Il n°23 dei Lakers conclude la lunga scalata ai 32.292 punti messi a referto in carriera da MJ: un canestro in penetrazione a metà secondo quarto ha portato James oltre quota 13 nella sfida contro Denver, quanto serviva per raggiungere un altro storico traguardo
LEBRON VS. JORDAN: CIFRE A CONFRONTO
LE REAZIONI NBA AL TRAGUARDO DI JAMES
Metà secondo quarto, i Lakers stanno affondando ben oltre la doppia cifra di svantaggio senza dimostrare la grinta necessaria per provare a portare a casa il successo contro Denver (manifestata poi più tardi nel corso del match grazie alle energie della panchina, fino ad accarezzare un inutile -2 nel punteggio nel quarto periodo). Tutto lo Staples Center però sta facendo un altro conto alla rovescia e non quello del numero di partite che mancano alla fine di una stagione complicata per i Lakers. James va a caccia di Jordan, soltanto 13 punti di distanza tra i due nella classifica dei migliori realizzatori all-time NBA (MJ è il quarto di sempre, ci sono altri tre ostacoli da scalare prima di arrivare in vetta). LeBron ci mette poco più di un quarto d’ora per concludere l’impresa, andandosi a prendere in penetrazioni il fallo, i due punti, il tiro libero supplementare (stranamente andato dentro, in una serata pessima dalla lunetta) e soprattutto la leggenda che lo ha ispirato, che lo ha portato a indossare il n°23, che lo ossessiona tutt’ora in termini di grandezza e legacy. Già prima di scendere in campo James immaginava che sarebbe riuscito a concludere l’inseguimento contro i Nuggets (pronostico facile: sono 920 partite in fila che LeBron segna almeno dieci punti, fare cilecca proprio stanotte avrebbe fatto un certo effetto); per questo contro ogni scaramanzia ha twittato tutta la sua emozione con largo anticipo, già prima di scendere sul parquet, definendo “irreale” l’idea di lasciarsi Jordan alle spalle. Per l’occasione l'ex Cavaliers ha indossato in campo una versione particolare delle sue Nike LeBron 16s, disegnate sullo stile delle Air Jordan III. Uno dei tanti tributi in una serata che ricorderanno in molti.
La reazione contenuta dello Staples Center e il video celebrativo
Quando Kobe Bryant riuscì a ritagliarsi un istante simile nella storia del Gioco (14 dicembre 2014, in Minnesota contro i T'wolves), superando MJ e prendendosi all’epoca il terzo posto all-time, il gioco venne fermato per rendere merito all’allora n°24 dei Lakers. Stavolta invece la NBA aveva comunicato già prima dell’incontro che la partita sarebbe andata avanti fino alla naturale interruzione, smorzando dunque in partenza i buoni propositi dei tifosi di casa. Il pubblico dello Staples è rimasto comunque in piedi ad applaudire, approfittando del tiro libero supplementare che ha permesso a James di godersi il calore dei suoi tifosi per 30 secondi in più rispetto al protocollo. Poi, al primo timeout, il video celebrativo dell’impresa, con le immagini dei primi canestri e di tutte le tappe che lo hanno portato così in alto nella storia dei realizzatori NBA: “Mi prendo ogni tipo di riconoscimento così come viene, senza programmare nulla e con la solita emozione di sempre. Jordan resta il giocatore a cui ho sempre guardato per tutta la mia carriera, il talento che mi ha ispirato quando ero un bambino e mi rendo conto quanto sia incredibile ritrovarmi a un passo da un traguardo del genere”, raccontava nell’allenamento prima della sfida contro i Nuggets. Alla sirena finale 13 sono stati i canestri, in una partita da 31 punti totali (il 13 al contrario, per quelli che vogliono leggere un significato particolare in queste cifre), sette rimbalzi e sette assist, accompagnati però dalla sconfitta che ha sancito definitivamente la fine della sua striscia di 13 partecipazioni consecutive ai playoff. I Lakers infatti dicono addio alle speranze di prendere parte alla post-season, rendendo molto deludente una stagione partita con grandi propositi. A fine partita la gente mugugna, in pochi hanno voglia di festeggiare e celebrare un traguardo così importante (a livello personale) per quello che è diventato il giocatore franchigia: vedere LeBron in gialloviola però al momento è sinonimo di obiettivo mancato; non la condizione ideale per tributare chissà quale standing ovation finale.
Los Angeles Lakers-Denver Nuggets 99-115
A margine dello storico traguardo raggiunto, i Lakers dovevano cercare di vincere a tutti i costi la sfida contro Denver, ultima chiamata per non perdere il treno playoff. L’approccio alla partita però non è stato dei migliori: 43-25 di parziale nel primo quarto, con i gialloviola incapaci di opporre qualsiasi tipo di resistenza all’attacco dei Nuggets. I giovani talenti di casa restano a guardare a bordo campo, tutti infortunati e non più a disposizione: Kyle Kuzma e Lonzo Ball con problemi alla caviglia, Brandon Ingram alla spalla; in borghese e in attesa di dare il cinque a James dopo aver raggiunto lo storico traguardo. C’è qualcuno però che non vuole arrendersi a questo destino, che mentre la gara sembra volgere inesorabilmente al peggio vuole dimostrare qualcosa sul parquet. I nomi che guidano alla riscossa i Lakers infatti sono quelli che non ti aspetti: Alex Caruso, autore di 15 punti in 29 minuti, Johnathan Williams – che non giocava da dicembre - e Mo Wagner che chiude con 11 tiri e 11 punti, trascinano (sì, non è un eufemismo) i Lakers dal -23 al al -2 nel quarto periodo, quando LeBron spera di poter aggiungere un successo alle celebrazioni della sua serata. I suoi tentativi dall'arco dell'ipotetico sorpasso non trovano il fondo della retina, mentre a Denver basta riallacciare le scarpe per qualche minuto per ricacciare indietro gli avversari, chiudendo con tutto il quintetto in doppia cifra: 23 punti per Barton, 19 per Murray, 16 per Millsap, 12 con 17 rimbalzi e otto assist per Jokic. Insomma, una squadra da playoff, a differenza dei Lakers. I giocatori della squadra di casa sono così tutti costretti a uscire a testa basta, in parte anche lo stesso LeBron che raccoglie lo stesso l'affetto del pubblico, come nel caso di 2 Chainz che si toglie la catena che portava al collo per darla al n°23 gialloviola. Ci sarà modo di celebrare nel migliore dei modi un'impresa storica, ma farlo nel giorno della disfatta ha certamente un sapore agrodolce.