Dopo le due partite della Oracle Arena, nessuno aveva dubbi riguardo la definitiva consacrazione del n°30 sul palcoscenico più importante della NBA. Dopo la super prestazione di Durant in gara-3, a qualcuno è venuto il dubbio: chi sarà l'MVP delle Finals 2018?
Premessa d’obbligo: qualora i Cleveland Cavaliers compiano un’impresa mai riuscita prima, rimontando una serie playoff dopo essere stati sotto 3-0, il dubbio sarebbe risolto alla radice. Così come se la lega avesse previsto con maggiore frequenza l’assegnazione del premio di miglior giocatore delle Finals a prescindere dal successo o dalla sconfitta al termine della serie stessa. In entrambi i casi il titolo di MVP sarebbe giustamente assegnato a LeBron James, solo contro tutti e potendo fare affidamento mai come quest’anno su un supporting cast molto limitato. La palla però sembra essere passata nell’altra metà campo, dove siede Steph Curry, ormai a un passo dal terzo titolo NBA in quattro anni e a cui manca soltanto il premio di MVP delle Finals per chiudere il cerchio. Le prime due sfide della serie hanno dato degli indizi importanti riguardo la sua candidatura, con il n°30 sempre protagonista e miglior realizzatore per i padroni di casa, con tanto di record di triple realizzate in una singola gara delle finali (9/17 in gara-2, meglio di quanto fatto da Ray Allen nel 2008). Nel primo episodio giocato a Cleveland però, il banco è saltato: Curry ha faticato tantissimo a trovare il fondo della retina, chiudendo con 11 punti e un modesto 3/16 dal campo e 1/10 dalla lunga distanza. A farne le veci ci ha pensato Kevin Durant, che in gara-3 si è preso di forza il palcoscenico chiudendo con 43 punti, percentuali irreali e tanto di tripla fotocopia (e allo stesso modo vincente) rispetto a 12 mesi fa. Una prestazione maiuscola, che unita ai 26 punti messi a segno in tutti e due i primi episodi (sì, senza che nessuno se ne accorgesse) lo hanno reso il miglior giocatore degli Warriors per punti segnati (29.4), secondo per rimbalzi (7.6) e terzo per assist (4.5). Il tutto condito con un livello di applicazione e resa difensiva secondo a pochissima, con la capacità di cambiare e contenere qualsiasi tipo di avversario. Insomma, con ancora almeno una sfida fa valutare, in molti credono sia giusto dare nuovamente a Durant il premio a 12 mesi di distanza.
Il racconto di Steph: "Ho continuato a tirare, volevo che almeno uno andasse dentro"
Curry in realtà ha dato un saggio della sua forza in gara-3, nonostante sia stata una delle partite più complicate della sua carriera alle Finals. I precedenti storici lo avevano già messo in allerta: Ray Allen infatti nel 2008 chiuse con 0/8 dall’arco nella sfida successiva al record raccolto contro i Lakers e anche Steph ha faticato a lungo per trovare ritmo e precisione: “Volevo a tutti i costi segnarne almeno uno prima di lasciare l’arena. Era l’unica cosa a cui stavo pensando. Per fortuna è entrato il tiro più importante di tutti, è stata una bella sensazione”. La decima tripla dunque è stata quella decisiva, il sintomo di come la fiducia di un tiratore non cambia dopo qualche errore e che anche in una serata del genere è riuscito a lasciare il suo marchio: “La tripla di Steph è stata quella decisiva, assieme al canestro di Durant”, sottolinea Kerr, come tutti consapevole che anche avere sbagliato qualche tiro aperto e non contestato non avrebbe intaccato l’atteggiamento e l’aggressività di Curry nel match. Poi è lo stesso n°30 degli Warriors a evidenziare l’eccellente lavoro di Durant, spesso criticato per aver fermato la circolazione dell’attacco di Golden State e aver reso stagnante l’esecuzione dei campioni NBA: “Lo avete visto in questa gara? Davvero pensate sia un problema? Abbiamo mantenuto un grande equilibrio”. Se ne sono accorti anche i Cavaliers, che ne hanno fatto le spese anche questa volta. Con buona pace dei complottisti e di quelli che immaginano guerre intestine agli Warriors nel dare la caccia al premio di MVP: con un anello in più al dito, sarà molto più facile per chiunque accettare di ricevere un trofeo in meno. Sia per Durant, che per Curry.