Un super James Harden trascina Houston, segna 42 punti, si prende il primato nella corsa al premio di miglior giocatore dell’anno e interrompe a 13 la striscia di successi di Portland
Non hai Sky? Guarda lo Sport che ami subito e senza contratto su NOW TV! Clicca qui
È la quinta volta che succede nella storia NBA, ma a pensarci fa un po’ strano. I Rockets infatti non sono i primi a interrompere una striscia di 13 vittorie consecutive nella stessa regular season in cui sono riusciti a mettere insieme anche loro una serie di successi così lunga (i texani sono arrivati a 17 in fila). La dimostrazione di forza però resta evidente. Anche perché in una stagione in cui molti cercano la chimica giusta e altri devono raccogliere i cocci di roster che cadono a pezzi causa infortuni, a Houston si continuano a macinare vittorie senza sosta. I Rockets non sono sfiorati da alcun tipo di problema (fate pure tutti gli scongiuri del caso, se volete) e ormai sembrano aver dimenticato come perdere. Dallo scorso 26 gennaio infatti Houston ha completato un mese di febbraio fatto di sole vittorie e sta proseguendo la cavalcata anche a marzo, con l’unica eccezione della trasferta persa a Toronto, nonostante i 40 punti di James Harden. A Portland invece sono 42 per il Barba e bastano eccome per fermare la striscia di successi dei padroni di casa, incapaci di rallentare il sempre più probabile MVP della regular season: sono 42 punti, 13/25 al tiro, 5/7 dall’arco, sei rimbalzi e sette assist. Il tutto in 33 minuti. Trentatré. "Non è una cosa che succede per caso: lavoro costantemente ogni giorno sul mio tiro da tre punti, provando a migliorare e non sentirmi mai arrivato". E i risultati si vedono, soprattutto quando di fianco ai un Chris Paul da 22 punti, otto rimbalzi e sei assist pronto a darti una mano, in un contesto in cui tirare 19/36 dall'arco (56% abbondante) di squadra è diventata la norma e non più l’eccezione. "Aspetto sempre che il difensore compia per primo la sua mossa – racconta Harden -. Dopo che l’ho portato nel punto in cui mi fa più comodo, mi prendo il mio tiro". A guardare il numero 13 sembra facile, soprattutto contro Portland: per lui è la settima gara con almeno 40 punti negli ultimi cinque anni contro i Blazers. Nessuno ha avuto una vittima sacrificale contro la quale ha fatto meglio nell'ultimo lustro.
Portland, nulla è perduto. Anche se contro Houston...
E dall’altra parte cosa è successo? Beh, Portland ha provato a resistere in una serata in cui Damian Lillard è apparso un po’ più appannato del solito (20 punti con 5/17 al tiro) e in cui non è mancato però il supporting cast. Alla sirena finale sono 22 punti per Aminu, 21 con 11 rimbalzi e quattro stoppate per Jusuf Nurkic e 17 con 3/3 dall’arco per Harkless. È mancato un po’ di smalto alle punte di diamante, soprattutto in un finale in cui i Blazers erano tutt’altro che lontani nel punteggio. “Se sono la squadra n°1 in NBA un motivo ci sarà: trovano sempre un modo di vincere, hanno una batteria di tiratori unica. E poi Harden ormai è lanciatissimo verso il titolo di MVP. Aver perso contro di loro non vuol dire non aver fatto una buona partita”, sottolinea Lillard, tutt’altro che amareggiato al termine di una cavalcata che durava ormai dallo scorso 12 febbraio. “No, non c’è alcuna soddisfazione particolare nell’aver interrotto la loro striscia – commenta Paul -, siamo venuti a giocare una gara in cui sapevamo che tutto dipendeva da noi. Se scendiamo in campo e facciamo la partita che abbiamo in mente, non ce n’è per nessuno”. In stagione il conto sale a 3-0 negli scontri diretti tra Rockets e Blazers: una ragione in più per Portland per evitare in tutti i modi di scendere al quarto posto a Ovest.