Dopo i playoff iniziati da infortunato e conclusi da protagonista (non sempre in positivo) con i Celtics, il n°36 dei bianco-verdi è atteso da una delicata stagione a livello contrattuale. A caccia di un rinnovo, con l’opzione per un anno, Smart non ha dubbi: "Valgo molto più di 12-14 milioni di dollari"
“Il mio cuore è a Boston e credo che la squadra si stia muovendo per pianificare il mio ritorno nella prossima stagione”. Difficile immaginare questi Celtics senza Marcus Smart, il giocatore che più di tutti ha incarnato lo spirito, la voglia di combattere e la capacità di buttare il cuore oltre l’ostacolo dei bianco-verdi. Terminata gara-7 e la cavalcata playoff di Boston, Smart si è concesso un lungo sfogo ai microfoni dei cronisti per raccontare le incertezze del suo futuro e le sue opportunità: “Sono qui, so che stanno lavorando per trattenermi. Dinanzi a questo gruppo devo solo togliermi il cappello. Da fuori è difficile comprendere fino a fondo la grandezza di questa organizzazione in maniera chiara”. Smart però non nasconde il fatto di dover pensare anche ad altre opzioni, a cercare un piano B: “Ci sto pensando tanto, devo tenere conto di un bel po’ di fattori. Quello che voglio sottolineare è che la mia intenzione è restare ai Celtics: amo questa città, l’atmosfera, la squadra. Sono quattro anni che gioco qui e il mio cuore resterà per sempre legato a questa gente”. A far discutere però sono state altre parole pronunciate sempre a margine della sfida con i Cavaliers: “A essere onesto, credo di meritare molto più di 12-14 milioni di dollari [la cifra che i Celtics sembrano essere intenzionati a mettere sul piatto, ndr]. Ci sono tantissime cose che faccio in campo che non finiscono sul foglio delle statistiche a fine partita. Non si trovano molti giocatori di questo tipo. Metto sempre tutto in campo, ogni gara. Ditemi voi quanti altri ragazzi in questa lega possono dire con convinzione le stesse parole”. Tanti dei suoi compagni di spogliatoio erano accorsi in sua difesa dopo che era stato sottolineato l’1/10 dal campo raccolto in gara-7, nocivo per l’inceppato attacco di Boston. ‘Lui è il cuore della squadra’, hanno sottolineato in molti: “Questo è quello che vedono anche gli altri – rincara la dose Smart -, non sono sicuro che si possa mettere un prezzo su questo tipo di contributo”. Sarà, ma Danny Ainge e tutta la dirigenza biancoverde dovrà trovare una risposta a questo interrogativo.
Tutti i possibili scenari, in attesa che arrivino offerte
C’è tanto di buono nel gioco di Smart che non viene sottolineato, come i sette assist a fronte delle zero palle perse in gara-7 che hanno fatto molto comodo ai Celtics. Nonostante gli attacchi e le critiche ricevute, il n°36 non è intenzionato ad accampare scusa di sorta: “Non amo cercare alibi – facendo chiaramente riferimento all’operazione che a marzo lo ha costretto a fermarsi per sei settimane -, ma il mio pollice mi ha fatto penare un bel po’. Tutta la mano destra ne ha risentito”. A livello contrattuale i Celtics possono fare un’offerta da 6.1 milioni di dollari per la prossima stagione (prevista dall’ultimo anno di rookie) e pareggiare eventualmente qualsiasi altra proposta arrivi da altre squadre. Se l’offerta dovesse essere troppo elevata però, Boston ha già fatto capire a chiare lettere che non farà follie sul piano economico per trattenerlo. Dal canto suo Smart invece potrebbe accettare il contratto base da 6.1 milioni e poi esplorare la free agency (a quel punto totalmente svincolato dai Celtics) tra 12 mesi. “Non sono considerazioni che ho avuto ancora il tempo di fare, non so se sono disposti a farmi un’offerta diversa. Prima o poi nelle prossime settimane lo scoprirò”. Sul piano pratico Smart sa di rischiare di ricevere soltanto delle modeste offerte da altre squadre da playoff, tutte consapevoli del fatto che il n°36 bianco-verde resta un tiratore da 36% in carriera e un deterrente per qualsiasi attacco. Altra alternativa per Boston è dargli più soldi, ma per un periodo breve di tempo (biennale, non di più), per poi liberarlo quando poi ci saranno da rinnovare i contratti degli altri rookie (prima Brown, poi Tatum e le altre scelte future a scalare). La dimensione del profilo di un Marcus Smart è compatibile con quella di un role player in una squadra che punta al titolo? “Sono state 24 ore molto lunghe per me [ripete facendo riferimento alla sconfitta contro Cleveland e alle Finals mancate per un soffio, ndr]. Al momento penso soltanto a tornare a casa da mia madre per assicurarmi che stia bene [ammalatasi qualche mese fa] e facendo tutto il possibile per rassicurarla. Devo parlare con lei, con tutta la mia famiglia, ci sono un sacco di cose in ballo”. Smart non nasconde l’emozione per le condizioni di salute della madre: “Sta bene, anzi sta meglio. Ma quel dannato cancro è ancora lì e dobbiamo conviverci”. Insomma, nella sua testa ronzeranno un bel po' di problemi; non solo il contratto.