su 42 canestri segnati), lo stesso non si può dire di Joel Embiid, che invece ha commesso 9 delle 15 palle perse di squadra pur giocando l’ennesima partita spettacolare con 10/17 dal campo, 4/6 da tre e 4 stoppate in 31 minuti. Embiid finora ha disputato 58 delle 69 partite giocate dai Sixers, un risultato ampiamente superiore alle aspettative di inizio anno, grazie anche al fatto che il centro non si allena praticamente mai con il resto della squadra, risparmiandosi (ovviamente di comune accordo con lo staff tecnico e medico) un po’ di lavoro extra sul suo fisico così delicato. Se i risultati sono questi, però, è difficile dare torto alla strategia dei Sixers: considerando che hanno il calendario più semplice della lega da qui alla fine, Philadelphia ha davvero una chance di riprendere Indiana e Washington per conquistare il quarto posto a Est, distante solamente una partita. Un risultato anche questo impensabile a inizio anno, ed evitando squadre come Toronto, Boston e Cleveland si potrebbe quasi azzardare un passaggio del turno per i giovani Sixers.
La lenta caduta degli Hornets e le frecciate a Hernangomez
Chi invece ormai non crede più alle chance di post-season è Charlotte, arrivata all’ottava sconfitta nelle ultime dieci nonostante i 24 di Kemba Walker e i 17 di un redivivo Willy Hernangomez, che ne ha segnati 15 solamente nel secondo quarto dopo aver visto pochissimo il campo nelle ultime settimane. Con la stagione ormai compromessa, tanto vale cercare di capire se c’è un giocatore NBA nello svogliato e discontinuo centro spagnolo, a cui coach Clifford non ha risparmiato qualche frecciata: “Francamente, se sei in una squadra e non giochi, quando ti trasferisci in un altro posto e vorresti giocare di più dovresti ammazzarsi di lavoro, fare più cose. O almeno io farei così. Sfortunatamente nel mondo in cui viviamo i giocatori non vogliono sentirselo dire. Il problema è sempre degli altri: dell’organizzazione, del coach, degli assistenti, di tutto quello che non funziona Ma siamo seri, lo dico ogni volta ai miei ragazzi: sono circondati di persone che dicono loro ciò che vogliono sentirsi dire. La realtà è che non giocava per un motivo. Deve essere lui a cambiare le cose”. Chissà se il messaggio è arrivato.