Rivoluzione non solo in campo, ma anche nei coaching staff di tante squadre NBA che in estate hanno scelto delle nuove guide tecniche: dal caso Casey, licenziato dopo aver vinto il premio di miglior coach dell'anno, a Budenholzer, chiamato a una delle sfide più stimolanti di tutta la Lega sulla panchina dei Bucks
Da due anni gli addetti ai lavori e i tifosi si lamentano della distanza temporale che passa tra le votazioni e la consegna dei premi stagionali NBA. Un riconoscimento ambito – giustamente, visto che in alcuni casi determina anche il destino contrattuale delle star – che dopo le ultime due regular season è stato reso noto all’interno di un evento organizzato ad hoc e messo in calendario dopo le Finals e il Draft. Un’era geologica a livello NBA, visto che in quei due mesi di playoff spesso e volentieri gli scenari (e di conseguenza le valutazioni) possono essere ribaltate da una serie e/o una cavalcata vincente in post-season. “Vittima” di questa dilazione dei tempi è stato Dwane Casey, lo scorso anno impegnato sulla panchina dei Raptors e ancora una volta convincente nei primi mesi di stagione. Toronto in regular season infatti era stata una squadra schiaccia-sassi, capace di distruggere ogni record di franchigia: 59 vittorie per Toronto e primo posto nella Eastern Conference. Un continuo miglioramento da coronare con un riconoscimento ambito: il premio di miglior allenatore dell’anno. Una votazione avvenuta poco prima dell’inizio dei playoff, che hanno però iniziato a raccontare una storia ben diversa. I Raptors infatti per il terzo anno consecutivo sono andati a sbattere con i Cavaliers; mai così vulnerabili, eppure capaci di travolgere per 4-0 Toronto in una serie senza storia. Uno schiaffone in piena faccia, pagato a caro prezzo da Casey che poco dopo è stato licenziato dalla franchigia canadese. Cacciato con un mese buono d’anticipo rispetto a una premiazione che a quel punto appariva grottesca. Per sua fortuna il merito del lavoro fatto a inizio stagione gli aveva permesso di ottenere già un nuovo incarico sulla panchina dei Detroit Pistons, convinti nel liberarsi di Stan Van Gundy dopo l’ennesimo mancato accesso ai playoff. Morale della favola? Il giorno della premiazione Casey ha ricevuto ben due tweet di congratulazioni: quello dei Raptors e dei Pistons. Il passato e il presente, mentre in futuro magari converrà annunciare prima il premio.
Tante facce nuove sulle panchine NBA
Detroit è soltanto una delle otto franchigie ad aver cambiato allenatore. A Toronto infatti di conseguenza hanno dovuto provvedere a “tappare il buco” con Nick Nurse, vice di Casey promosso alla guida di una squadra che a lungo ha corteggiato anche il nostro Ettore Messina. L’assistente allenatore degli Spurs poteva diventare il primo europeo a prendersi una panchina NBA, ma è stato battuto sul tempo da Igor Kokoskov - sbarcato a Phoenix e stimolato da un progetto in divenire come quello dei Suns. Altro roster molto ambito è stato quello dei Bucks, stimolanti dal punto di vista atletico, tecnico e chiave di volta per poter mettere le mani su Giannis Antetokounmpo; il prospetto più interessante dell’intera Lega. Se ne prenderà cura Mike Budenholzer dopo l’addio travagliato (e fortemente voluto) dagli Hawks, che nel frattempo si sono affidati a Lloyd Pierce, all’esordio da capo allenatore dopo aver fatto da assistente ai Sixers. Prima esperienza anche per James Borrego a Charlotte, che ha preso il posto di coach Clifford finito a Orlando dopo l’addio di Frank Vogel. Discorso a parte invece va fatto per David Fizdale che nei prossimi mesi avrà una bella gatta da pelare sulla panchina dei New York Knicks: esonerato dai Grizzlies lo scorso novembre, ha firmato un contratto di quattro anni per sostituire Jeff Hornacek. Il coraggio non gli manca e a New York sperano non abbia perso la confidenza con il successo.