Scherza, il giocatore degli Indiana Pacers, ma fino a un certo punto: "Il mio ruolo in Team USA sarà quello del facilitatore", dice. E poi aggiunge: "Voglio fare domande, imparare tutto quello che posso dai miei compagni. Dal Mondiale ho imparato che tutti vogliono battere Team USA, e che basta una giornata storta per dire addio all'oro". Che rimane l'unico obiettivo per Parigi: "Una medaglia d'oro è il top, per ogni sportivo"
Innanzitutto la buona notizia: Tyrese Haliburton, fermato da un problema al bicipite femorale nelle ultime due gare della serie di playoff contro Boston, a Parigi ci sarà. “Il mio corpo non mi dà nessun tipo di preoccupazione: è tutto ok, sto bene, mi sono riposato e ho fatto lavoro di potenziamento muscolare. Da due settimane posso dire di essere al 100%”, rassicura la star di Indiana. Che – se si esclude Anthony Edwards – è il più giovane del gruppo e anche l’unico reduce dalla spedizione nelle Filippine per il Mondiale 2023. Fallimentare. “Ho imparato che contro di noi tutti giocano al massimo. Tutti vogliono veder perdere Team USA, e basta una partita storta per essere fuori. Dal punto di vista personale è stata una bella esperienza, un buon gruppo, nuovi amici, ma sono tornato dalle Filippine a mani vuote, e questo non mi è andato giù, ho accumulato tantissima frustrazione. Oggi sono reduce dalla mia stagione più vincente di sempre e voglio continuare a vincere”. In nazionale e non solo. “Quando hai scritto USA sulla maglia è quasi un obbligo: voglio l’oro, che per uno sportivo è il top, ma spero anche di poter ancora competere per il titolo NBA anche l’anno prossimo”. Quelli che in NBA chiama avversari, a Parigi per Haliburton saranno compagni di squadra, e questa opportunità la star dei Pacers vuole fare di tutto per sfruttarla: “Voglio capire come ragionano, vedere come si allenano, fare più domande possibile. Voglio approfittare al massimo di poter stare al fianco di questi campioni: LeBron, Curry ma anche tutti gli altri”.
Con Tatum e Holiday in spogliatoio: "Mi aspetto i loro sfottò"
Con un roster del genere il potenziale è illimitato ma il punto è capire come trovare gli equilibri giusti: “Siamo tutti grandi giocatori - riconosce Haliburton – ma con la nazionale dobbiamo essere pronti a sacrificarci, e sono certi che tutti siano disposti a farlo”. Lui un’idea del suo ruolo già ce l’ha: “Ne scherzavo anche l’altro giorno con Grant Hill [l’uomo a capo di USA Basketball, ndr]: gli ho detto che voglio fare come Jason Kidd, e vedere quanto riesco a stare in campo senza prendermi neppure un tiro ma passando soltanto il pallone [ride]. Il mio ruolo a Parigi sarà quello del facilitatore”. E a Parigi Haliburton non vede l’ora di andarci: “Ci sono stato poche settimane fa per la prima volta in occasione della Fashion Week [e ci tornerà a gennaio 2025 con i suoi Pacers, per sfidare Wembanyama e gli Spurs, ndr]: è una città stupenda, ma pur di rappresentare gli Stati Uniti avrei giocato ovunque”, ammette sincero. Al via dell’avventura manca poco: il morale sembra al massimo, solo una cosa sembra preoccupare Haliburton: “Sono certo che Tatum e Holiday non mancheranno di ricordarmi la serie con Boston: ma posso sopportarlo”, conclude col sorriso.