Il neo allenatore gialloviola racconta una carriera iniziata da tifoso dei Sixers e ammiratore di Rick Pitino, che l'ha visto già su una panchina NBA a Indiana prima e Orlando poi. Sarà però la sua capacità di riportare in vetta i Lakers a decidere del suo destino
Per alcuni è una scommessa. Per altri è semplicemente un rincalzo (dopo i no di Monty Williams, Tyronn Lue e forse anche Juwan Howard). Sia come sia, i Lakers che aspettano la nuova stagione come “il campionato della rivincita” (dopo le delusioni degli ultimi 6 anni e in particolare dello scorso, il primo con LeBron James) lo fanno con Frank Vogel alla guida. Un allenatore con due esperienze da head coach già in archivio, a Indiana prima (5 anni, nei libri di storia della squadra come l’allenatore con più vittorie a capo dei Pacers) e poi a Orlando (mai oltre le 30 vittorie stagionali), ma anche tanta gavetta precedente. Il rapporto di Vogel con la NBA parte da ragazzino, da tifoso dei Sixers (ma anche dei Phillies di baseball, il suo primo sport preferito) che nei primi anni ’80 arrivano a vincere il titolo grazie a Julius Erving e Moses Malone. Presto però in lui nasce la passione per la figura dell’allenatore, e il giovane Vogel ha due idoli: Mike Krzyzewski e Rick Pitino. Del secondo ammira soprattutto l’approccio maniacale al lavoro, lo stesso che lui vede come unico approccio possibile: “Se hai la fortuna di tramutare una tua passione nel tuo lavoro, in realtà non sei mai al lavoro”, dice. Rischiando tutto, riesce a farsi assumere a Kentucky, e quando tre anni dopo Rick Pitino diventa il nuovo allenatore dei Celtics Frank Vogel si ritrova nella NBA, video coordinator di Boston. “Il mio primo lavoro nella lega, e nei nostri uffici a tre porte di distanza dalla mia c’era Red Auerbach”, ricorda Vogel, ancora incredulo. Rick Pitino viene presto sostituito da Jim O’Brien e con O’Brien Vogel viene promosso a vice allenatore di seconda fascia, quelli che siedono una fila dietro la panchina. Poi, quando O’Brien diventa capo allenatore a Philadelphia nel 2004-05, la fila di Vogel diventa la prima, quella al fianco del suo head coach, e il suo ruolo cresce ancora (primo assistente) quando sempre i due si spostano in Indiana, alla guida dei Pacers. Quando nel 2011 Larry Bird sceglie di licenziare proprio O’Brien, la soluzione sa di averla già in casa, promuovendo Vogel – che nel frattempo ha sviluppato il suo gotha della professione a cui ispirarsi: “I Pat Riley, Phil Jackson, Gregg Popovich, Van Gundy – sia Jeff che Stan – del caso: contro di loro sai che sarà sempre battaglia perché indipendentemente dal livello del talento, le loro squadre sono sempre organizzate e allenate benissimo. Per loro ho un livello di rispetto e ammirazione assoluto”.
Vogel e il suo progetto ai Lakers
Dopo il biennio con poche gioie a Orlando e un anno fermo ai box, ora arriva la sfida più ambiziosa e difficile della sua carriera. Vogel lo sa: “L’Indiana è la culla del basket, lì la pallacanestro è più importante che in qualsiasi altra parte del mondo… che non sia la California del sud. Perché i Lakers per la gente di qui sono una religione. E io amo questo tipo di passione”. “Non troveremo la quadra dalla sera alla mattina, ci vorrà un po’ – mette le mani avanti Vogel – ci saranno parecchie difficoltà e ci saranno serate in cui le cose vanno male e i ragazzi impareranno a conoscersi. Ma abbiamo a roster tanti veterani e tanti giocatori intelligenti, per cui ho fiducia che troveremo presto i giusti equilibri”. Vogel è chiamato a metterci del suo, ovviamente, utilizzando ogni strumento possibile, comprese quello delle statistiche avanzate: “Che l’anno scorso, ad esempio, non premiavano la coppia LeBron-Rondo. Mi ha sorpreso, non lo nascondo, ma poi ho capito che ha a che fare con la mancanza di tiratori affidabili nel roster dello scorso anno. Per me le statistiche sono uno strumento, ma non l’intera scatola degli strumenti. Quest’anno mi aspetto che LeBron e Rondo producano molto meglio, assieme”. Con “King” James da point guard, magari, come è stato detto da più parti: “Non certo una novità”: fa giustamente notare Vogel. “Ai tempi di Indiana i suoi Heat ci hanno eliminato dai playoff per tre anni in fila: a portar su palla in quella squadra non erano mai né Norris Cole né Mario Chalmers, ma LeBron, in quasi tutti i possessi”. James avrà ovviamente ancora in mano le redini della squadra, ma Vogel sembra felice anche delle prime impressioni ricevute dal resto del roster: “Rondo mi pare miglioratissimo da tre punti, ci ha lavorato molto; Avery Bradley, Kentavious Caldwell-Pope, Dwight Howard e Jared Dudley mi sembrano tutti nella miglior forma fisica della loro carriera; Danny Green pure, e dirlo di LeBron non fa neppure notizia, ma ha utilizzato la sua estate per essere in grandissima forma. E poi ancora: JaVale McGee non è mai stato così sereno in tutta la sua carriera, mentre il mio voto per Kyle Kuzma sia per attitudine che per volontà di lavorare duro è 10 su 10”, dice Vogel. Che poi conclude con un pensiero per Anthony Davis: “Vedere da vicino il suo talento non fa che aumentare la mia voglia che la stagione prenda il via”. Manca un mese, poi arriveranno i primi responsi del campo. E la carriera di Frank Vogel potrebbe cambiare per sempre, in bene o in male.