Il general manager gialloviola racconta la creazione del roster attorno alle due superstar, James e Davis: "Una volta sfuggitoci Leonard la nostra stella polare è stata la ricerca di tiro da fuori, versatilità e IQ cestistico". Con LeBron James e Anthony Davis come consulenti speciali
Non è arrivato Kawhi Leonard, l’obiettivo dichiarato per chiudere trionfalmente il mercato. Ma i Lakers hanno prima messo sotto contratto Anthony Davis (inseguito e sfuggito a febbraio) e poi, una volta incassato il no dell’MVP delle ultime finali NBA (con lo smacco aggiuntivo di vederlo arrivare in città, sponda Clippers però), Rob Pelinka e il front office di L.A. hanno scatenato il loro piano B. Che ha voluto dire la firma di una decina di giocatori, alcuni confermati (Rajon Rondo, Kentavious Caldwell-Pope, JaVale McGee, Alex Caruso) e altri invece portati con prontezza in California (DeMarcus Cousins, Danny Green, Avery Bradley, Quinn Cook, Jared Dudley e Troy Daniels). “Una volta capito che Leonard non sarebbe arrivato, inutile guardarsi indietro”. Lo sguardo di Pelinka è stato rivolto in avanti, a una squadra da costruire al meglio con quanto rimasto sul mercato attorno a due superstar come LeBron James e Anthony Davis: “E quando hai due superstar di questo calibro, con un tale IQ cestistico, è ovvio chiedere consigli e confrontarsi con loro. Qui ai Lakers vediamo il nostro rapporto con le nostre superstar come una partnership – dice Pelinka – tanto che i loro input per me sono stati di grandissimo valore”. Il general manager gialloviola fa quindi capire che il roster assemblato attorno ai “Big Two” dei Lakers è di loro gradimento, anche grazie alle lezioni imparate dagli errori passati: “L’insegnante migliore è l’esperienza – dice Pelinka – ed è necessario imparare dal proprio passato. La nostra stella polare per muoverci sul mercato quest’anno era la necessità di aggiungere a roster tiro da fuori, ma anche miglior difesa sul perimetro, tante intelligenza cestistica da parte di ogni giocatore, un certo tipo di carattere e tanta versatilità tecnica”. Ecco l’identikit che ha portato al roster dei Lakers 2019-20, un roster così voluto proprio per non ripetere gli errori in fase di costruzione della squadra compiuti lo scorso anno: “Quando non abbiamo vinto il titolo e qui a Los Angeles, quando si lavora per i Lakers, qualsiasi risultato che non sia il titolo NBA non può essere considerato un successo”. I Lakers sono tornati. Almeno a parole.