Luka Doncic e la differenza fra mercato NBA e calciomercato

“Grazie a Dio noi giocatori di calcio non possiamo essere ceduti in questa maniera" È bastato, in tutta la sua semplicità, questo tweet di Mats Hummels, difensore tedesco già campione del mondo con la sua nazionale nel 2014 e ora in forza alla Roma, per portare sotto gli occhi di tutti l'enorme differenza che separa il mondo NBA con il nostro calcio. L’antefatto – per chi negli ultimi giorni è stato su Marte, e non ne ha sentito parlare – è lo scambio a dir poco sorprendente che ha portato un fuoriclasse NBA come lo sloveno Luka Doncic dai Dallas Mavericks ai Los Angeles Lakers, dove diventerà compagno di LeBron James . Lo scambio è stato organizzato dalle squadre, i Dallas Mavericks e i Los Angeles Lakers, senza la minima partecipazione dei giocatori coinvolti . Possibile? Certo, in NBA è possibile. Non nel nostro calcio, però, perché – da metà anni Novanta – la sentenza Bosman prevede “il consenso dell’atleta come precondizione necessaria per il suo passaggio a un altro club”. Un consenso che invece in NBA non solo non è necessario ma che anzi è “proibito” come limitazione alla volontà delle squadre proprio dal contratto collettivo NBA , il documento firmato da lega e associazione giocatori che regola i loro rapporti professionali. Cosa dice il regolamento NBA Si legge infatti così, all’articolo XXIV, sezione 1: “Nessun contratto relativo a un giocatore può contenere alcun tipo di limitazione al diritto di una squadra NBA di assegnare tale contratto a un’altra squadra” Se questa è la regola, il detto comune prevede l’eccezione che della sezione 2 dello stesso articolo XXIV, infatti, prevede che “il contratto stabilito da un giocatore con 8 o più stagioni di militanza nella lega e che ha già reso servizio per 4 o più annate con la squadra alla quale è legato dal contratto può contenere una limitazione al diritto di tale squadra di scambiare il suddetto contratto con un’altra squadra”. È conosciuta – nel gergo NBA – come “no-trade clause”, ovvero la clausola che permette al giocatore titolare delle due caratteristiche sopra elencate di avere il controllo del proprio destino sul “mercato”. Ed è, nel mondo NBA, l’unica casistica contemplata. Cos’è la “no-trade clause” e come cambia gli equilibri Comune? Neppure per idea. Volete sapere quanti giocatori possono vantare tale clausola attualmente inserita nel loro contratto? Due. Soltanto due. In tutta la NBA. Volete sapere chi sono? Uno è anche pronosticabile. LeBron James, la mega-star dei Los Angeles Lakers. L’altro molto meno. Bradley Beal, guardia attualmente in forza ai Phoenix Suns, dopo una lunga carriera agli Washington Wizards. Ed è stata proprio la squadra della capitale USA, nell’estate del 2022 – quando Beal aveva già in archivio 10 stagioni in NBA, tutte con la maglia degli Wizards – a inserire la “no-trade clause” nel suo nuovo contratto da 5 anni e 251 milioni di dollari. Ma un anno dopo Beal è stato effettivamente ceduto da Washington a Phoenix all’interno di uno scambio che però ha potuto concretizzarsi solo a fronte della volontà del giocatore di “sospendere” il suo diritto di veto alla trade. In soldoni: a Beal andava bene lasciare Washington per andare a Phoenix e diventare un giocatore dei Suns. Ma senza il suo ok, quello scambio non si sarebbe mai potuto concretizzare. Un dettaglio che dettaglio non è, perché se favorisce e tutela il giocatore, complica invece la libertà della squadra di disporre di un proprio asset come meglio crede. Una libertà di cui i Dallas Mavericks, nel caso di Luka Doncic , hanno potuto godere. Che poi abbiano fatto una buona mossa, questo è tutto da dimostrare.

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Mauro Bevacqua