Opening Night NBA, il fascino della prima notte

“The beginning of the game made it for me, I don’t know if ever I’ve been more moved in a game. What those players did to me before the game… it brings closure to a lot of stuff”. – Larry Brown “It was a classy gesture from a classy organization to do that and they didn’t have to”. – Rick Carlisle Opening night. L’atmosfera, sempre magica, è quella della prima sera di scuola. Nella NBA si premiano – con l’anello – i campioni uscenti, per tradizione sempre in campo nella ouverture stagionale. Ventun anni fa se ne celebrò una molto particolare, a panchine incrociate, e dai molteplici risvolti e significati. Non soltanto per l’annata che stava per cominciare, ma per il futuro dell’intera lega. E dunque del gioco globale. Rinascita di una nazione Tanto per cominciare, avrebbe segnato la rinascita – molto griffithiana – della ‘Piston Nation’, e il ritorno del “Deee-troit Baaa-sketball” – copyright di John Mason, che sulle frequenze di WJLB-FM dal 2001 aveva sostituito dopo 16 anni l’iconico aedo Ken ‘the Casual One’ Calvert. Nel 2003-04 infatti Detroit vincerà il terzo titolo della propria storia, giusto tre lustri dopo il primo dei suoi odiamatissimi ‘original Bad Boys’. Terza squadra di sempre, i Pistons del back-to-back, a confermarsi campione dopo i dinastici Boston Celtics degli undici titoli in tredici anni fra i ’50-’60 e i Los Angeles Lakers al crepuscolo dello ‘Showtime’ . Perché ‘original’? Perché proprio in quella stagione a ‘Motown’ assisteranno alla loro reincarnazione/rivisitazione, magari impropria ma non troppo, nei ‘Bad Boys II’. Quanto al nick, la contemporanea uscita dell’omonimo sequel al cinema è solo contestuale. E trattandosi dei Pistons, sin dall’apertura non poteva mancare un po’ di melodrammatica letterarietà. Chissà quanto incidentale è invece il corso-e-ricorso storico tutto detroitiano: quest’anno la ‘Opening Night T-Shirt’ dei Pistons – con l’azzurro Simone Fontecchio guarito dall’intervento al piede sinistro e fresco di rinnovo biennale a 16 milioni di dollari – sarà mercoledì 23 ottobre alla Little Caesars Arena di Detroit, e proprio contro Indiana. Prezzi per tutte le tasche . E remake, si spera, di quel festoso vernissage del 2003 e non dell’indegna ‘Malice at the Palace’ che, giusto vent’anni fa, il 19 novembre 2004, aveva fatto trasalire il Commissioner David Stern. Trasmessa in diretta tv nazionale dalla ESPN, e dalle sue affiliate locali di entrambe le squadre , aveva fatto epoca. E indotto la lega a riscrivere le proprie tavole della legge. Dalle norme disciplinari in campo al dress code fuori. La NBA non sarà più la stessa. Conti in panca La lunga caccia al Larry O’Brien Trophy 2003-04 scatta mercoledì 29 ottobre al Palace of Auburn Hills. È l’antivigilia di Halloween, e per un dolcetto-o-scherzetto del calendario, Detroit e Indiana si affrontano a panchine invertite. I primi Pistons di coach Larry Brown ospitano, fra tutti, proprio i Pacers. I loro maggiori rivali divisionali che hanno appena assunto Rick Carlisle, l’altro freschissimo illustre ex di serata. Nei suoi due anni detroitiani Carlisle aveva sempre portato i Pistons a 50-32 e al titolo della Central, l’ultimo per sole due vittorie in più rispetto ai Pacers di coach Brown, che poi in offseason – con inevitabile coda di polemiche –aveva come lui fatto il salto della barricata. Per quanto concerne Detroit, sotto esplicita, adamantina disposizione del patron Bill Davidson. “La direzione per la nuova stagione era stata stabilita una settimana dopo che avevamo concluso quella del 2002-03 – scriverà Joe Dumars, allora presidente e giemme dei Pistons, nella prefazione per “Blue Collar Champions”, il volume celebrativo del titolo 2004 – Eravamo appena stati spazzati via nelle Finals della Eastern Conference dai New Jersey Nets, e avevamo già un nuovo allenatore. La mossa era stata improvvisa, drastica e aveva colto di sorpresa parecchia gente”. Non ultimo Carlisle, il coach destinato a lasciargli il posto. E che però, nella città della iconica Kronk Gym, la palestra che ha forgiato il tifosissimo detroitiano Tommy ‘The Hitman’ Hearns e altri millanta futuri campioni del mondo della noble-art, si era dimostrato un ottimo incassatore. Oltre che facile profeta: “Se pensate che dopo di me prenderà un bollito, siete pazzi. Porterà qui un uomo di grande spessore, e se ci riuscirà avrà svolto il suo lavoro”. Dumars, infatti, aveva poi rimpiazzato il Coach of the Year 2002 con quello del 2001, e di ben 19 anni più anziano. Lo stesso che, al primo anno su quella panchina, diventerà l’unico allenatore campione sia nella NCAA sia nella NBA. L’aria era dunque frizzantina già di suo quando, subito prima del tip-off, i Pistons avevano svelato lo striscione di campioni divisionali 2003 per issarlo – a imperitura memoria, e in faccia al loro ex condottiero che glielo aveva appena regalato – alle volte del Palace. Invece, surprise-surprise. Dopo il caloroso benvenuto ai sei nuovi arrivi nel roster e al 63enne futuro Hall-of-famer chiamato a diffondere il nuovo Verbo, i tifosi di casa avevano riservato al suo predecessore, una meritata quanto inattesa standing ovation. "È stato davvero bello – dirà a fine partita, quasi commosso, Carlisle – Un gesto di classe da un club di classe, e non era dovuto". Esauriti i convenevoli però, i suoi Pacers lo avevano ancor più gratificato espugnando il Palace. L’èra-Brown era partita on the wrong foot altro che "in the Right Way". Anche perché, a differenza di chi lo aveva preceduto, il buon Larry da quella panchina non poteva più far alzare fiori di seconde linee quali Jon Barry, Michael Curry e Clifford Robinson; e, di lì a breve, neppure più Chucky Atkins. La buona notizia, per i suoi primi Pistons, era però che Mehmet Okur e soprattutto Tayshaun Prince, entrambi al secondo anno, nel giro di un mese sarebbero divenuti via via sempre più importanti nelle rotazioni. Tre filotti di su e giù rispecchiano una quasi fisiologica discontinuità per una squadra ancora all’inizio di un nuovo ciclo. Un’altra montagna russa emozionale sarà poi il primo ritorno di coach Brown a Philadelphia, il 26 novembre, contro i Sixers da lui allenati per sei stagioni . E culminate con le Finals del 2001 perse 4-1 contro i Los Angeles Lakers della super combo Kobe & Shaq. Quelle della storica gara-1 vinta quasi da solo da un Allen Iverson in missione, e del suo iconico, immortale Step Over sul povero Tyronn Lue, scavalcato inerme a terra più intimamente impotente che offeso nell’amor proprio. Come nel primo ritorno di Carlisle al Palace nell’ouverture stagionale, anche quello di Brown al Wachovia Center di 'Philly' spiazza un po’ tutti per l’inatteso tributo all’illustre ex. Non tanto da parte dei tifosi, là notoriamente passionali e che anzi non mancano di dimostrargli come si sia trasformato in astio il loro amore che sentono tradito, quanto da parecchi dei suoi vecchi giocatori. In particolare, quelli per cui lui era stato così determinante per il prosieguo della loro carriera. "L’accoglienza che mi hanno riservato… – racconterà poi, quasi commosso – Non credo di essermi mai emozionato così in una partita. Persone che per me tanto hanno significato si sono esposte. E sotto questo aspetto, non c’è niente che per me conti di più. Quel che i giocatori hanno fatto per me nel prepartita, ha messo la parola fine a tante cose". 'Brownianamente' sibillino il riferimento alla divergenza di vedute col front office dei Sixers che aveva portato, il 26 maggio, alla traumatica – e clamorosa – separazione. A quel secondo showdown i Pistons arrivano sul 10-5, ma come accaduto nel primo, a gioire, alla fine, saranno i festeggianti anziché i festeggiati: 90-86 Phila, e trentello tondo del suo ex figlioccio prediletto. Tu quoque, AI, fili mi? The Answer, la Risposta giusta alla domanda sbagliata. Dopo un altro paio di saliscendi , dal 27 dicembre al 20 gennaio i Pistons inanellano una striscia di tredici successi, record di franchigia eguagliato. A spezzare l’incantesimo, l’indomani, la breve trasferta alla Conseco Fieldhouse di Indianapolis, cioè casa Carlisle: 81-69 Pacers. Nel mentre, il 3 gennaio, Brown – per la sesta volta in carriera Coach del mese – centrava la sua 900ª vittoria NBA: 99-93 sui Golden State Warriors. Anno nuovo, vita nuova per i Pistons. Ma febbraio li avrebbe presto riportati alla cruda realtà. Superata la flessione di tre sconfitte iniziata contro Indiana e in apparenza risolta con quattro vittorie di cui tre esterne , Detroit aveva imboccato un’altra china pericolosa: sei stop consecutivi. Tra i pochi segnali positivi, un Ben Wallace offensivamente rigenerato dalla cura-Brown: 9,5 punti di media, e la conferma – nel voto popolare – come centro titolare per il 53° All-Star Game, in programma il 15 febbraio allo Staples Center di Los Angeles. La tana dei Lakers futuri finalisti. E a quattro giorni dalla ‘trade deadline’ che avrebbe rivoluzionato il futuro prossimo della franchigia e dell’intera lega. Come accaduto, sempre a febbraio, ma un quarto di secolo addietro con Mark Aguirre per Adrian Dantley, Rasheed Wallace sarà il pezzo che mancava per completare il puzzle da titolo. A differenza degli originali, back-to-back però solo sfiorato per i Bad Boys II, sconfitti in finale dagli Spurs di Tim Duncan, campioni prima e dopo di loro. Quei Pistons – l’epitome del "Goin’ to work" che più blue collar detroitiano non si può – non avevano le stelle e hanno vinto meno dei Bad Boys. Ma avevano fatto rinascere la "Piston Nation" e il "Deee-troit Baaa-sketball". E tutto era cominciato in quel mercoledì di fine ottobre, antivigilia di Halloween, nella sfida a panchine incrociate. Il fascino della prima notte. Di seguito, senza pretesa di esaustività o classifiche, ecco alcune memorabili opening night NBA. 23 ottobre 1962: San Francisco-Detroit 140-113 La solita seratina del Ciambellano Al Cow Palace di Daly City, in California, consueta puntatina al luna park per Wilt Chamberlain. Al bancone del tirassegno, spara 56 punti , con corredo di 29 rimbalzi e 4 assist nel successo dei suoi Warriors sui Pistons. Neanche a dirlo, tuttora record – quei 56 bersagli – delle opening night NBA. 16 ottobre 1965: Boston-Cincinnati 102-98 L’ennesima lezione di 'Russ' A differenza del dioscuro offensivo Chamberlain contro cui ha dominato e s’è spartito i Sixties, Russell ha cambiato il gioco con difesa, stoppate e contropiede. Contro Cincy, un clinic per i posteri: Bill tira maluccio ma compila una russelliana doppia-doppia da 14 punti, TRENTASEI rimbalzi e tre assist. Neanche a dirlo, tuttora record – quelle 36 carambole – nelle opening night NBA. 18 ottobre 1974: Chicago-Atlanta 120-115 OT Thurmond, il primo Mr. Quadrupla Doppia È solo la seconda stagione in cui la lega conteggia le stoppate, e il compianto Nate Thurmond al vecchio Stadium riscrive due volte la storia: agli Hawks ne rifila 12, e con 22 punti, 14 rimbalzi e 13 assist piazza nel successo dei Bulls all’overtime la prima quadrupla doppia di sempre. Neanche a dirlo, tuttora record – quelle 12 'bloccate' – nelle opening night NBA. 12 ottobre 1979: Boston-Houston 114-106 La prima tripla di Ford, la prima doppia di Bird Serata storica per i Celtics al Garden. Non solo per l’esordio di Larry Bird, e già basterebbe. Ma perché la NBA ha appena introdotto il tiro da tre , e Chris Ford segna la prima tripla nella storia della lega. Per lui l’unica provata, e da Boston segnata sulle tre tentate . Houston fa altrettanto con l’1/3 di Rick Barry, ma su dieci tentativi di squadra. Smallball e tiro al piccione moderni erano di là da venire. Bird debutta con 14 punti e 10 rimbalzi più 5 assist in 28’. Ai Rockets non bastano i 31 punti di Moses Malone. Le squadre si ritroveranno in finale l’anno dopo, e finirà col primo di tre anelli per Larry 'Legend'. 1° novembre 1986: New York-Chicago 103-108 I 50 sassolini di Jordan al Garden Ormai guarito dall’infortunio all’osso navicolare del piede sinistro che gli aveva fatto saltare 4 mesi e 64 partite l’annata precedente, Michael Jordan a New York ne mette 50 ai Knicks, sua vittima sacrificale prediletta, specie al Garden. For the ages il double-nickel, 55 punti, che rifilerà loro a domicilio alla quinta partita dopo il suo rientro dal baseball, vinta 111-113 il 28 marzo 1995. Ma in quella opening game si accontenta del cinquantello tondo: in 41’ chiude con 15/31 da due, 20/22 in lunetta e senza tirare da tre. A referto pure sei rimbalzi, tre assist, quattro recuperi, tre stoppate e sei palle perse. Il "dio travestito da Michael Jordan" da 63 punti apparso come in un incubo a Larry Bird il 20 aprile 1986 al Garden in gara-2 di primo turno playoff contro i Celtics, peraltro poi vittoriosi anche nella serie, era tornato. E dalle celebri Air Jordan aveva da togliersi – specie contro i Jerry&Jerry dei Bulls: il giemme Krause e il proprietario Reinsdorf – più di qualche sassolino. 3 novembre 1989: Utah-Denver 122-113 Masterclass di stockton-to-malone Al Salt Palace di Salt Lake City, John Stockton illustra come e perché diventerà il recordman ogni epoca per assist nella lega. Nel +9 finale sui Nuggets ne smazza 19, e correda con 23 punti , tre rimbalzi e altrettanti recuperi. E chissene delle sei palle perse. Neanche a dirlo, tuttora record – quei 19 servizi in camera – nelle opening night NBA. Postilla: per il sodale Karl Malone 40 punti con 18/25 più 16 rimbalzi e 5 assist. Lezione di stockton-to-malone spiegata bene-bene. 3 novembre 1989: Chicago-Cleveland 124-119 OT Jordan un sacco Bull sempre contro i Cavs A Jordan non era bastato l’iconico 'The Shot' in faccia al povero Craig Ehlo il 7 maggio precedente, storica prima serie di playoff superata in maglia Bulls. Sempre contro i poveri Cavaliers, MJ allo Stadium infierisce con 54 punti , 14 rimbalzi e assist e salva i Bulls all’overtime. Nessun record stavolta, ma un Michael in una delle sue serate più spettacolari e ispirate. 1° novembre 1996: Houston Sacramento 96-85 Lupin-Drexler, il ladro-gentiluomo Al Summit, Clyde 'The Glyde' al penultimo anno di carriera veleggia in zona quadrupla-doppia, però solo sfiorata con 25 punti, 10 rimbalzi, 9 assist e 10-dicasi-10 recuperi. E pazienza per le sette palle perse se poi i Rockets vincono con margine a due cifre e 'solita' doppia-doppia del suo compare Hakeem Olajuwon: 17 punti e 13 rimbalzi. Neanche a dirlo, tuttora record – quei dieci furti senza scasso – nelle opening night NBA. 28 ottobre 2003: San Antonio-Phoenix 83-82 Duncan, killing them softly Al SBC Center, gli Spurs euforici per il titolo appena conquistato soffrono per quasi tutta la partita i rampanti Suns di Stephon Marbury, Joe Johnson, Shawn Marion e Amar’e Stoudemire. Ma quel 'quasi' è Tim Duncan, che nel crunch time si esalta. E dimostra perché lo chiamavano 'Big Fundamental': 24 punti, 12 rimbalzi, 4 assist e 6 stoppate. Naturalmente, senza mai muovere un muscolo di quella imperturbabile faccia da 'The Stone Buddha'. 1º novembre 2005: Phoenix-Dallas 108-111 Dirk vs Steve, io e mio fratello Alla America West Arena, va in scena il rematch della precedente semifinale di Western Conference . Dirk Nowitzki e Steve Nash, arrivati insieme e compagni ai Mavs dal 1998 al 2004, sono grandi amici ora uno contro l’altro. A spuntarla stavolta è Dirk in doppia-doppia da 28 e 15 rimbalzi più tre assist e due stoppate, ma Steve merita l’onore delle armi sfiorandola con 30 punti e 9 assist e pure otto rimbalzi. 30 ottobre 2007: Lakers-Houston 93-95 Mamba mentality in progress Il Black Mamba è bramoso di dimostrare al mondo di saper vincere il titolo anche senza Shaq, ai tempi all’ultima stagione a Miami dove nel 2006 lui sì che c’era riuscito senza KB . Kobe in casa allo Staples Center straripa mettendone 45 ai Rockets, che però si salvano aggrappandosi al totem Yao Ming e al solito trentello di 'T-Mac' Tracy McGrady. Il figlio di Jellybean riuscirà poi nel suo intento, e addirittura in back-to-back, ma solo dall’anno dopo. 25 dicembre 2011: Lakers-Chicago 87-88 Big Deng ha detto stop Solo eventi eccezionali – come lockout o pandemia – fanno sì che l’opening game si giochi a Natale. Allo Staples Center, esaurita la 'serrata' , si assiste a una epica battaglia tra i giovani Bulls di Derrick Rose – MVP uscente e il più giovane di sempre a vincerlo – e i veterani Lakers di Kobe Bryant. D-Rose porta i Bulls avanti 88-87 e ne scrive 22 con pure 7 rimbalzi, tre assist, 4 recuperi e una stoppata. Kobe risponde con 28 con 11/23 da due, 0/1 da tre e 6/7 ai liberi, più 7 rimbalzi, 6 assist e due recuperi ma pure 8 palle perse. Il quarto d’ora wharoliano è però di Luol Deng: 21 punti, 7 rimbalzi, 3 assist, 4 recuperi e solo una stoppata ma decisiva: al Mamba sulla sirena. 30 ottobre 2013: Utah-Oklahoma City 98-101 KD, prove tecniche di MVP Chi ben comincia è a metà dell’opera. Kevin Durant prende alla lettera l’assunto e comincia la sua stagione da MVP suonando a domicilio i Jazz alla EnergySolutions Arena di Salt Lake City con 42 punti , sei rimbalzi e un assist. A mo’ di firma sul 28° quarantello di 'Durantula' in regular season, i liberi del definitivo 98-101 Thunder. 30 ottobre 2013: Philadelphia-Miami 114-110 Il super deb di MCW Alla prima assoluta in NBA, Michael Carter-Williams in doppia-doppia da 22 punti e 12 assist e tripla sfiorata con nove recuperi più sette rimbalzi in 36’10”. Uno dei debutti più impattanti di sempre. Ciliegina, anello di campioni mandato di traverso agli Heat. Sempre al Wells Fargo Center di Philly, il 2 novembre, alla sua terza partita in tre giorni, 26 punti e 10 assist nel 107-104 sui Chicago Bulls di Derrick Rose, Jimmy Butler, Joakim Noah, Luol Deng e Carlos Boozer. Premiato come Miglior giocatore della prima settimana, a una matricola non capitava da Shaquille O’Neal nel 1992. Il 9 novembre, ai 21 punti abbina 13 assist, record in carriera, nella sconfitta 127-125 dopo due supplementari a Cleveland. Ah, la tripla doppia era stata solo rimandata di un mesetto, al 3 dicembre: 27 punti, 12 rimbalzi e 10 assist in 47’ nel 126-125 al doppio overtime sugli Orlando Magic, anche loro con la prima tripla doppia di un deb, Victor Oladipo . Unica volta nella storia NBA di una tripla doppia di due rookie nella stessa partita. 28 ottobre 2014: New Orleans-Orlando 101-84 L’epifania di AD Al Smoothie King Center, una volta tanto i Pelicans entrano dalla parte giusta. Merito di un Anthony Davis da 26 punti, 17 rimbalzi, nove stoppate, due assist e tre recuperi. E al di là delle cifre, impressionante per impatto da epitome del two-way su entrambe le metà campo. La partita Now Orleans la vince soprattutto sulle seconde opportunità da lui create. E anche i comprimari – Ömer Aşık , Tyreke Evans e Ryan Anderson – ringraziano. 28 ottobre 2014: Los Angeles Lakers-Houston 90-108 Harden e l’Elogio dell’imperfezione Lo Staples Center saluta il ritorno di Kobe Bryant in quintetto ai Lakers. Kobe referta 19 punti ma con 6/17 da due e un ancor più esplicativo 0/1 da tre. A rubargli la scena è però un James Harden da 32 punti, 6 assist e un recupero. La difesa fatica a contenerlo, e lui gioca al gatto coi topolini. In attacco detta lui il ritmo, e alla bisogna attira liberi come se piovesse: 16/17, una sentenza. Trattandosi del Barba, col vezzo degli eletti: l’adorata imperfezione. 27 ottobre 2015: Golden State-New Orleans 111-95 L’onnipotenza di Steph Alla Oracle Arena di Oakland, cerimonia degli anelli per i Warriors campioni. L’MVP in carica Steph Curry la onora con 24 punti nel solo primo quarto. Alla fine, i suoi saranno 40 con pure sette assist, sei rimbalzi e due recuperi. Una dimostrazione di onnipotenza non solo balistica. Ai Pelicans l’ingrato ruolo di vittima sacrificale. 25 ottobre 2016: Portland-Utah 113-104 Lillard, c’era una volta casa A 'Rip City' si sono abituati bene con la prima stagionale in casa. I Blazers sono imbattuti da tre lustri, e la sfida al Moda Center rispetta la tradizione portando a 16 la striscia di imbattibilità. Damian Lillard se ne prende cura di persona con 39 punti, nove rimbalzi, sei assist. CJ McCollum ne aggiunge 25, Allen Crabbe e Noah Vonleh 18 e 11 dalla panca. Poi, esaurito il 'Dame Time' – per la mano caldissima nel clutch –, come in molti amori così intensi e burrascosi, finirà a stracci. Ma questa è già tutta un’altra storia. 25 ottobre 2016: Golden State-San Antonio 100-129 Kawhi, l’Artiglio del diavolo Doveva essere la storica prima notte di Kevin Durant in maglia Warriors, e in effetti lo è pure: tripla doppia da 27+10+10 per KD. Ma alla Oracle Arena di Oakland la ribalta se la prende Kawhi Leonard. 'The Claw' artiglia i mai amati riflettori con una seratona da 35 punti, tre assist, cinque rimbalzi e altrettanti recuperi, specchio della solita presenza difensiva di uno dei migliori two-way della sua generazione. Vox populi lo investe già leader degli Spurs post-Duncan, tra scelte di mercato e infortuni non andrà proprio così ma ci siamo capiti. 22 ottobre 2019: Toronto-New Orleans 130-122 OT Fred e Pascal, polvere di stella Ma poveri Pelicans. Come nel 2015 tocca ancora a loro salutare i campioni uscenti. E finisce allo stesso modo, seppure stavolta all’overtime. In assenza di Kawhi Leonard, passato ai Los Clippers durante l’offseason, Pascal Siakam si veste da star e snocciola 34 punti, 18 rimbalzi e cinque assist. E Fred VanVleet lo imita: ne mette anche lui 34 , cui aggiunge 7 assist, 5 rimbalzi e due recuperi in 44’21”, il secondo più in campo dopo i 44’59” del suo compagno Kyle Lowry. E i Pelicans? Si leccano le piume con il momento di gloria del nostro Nick Melli: 14 punti, 5 rimbalzi e due assist in 19’37” uscendo dalla panca. 23 ottobre 2019: Brooklyn-Minnesota 126-127 OT La preghiera di Kyrie e il giro delle sette triple Messosi alle spalle la deludente esperienza bostoniana, Kyrie Irving freme di dimostrare cosa e chi a Beantown si sono persi. Non che ai Nets andrà per lui tanto meglio, ma almeno il debutto è da sogno: cinquantello tondo con 17/33 da due, 2/5 da tre e 9/10 ai liberi, più 8 rimbalzi e 7 assist. New Jersey però perde di uno all’overtime. Più KI di così… Sono otto i giocatori con più triple segnate nella storia delle opening game, due hanno giocato questa partita: l’altro è Karl-Anthony Towns. Per lui 7/11 e 36 punti totali con pure 14 rimbalzi e tutti 3 in assist-recuperi-stoppate-palle perse. Nell’èra del tirassegno, sorprende il giusto che figurino pure il gialloviola Danny Green il 22 ottobre nel derby Clippers-Lakers perso 112-102; e l’indomani P.J. Washington nel 126-125 dei suoi Hornets a Charlotte sui Bulls. 24 ottobre 2019: Houston-Milwaukee 111-117 Giannis, le Greek Freak c’est chic Tecnicamente non è la opening game NBA, ma è l’ouverture dei Bucks di Antetokounmpo al suo primo MVP. Giannis pone subito le basi del suo personalissimo back-to-back con una tripla doppia da 30 punti , 13 rimbalzi e 11 assist in soli 28’10” nel successo esterno per 111-117 dei suoi Bucks sui Rockets al Toyota Center di Houston. L’anno dopo, 'lascerà' a Jokić l’MVP stagionale e si “accontenterà” di quello delle Finals nello storico titolo-bis della franchigia. A 50 anni tondi da quello vinto dal Freak originale, Lew Alcindor, che subito dopo farà un salto all’anagrafe per ufficializzarsi in Kareem Abdul-Jabbar. Legacy. 23 dicembre 2020: Denver-Sacramento 122-124 Jokić, il Grinch che rubò il Natale Causa pandemia da Covid-19, invece che ad Halloween e dintorni la stagione comincia l’antivigilia di Natale. Nikola Jokić, destinato al primo dei tre suoi MVP stagionali, non è in vena di doni né di festeggiare. Si regala però la tripla doppia da 29 punti col 65% al tiro , 15 rimbalzi e 14 assist nel losing effort dei suoi Nuggets per 122-124 alla Ball Arena di Denver contro i Kings. Trent’anni dopo l’immortale "Merry f. Christmas!" di Larry Bird a Chuck 'The Rifleman' Person nel 152-132 Boston di Santo Stefano al Garden, un altro Grinch ha rubato il Natale. 19 ottobre 2021: Lakers-Golden State 114-121 Quando erano re Alla Crypto.com Arena di Los Angeles, tutti gli occhi sono sulla strana coppia LeBron James-Anthony Davis, visto che dall’altra parte a Steph Curry manca lo 'Splash Brother' Klay Thompson, fuori per 941 eterni giorni per la rottura del crociato e del tendine d’Achille sinistri. LBJ scrive 34 punti, 11 rimbalzi e 4 assist. AD porta 33 punti e 11 rimbalzi, due assist e altrettante stoppate e un recupero. Non basta. I Warriors rispondono con un 'triplo' Steph Curry da 20+10+10 e 9/9 ai liberi, il ventello tondo di Jordan Poole e tre in doppia cifra dalla panca: 15 di Damion Lee e Nemanja Bjelica e 12 del venerabile maestro Andre Iguodala. Sarà l’anno del quarto e ultimo titolo di quel ciclo straordinario dei Warriors. E la fine di un’èra. 19 ottobre 2021: Milwaukee-Brooklyn 127-104 Giannis, ancora tu? Al Fiserv Forum, Antetokounmpo – fresco di titolo da MVP delle Finals – annusa l’euforia per la cerimonia degli anelli e si regala una seratina da 32 punti e 14 rimbalzi più sette assist, un recupero e due stoppate e un dominio totale: segna, comanda a rimbalzo, porta palla. E soprattutto manda un monito agli ambiziosi Brooklyn Nets versione All-Star di James Harden, Kevin Durant e Blake Griffin: un album di figurine, mai una Squadra. Anche a Brooklyn siete pur sempre i Nets. 18 ottobre 2022: Boston-Philadelphia 126-117 J&J, la premiata ditta Brown-Tatum Settanta punti equamente spartiti fra Jaylen Brown e Jayson Tatum spianano la strada ai Celtics al Garden e mandano subito un chiaro segnale ai Sixers sulle imminenti gerarchie nella Eastern. Brown ci aggiunge tre rimbalzi, due assist e altrettanti recuperi e una stoppata, Tatum doppia-doppieggia con pure 12 carambole, più 4 assistenze, un recupero una stoppata. Boston poi perderà a gara-7 la finale di conference contro Miami, ma il seme del titolo 2024 è piantato. 25 ottobre 2023: San Antonio-Dallas 119-126 Dončić, fuori casa di Luka Il ricordo è ancora fresco. A pochi giorni dal via, infortunio al polpaccio per il fenomeno sloveno. Ma al Frost Bank Center, nessuno se ne accorge. 'Luka Magic' estrae dal cilindro un triplice coniglio da 33 punti , 13 rimbalzi e 10 assist. I Mavs si aggiudicano 119-126 il primo derby texano della stagione, che per loro si concluderà con le Finals perse 1-4 contro Boston. Larry 'Legend', esci da quel corpo. Ma anche no.