La difesa di Oklahoma City vuole toglierti il respiro

La sconfitta nella finale della NBA Cup subita per mano dei Milwaukee Bucks avrebbe potuto lasciare strascichi pesanti all’interno degli Oklahoma City Thunder. Dopotutto stiamo parlando di una squadra con un’età media di neanche 25 anni, la seconda più giovane della lega dietro Portland, formata per la maggior parte da giocatori che in carriera non si sono mai ritrovati a giocare per un trofeo importante. Invece la squadra di coach Mark Daigneault si è lasciata alle spalle la sconfitta di Las Vegas come se non fosse mai esistita, visto che effettivamente non viene neanche conteggiata per il record della regular season. E così la striscia di cinque vittorie consecutive con cui si erano presentati alla partita contro Giannis Antetokounmpo e compagni è stata allungata fino a dodici, suggellando un mese di dicembre in cui hanno perso solo una volta in regular season e senza mai concedere più di 114 punti agli avversari. Perché al di là delle prestazioni da MVP di Shai Gilgeous-Alexander e della crescita di Jalen Williams, quello che fa davvero la differenza per la miglior squadra della Western Conference è proprio la metà campo difensiva. I Thunder stanno riuscendo a mettere assieme dei numeri che non si erano mai visti in questo secolo di pallacanestro NBA, tanto che viene da pensare che quella che abbiamo davanti potrebbe essere la miglior difesa di sempre almeno secondo alcuni parametri statistici. Partiamo dai dati grezzi per cercare di mettere in una prospettiva storica ciò che stanno riuscendo a fare a Oklahoma City. I Thunder forzano 19 palle perse di media agli avversari, sostanzialmente una ogni cinque possessi: tutte le 197 altre squadre che ci sono riuscite nella storia appartengono al secolo scorso e in particolare agli anni Settanta, nei quali la protezione del pallone era non al primissimo posto delle preoccupazioni delle guardie. L’ultima squadra in grado di viaggiare a più di 20 palle perse forzate di media sono stati i Boston Celtics nel 1997-98: nelle 26 stagioni successive nessuno ci è più riuscito, fino all’arrivo dei Thunder di quest’anno. Quei Celtics sono anche l’ultima squadra in grado di viaggiare a più di 11 recuperi di media, un dato che a differenza di quello precedente hanno raggiunto solamente 23 squadre nella storia del gioco. E se restringiamo la ricerca statistica a solamente quelle che ne hanno recuperate più di 12 di media , se ne trovano solamente tre: Phoenix nel 1977-78, Seattle nel 1993-94 e la solita Boston del 1997-98. Questi dati ci dicono già molto di quello che vogliono fare i Thunder, ovverosia togliere l’aria ai propri avversari. La difesa di Oklahoma City è asfissiante: porta pressione su tutti i portatori di palla per 48 minuti, nega ogni ricezione cercando di passare sopra ogni blocco, ruota su ogni tiratore coprendo porzioni gigantesche di campo in pochissimo tempo, mette le mani su ogni linea di passaggio, minaccia di rubare il pallone ad ogni palleggio e porta raddoppi a sorpresa per non lasciare mai un attimo di tregua agli avversari e mandarli in confusione. Si tratta di uno stile di gioco estremamente dispendioso e molto spregiudicato, e che accetta anche di scoprirsi da altre parti: i Thunder sono una delle squadre che soffre di più a rimbalzo difensivo e pagano la grande aggressività con un alto numero di tiri liberi concessi , ma è un compromesso accettabile pur di mantenere sempre altissima l’intensità sui 28 metri di campo. Coach Daigneault è riuscito a costruire questo tipo di sistema sfruttando al massimo le doti di una collezione di difensori perimetrali con pochi eguali. Con l’arrivo in estate di Alex Caruso in estate al posto dell’enigmatico Josh Giddey, i Thunder hanno aggiunto un ex campione NBA e un giocatore capace di essere nominato per due volte nei quintetti difensivi ideali della stagione a un roster che poteva già contare su Luguentz Dort, Cason Wallace, Aaron Wiggins e Isaiah Joe, oltre ad aver pescato una gemma dal Draft in Ajay Mitchell. E questo senza nemmeno considerare Gilgeous-Alexander e Williams, che pur avendo sulle spalle tutte le responsabilità offensive in quanto migliori realizzatori di squadra sono ottimi difensori, specialmente sulle linee di passaggio. I Thunder possono cambiare indifferentemente marcature dall’1 al 4 perché hanno tutti giocatori delle stesse dimensioni estremamente intercambiabili, ma basano comunque molte delle loro fortune sulla presenza di due lunghi “tradizionali”. Il ritorno in campo di Isaiah Hartenstein, fuori a inizio stagione per una frattura alla mano dopo che per lui è stato “rotto il salvadanaio” con un triennale da 87 milioni di dollari in estate, ha permesso a OKC di fare fronte all’infortunio allo sfortunato infortunio di Chet Holmgren, che lo scorso 10 novembre si è procurato una frattura al bacino ricadendo male in campo. Nonostante un periodo in cui hanno dovuto schierare Jalen Williams da centro, i Thunder sono quarti in NBA per stoppate con 6 a partita. Hartenstein ha fornito quel tipo di protezione del ferro e di solidità interna che permette agli esterni dei Thunder di essere costantemente aggressivi sul perimetro, consapevoli di avere le spalle coperte dal tedesco in caso di errore. Il risultato è che, oltre a forzare palle perse con frequenza da record, i Thunder fanno tirare malissimo gli avversari da ogni posizione del campo: sono secondi a protezione del ferro , terzi dalla media distanza e secondi da tre punti . In generale gli avversari tirano col 42.5% di realizzazione: solamente 40 squadre hanno registrato un dato del genere nella storia NBA, ma nessuna dopo i Milwaukee Bucks del 2019-20, unici nell’ultimo decennio a riuscirci. È come se la difesa dei Thunder fosse costantemente nella testa degli avversari, che sanno di non poter avere un attimo di tregua mentale prima ancora che fisica, affrettando conclusioni che contro una difesa normale si prendono in condizioni di relativo relax. Non è un caso che l’unica porzione di campo in cui gli avversari riescono a tirare in media NBA siano gli angoli, dove sfiorano il 38% di realizzazione: quando riescono a tirare da lì è perché in qualche modo sono riusciti a eludere i “cagnacci” della difesa di OKC e a costruire un tiro pulito, sperando di mandarlo a segno per raggiungere in qualche modo quota 100 punti e darsi una chance di competere. Per avere il tipo di successo che stanno avendo i Thunder quest’anno — 29 vittorie e 5 sconfitte dopo la partita contro i Clippers, la 13^ vittoria consecutiva che vale un nuovo record da quando la franchigia si è trasferita in Oklahoma — però non basta giocare solamente una metà campo. Ciò che rende veramente ingiocabili i Thunder, oltre a uno scintillante Gilgeous-Alexander, è anche il fatto che non perdono mai il pallone in attacco: sono la miglior squadra della NBA per minor numero di palle perse con 11.8, vincendo così sistematicamente la “battaglia dei possessi”. Quanto è rara una cosa del genere? Beh, semplicemente non ha precedenti: non è mai successo in epoca moderna che una squadra avesse più palloni recuperati che palle perse. E neanche che ci si andasse vicino, a dirla tutta. Ci sono ancora delle domande a cui questi Thunder dovranno dare risposta ai playoff: come se la caveranno contro le squadre che li sfideranno al tiro da tre per togliere linee di penetrazione a SGA e Williams? Come funzionerà la convivenza tra Hartenstein e Holmgren quando il secondo tornerà in campo? Come riusciranno a far fronte alla fisicità e ai maggiori chili degli avversari lungo il corso di una serie, specialmente a rimbalzo difensivo? Un primo test importante lo potremo seguire già domenica sera alle 21.30 quando OKC ospiterà i campioni in carica dei Boston Celtics in una sfida da non perdere sui canali di Sky Sport e in streaming aperto a tutti su SkySport.it. Ma dopo quasi metà stagione non c’è alcun dubbio che Oklahoma City sia la candidata principale a vincere la Western Conference forte di una difesa estrema, ma anche estremamente efficace.

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