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NBA, LeBron James: "Non c'è sport senza tifosi. Playoff? Vorrei evitare Portland"

NBA
©Getty

La superstar dei Lakers ospite del podcast Road Trippin' accetta di confrontarsi su molti temi attuali: vuole giocare, ma vuole farlo davanti ai tifosi, è contrario a una transizione immediata ai playoff (dove eviterebbe volentieri i Portland Trail Blazers) e rifiuta l'idea che questo riposo supplementare lo avvantaggi in qualche modo ("Tutt'altro")

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Ci sono voluti gli amici di sempre — Richard Jefferson e Channing Frye — e una puntata del loro podcast Road Trippin’ perché per la prima volta dall’esplosione della pandemia legata al coronavirus LeBron James accettasse di aprirsi davanti a un microfono e condividere i suoi pensieri su questo particolare momento storico e sulle prospettive immediate di futuro nella NBA. E ancora una volta — come aveva fatto in maniera incauta alle prime avvisaglie del pericolo Covid-19 — il n°23 dei Lakers è tornato sull’importanza dei tifosi all’interno di un evento sportivo: “Cos’è lo sport se non ci sono tifosi?”, si è domandato. “Manca tutto il divertimento, mancano le gioie e i dolori. Non c’è quella sensazione di sfida per cui vai in trasferta e vuoi distruggere la squadra di casa e zittire i loro tifosi, e viceversa. Certo, giochi contro i tuoi avversari, ma per tirare fuori il meglio dello spirito competitivo in noi giocatori aiuta sapere che vai a giocare in un ambiente ostile e hai la chance di prendere a calci nel sedere i tifosi avversari”. Uno scenario che oggi, se appare lontano già un possibile ritorno in campo, rischia di essere ancora più remote, visto che l’ipotesi che le squadre possano magari tornare in campo ma per sfidarsi a porte chiuse è una delle opzioni sul tavolo. “Ovvio che vorrei tornare in campo, ma se si risolve tutto nel giocare 5 vs. 5 allora in palestre vuote allora assomiglierebbe molto più a una partitella di allenamento: scendi in campo, qualcuno porta una telecamera, riprende l’allenamento e ne fa uno streaming live. Senza tifosi cambia veramente tutto, non riesco a immaginarmi un evento sportivo: è una dinamica davvero strana”, afferma James.

Precauzioni e rischi

Che poi — permettendosi una fuga in avanti col pensiero, a quando prima o poi si tornerà in campo — tra il serio e il faceto si immagina un cambiamento nei comportamenti futuri dei giocatori, a cominciare proprio dai suoi: “Non darò mai più un high five per il resto della mia vita”, dice. “Dopo tutta questa cosa del coronavirus? Potete scommetterci: basta high five, e vi assicuro che con questo sono finite anche tutte le elaborate coreografie di saluti e strette di mano prima della palla a due. Se non ci credete, aspettate di vedermi ancora in campo e ve ne accorgerete”, avverte Frye e Jefferson. Poi però LeBron James solleva anche un timore che in qualche modo richiama alla mente le prime resistenze di alcuni giocatori NBA verso la presenza in campo di Magic Johnson dopo l’annuncio della sua sieropositività: “Cosa succede se c’è una palla vagante e ti butti per strapparla dalle mani di un giocatore che sai che è stato testato come positivo al coronavirus?”.   

I playoff (contro Portland?) e il finale di stagione

Sempre guardando avanti, a un possibile ritorno in campo, il n°23 gialloviola non sembra gradire né la possibilità che le squadre siano costrette a restare in quarantena in determinati hotel selezionati dalla lega, da abbandonare solo in occasione delle gare (“Una roba del genere non mi sta bene, non giocherei a queste condizioni”), né l'idea che la lega cancelli la restante parte di stagione regolare per iniziare immediatamente i playoff: “No, almeno 5-10 partite ancora di stagione regolare bisogna prevederle: passare subito ai playoff vorrebbe dire tenere in zero conto gli sforzi fatti in 60 e più gare lottando per la miglior posizione possibile”. Sollecitato a dire la sua dai suoi ex compagni ai Cavs su un possibile mini-torneo tre le teste di serie n°8, 9, 10 e 11 per l'accesso ai playoff di ogni conference (8 vs. 11 e 9 vs. 10 con serie al meglio delle tre partite e poi una sfida finale tra le vincenti), LeBron James ha mostrato grande rispetto — se non timore — per una possibile sfida al primo turno contro i Portland Trail Blazers: “Sono una squadra pericolosa: hanno Lillard che può segnarne 50, McCollum che può metterne 40 e ‘Melo Anthony che se si accende — e sappiamo che nei playoff può farlo — può aggiungerne facilmente altri 35-40.

La condizione fisica

Un altro punto interessante sollevato da James ha a che vedere con la percezione che per un giocatore della sua età (35 anni già compiuti) questa opportunità non prevista di riposo possa favorirlo in un finale di stagione da giocare al massimo: “Tutt’altro — obietta James — casomai è il contrario nel mio caso, perché quando abbiamo smesso di giocare è come se il mio corpo mi avesse chiesto: ‘Ma che diavolo stai facendo? È il 13 marzo, ci stiamo preparando per i playoff, e ora ci fermiamo?’. Mi sentivo alla grande, era come se fossi arrivato in terza base e stessi correndo lanciato verso casa base, pronto per i playoff, e invece ora ci siamo dovuti fermare”. Non certo la situazione ideale, ma LeBron è convinto che “con una settimana di mini-training camp” i Lakers possano essere pronti a tornare in campo: “Abbiamo una chat di squadra, ci teniamo in contatto, voglio che tutti i tifosi della Lakers Nation lo sappiamo”. Come a dire: siamo pronti a ripartire. Quando, però, ancora non si sa.