Utah in gara-5 è arrivata a un passo dalla qualificazione, prima di sprofondare sotto i colpi di Paul George e soprattutto di un indemoniato Russell Westbrook. Un duro colpo a livello psicologico prima ancora che tecnico, che potrebbe avere contraccolpi anche nella sfida di Salt Lake City (in diretta su Sky Sport 2 HD dalle 4:30)
Il confronto tra Utah Jazz e Oklahoma City Thunder si è rivelato il più interessante e combattuto a Ovest, dove alle pronosticabili vittorie di Golden State e Houston si è aggiunta quella ancora più schiacciante di New Orleans contro Portland. Thunder e Jazz invece, arrivati a gara-6 con i mormoni in vantaggio 3-2, sono di fronte all’ennesimo bivio di una serie in cui la distinzione tra filosofie di gioco difficilmente potrebbe essere più estrema. Da una parte una squadra di sistema come Utah, che per strada ha trovato sì delle prestazioni inattese e convincenti da parte dei singoli (Donovan Mitchell su tutti, ma non solo), ma che fa dell’applicazione difensiva e dell’esecuzione il suo dogma. OKC invece è lontana anni luce dall’aver trovato una continuità a livello organizzativo e tattico, costretta a ritrovare equilibrio dopo l’infortunio di Andre Roberson; l’ago della bilancia difensivo che era riuscito a dare continuità al rendimento dei Big Four Westbrook-George-Anthony-Adams. Senza di lui, OKC ha ricominciato ad affidarsi alle individualità, cavalcando in regular season un Russell Westbrook da tripla doppia di media per la seconda stagione in fila. Ai playoff però la strada si è fatta in salita: in gara-1 “Playoff P.” ha preso il posto di Paul George, garantendo ai Thunder una seconda opzione letale alle scorribande di Westbrook. Da lì in poi però a venir fuori sono stati i pregi di Utah, che per tre gare e mezzo ha dominato in lungo e largo. Ricky Rubio è entrato nella storia dei Jazz grazie a una tripla doppia che ai playoff mancava da 17 anni a Salt Lake City; Donovan Mitchell ha superato Karl Malone per produzione nelle prima partite in carriera in post-season; Joe Ingles ha giustificato le decine di milioni di dollari garantite dal contratto firmato la scorsa estate; Rudy Gobert ha confermato di essere il miglior difensore della lega. Un avversario ostico per chiunque, arrivato a un passo dalla qualificazione prima di sprofondare nel finale di gara-5.
La pazzesca (e forse irripetibile) rimonta dei Thunder
OKC se l’è vista davvero grigia in effetti. A fine primo tempo, sul -15 e umiliati sul parquet dai Jazz, i Thunder sono rientrati in spogliatoio senza cambiare la ritualità dei loro gesti. “Tutto era come al solito, soltanto più triste del normale”. In quello che poteva essere l’ultimo intervallo lungo della stagione, Felton è stato il primo (e l’unico) a prendere la parola: “Volete davvero che accada questo? Siete pronti a convivere con questo fallimento e andare a casa così presto?”. Nessuno ha risposto, ma tutti hanno compreso il messaggio. Di certo non aveva voglia di riposarsi Westbrook, rimasto sul parquet per tutti e 24 i minuti della ripresa: “Per quale motivo avrebbe dovuto conservare le energie?”, sottolinea George, che assieme a Westbrook ha banchettato nella ripresa. I numeri sono impressionati: OKC, sotto di 25 punti, ha chiuso cavalcando un parziale da 61-28. Il duo di All-Star ha messo lo zampino in ognuno di quei 61 punti, con il solo Westbrook che con i 33 messi a referto ha superato il computo totale dei Jazz. Un dato più di ogni altro è quello che forse rende meglio l’idea del controllo dei due sulla partita. I Thunder negli ultimi 20 minuti di partita hanno effettuato 420 palleggi totali; 410 realizzati da Westbrook e George, dieci da tutto il resto della squadra. Un vero e proprio affare per due, anche perché il mancato contributo di Carmelo Anthony è forse la notizia peggiore per coach Donovan. L’ex giocatore dei Knicks sta viaggiando con meno di 13 punti di media, tirando con il 37% scarso dal campo e il 21% dall’arco. In cinque partite, con 168 minuti totali trascorsi sul parquet, Anthony ha messo a referto due assist totali. Due, continuando inoltre a essere il solito problema quando si tratta di proteggere il ferro. Un disastro e un peso sul groppone di questi Thunder, che speravano di trovare in lui la terza e decisiva bocca di fuoco alla quale affidarsi.
Adesso i Jazz cosa devono fare?
Se lo staranno chiedendo un po’ tutti a Salt Lake City, visto che credevano di aver trovato la formula magica per mettere fuori gioco i Thunder. Ma avendo ancora altre due occasioni a disposizione, l’imperativo è non farsi prendere dal panico. Il fattore che più ha pesato in gara-5 è stata la presenza/assenza di Gobert sul parquet, il giocatore più di tutti in grado di cambiare gli scenari nel bene e nel male per i Jazz. I problemi di falli che hanno limitato l’utilizzo del francese hanno cambiato la predisposizione (e l’efficacia) di Westbrook in attacco, mettendo alle corde Utah: con lui sul parquet il rating difensivo dei Jazz in gara-5 è stato di 89.9, senza di 133.5. Il sole e la luna, la differenza che passa da una squadra che va in semifinale di Conference e una che rischia di fare una fine drammatica. I margini per attaccare i Thunder restano molti, a partire dal ritrovare la mira che è mancata negli ultimi 20 minuti, nonostante la costruzione delle conclusione fosse rimasta sempre di alto livello. Rubio in gara-4 ad esempio è stato marcato da Westbrook in 32 occasioni che hanno garantito all’attacco di Utah oltre 128 punti se parametrati su 100 possessi. Uno dei tanti aspetti su cui tornare a puntare forte. I Jazz infatti hanno dimostrato per tante ragioni di essere una squadra migliore e senza un’altra super prestazione di Westbrook, non sembra esserci molto di cui doversi preoccupare.