In una lunga intervista con il Milwaukee Journal Sentinel, Giannis Antetokounmpo ha parlato per la prima volta dei suoi problemi di salute mentale, rivelando di aver pensato al ritiro per le pressioni di dover essere sempre il miglior giocatore al mondo: "Nel 2020 ero pronto a lasciare tutto, ne ho anche parlato con la dirigenza dei Bucks. Ma cercando aiuto sono riuscito a uscirne"
Nel corso degli ultimi 10 anni, Giannis Antetokounmpo è passato dall’essere uno sconosciuto figlio di emigrati che giocava nella seconda divisione greca a uno dei più famosi sportivi del mondo, oltre che un due volte MVP, un campione NBA da MVP delle Finals e uno dei giocatori più pagati della NBA. Persino un film ha ritenuto necessario raccontare la sua incredibile storia, eppure c’è un aspetto che fino a questo momento non era stato raccontato: quello dei suoi problemi con la salute mentale. Talmente seri da portarlo a considerare seriamente il ritiro, parlandone perfino con la dirigenza dei Milwaukee Bucks. "Tutti mi guardavano come se fossi pazzo" ha spiegato Antetokounmpo in una lunga intervista con il Milwaukee Journal Sentinel. "Mi dicevano: 'Hai appena firmato il contratto più remunerativo nella storia della NBA e vuoi lasciare il gioco e tutti quei soldi?'. Ma io dicevo: potete prendere tutti quei soldi e metterveli nel… scusate il mio linguaggio".
Giannis: "Troppe pressioni fuori dal campo"
Giannis fa riferimento al 2020, quando a dicembre firmò l’estensione di contratto quinquennale da 228 milioni di dollari coi Bucks, legandosi a loro nonostante anni di speculazioni su un suo possibile cambio di maglia. Parliamo quindi di un periodo in cui Antetokounmpo aveva già vinto due premi di MVP, di cui il secondo accompagnato dal premio di Difensore dell’Anno, ma anche provato sulla sua pelle il peso delle eliminazioni premature ai playoff, nel 2019 alle finali di conference e nel 2020 al secondo turno nella bolla di Orlando, dove chiaramente non era se stesso. "C'è un sacco di pressione" ha spiegato Giannis. "Bisogna affrontare tante cose. Per poter essere il migliore, devi giocare sempre come il migliore. Devi allenarti come il migliore. E devi comportanti come il migliore. E non è facile. Nel 2020 ero pronto a lasciare il gioco. Sono un essere umano molto testardo: se una cosa non mi piace, io non la voglio fare. Non mi interessa dei soldi: mi interessa della felicità. Sono una persona gioiosa. Mio padre Charles [a cui è stata intitolata una fondazione che si occuperà, tra le altre cose, anche di salute mentale, ndr] non aveva niente: c’eravamo solo noi. Ed era la persona più ricca della Terra perché aveva i suoi figli. Aveva una famiglia bellissima, e non aveva niente. Tutto questo [intendendo gli impegni fuori dal campo tra pubblicità ed endorsement, ndr], per me non vuol dire niente".
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Giannis è riuscito a superare i suoi problemi — tra cui anche l’inattesa scomparsa di suo padre, l’ossessivo lavoro per diventare l’MVP, le pressioni del suo paese natale con la nazionale greca, gli obblighi dentro e fuori dal campo — chiedendo aiuto a dei professionisti, accettando di avere dei problemi e di risolverli. Il risultato è stato l’anno migliore della sua vita: nel 2021 non solo ha vinto il titolo NBA, ma lo ha fatto vincendo il premio di MVP delle Finals con una serie finale suggellata da una prova leggendaria da 50 punti in gara-6 contro Phoenix, per di più dopo essere rientrato da un rischiosissimo infortunio subito alle finali di conference contro Atlanta. Tutte cose che sarebbero potute non succedere mai se non avesse avuto il coraggio di chiedere aiuto: il risultato è stato diventare, stavolta senza dubbi, il miglior giocatore del mondo.