All-Star Game, le stelle che hanno deluso e non si sono meritate la convocazione

Ogni cosa bella, importante e significativa porta con sé anche delle conseguenze un po’ spiacevoli, e la sovrabbondanza di talento di cui gode la NBA contemporanea non sfugge a questa regola implacabile. Le stelle, nella lega di questi anni, sono davvero tante, ma i posti a disposizione per l’All-Star Game, sorta di rito d passaggio che sancisce l’approdo allo status di superstar, erano e continuano a essere 24. Troppo pochi, forse, tanto che anche a questo giro, come ormai d’abitudine, appena rese note le convocazioni per la partita delle stelle sono subito partite le critiche e le recriminazioni, spesso espresse direttamente dagli esclusi eccellenti. Qualcun altro, invece, non ha obbiettato quando non ha visto il suo nome inserito tra i magnifici 24. Forse perché consapevole di aver disputato una prima metà di stagione al di sotto delle aspettative e, al netto delle giustificazioni che in qualche caso non mancano, di aver deluso appassionati e tifosi che li ritenevano in teoria all’altezza di essere protagonisti anche all’All-Star Game. ZION WILLIAMSON, NEW ORLEANS PELICANS Tutto quello che poteva andare male nella stagione dei Pelicans è andato male, e Zion Williamson è allo stesso tempo artefice e vittima dell’annata tragicomica di New Orleans. Considerato un talento generazionale al suo ingresso in NBA da primissima scelta al Draft del 2019, a quasi sei anni di distanza l’ex Duke non è ancora riuscito a compiere quel salto che pare essere nelle sue possibilità e che l’avrebbe dovuto portare nel gotha della lega. Di certo quel salto non è arrivato in questa stagione, dove Williamson, afflitto da problemi fisici che ormai appaiono in tuta evidenza cronici, ha disputato solo 19 partite. Non solo, nello spicchio di regular season giocata, la percentuale dal campo è stata per distacco la peggiore della sua carriera e Zion non è mai sembrato davvero in grado di trascinare i compagni verso una svolta. JA MORANT, MEMPHIS GRIZZLIES Era atteso alla stagione del riscatto dopo un anno e mezzo in cui la sua carriera era stata quasi del tutto affondata più dalle controversie lontano dal campo che dagli infortuni, ma fin qui Ja Morant ha lasciato molti con l’amaro in bocca. Nonostante Memphis sia seconda a Ovest in maniera ormai stabile, la stella dei Grizzlies non è riuscita a riconquistare i cuori dei tanti tifosi e addetti ai lavori che prima dei passaggi a vuoto di cui sopra l’avevano eletto candidato principale a diventare addirittura la nuova faccia della NBA. Le cifre, 20.7 punti e 7.4 assist di media a partita, sono in realtà buone, anche se distanti da quelle del picco vissuto tra il 2021 e il 2023, ma soprattutto, al netto di qualche sporadica apparizione tra gli highlights di giornata, sono mancate le giocate spettacolari a cui Morant aveva abituato in precedenza. Qualche guaio fisico gli ha fatto saltare diverse partite, impedendogli forse di dare continuità al suo gioco, ma non è un caso che la sua esclusione dall’All-Star Game sia passata tutto sommato sotto silenzio. TYRESE HALIBURTON, INDIANA PACERS Una finale di NBA Cup e una comparsa alle finali della Eastern Conference nel giro di pochi mesi, dando la sensazione di poter incarnare a pieno il prototipo del playmaker moderno, capace di coinvolgere i compagni ma anche di prendersi responsabilità in campo. Erano questi i punti salienti del curriculum di Tyrese Haliburton al termine della scorsa stagione, a cui è seguita un’avventura olimpica vissuta osservando i compagni trionfare seduto in panchina. Il calo di rendimento anno su anno è riscontrabile nelle cifre, perché il playmaker di Indiana è passato da 20.1 punti e 10.9 assist di media agli attuali 17.8 e 8.5, ma soprattutto, come nel caso di Morant, dall’assenza di momenti davvero significativi a livello individuale in questa prima parte di regular season. L’impressione è che Haliburton si sia trasformato in un giocatore di ottimo livello, ma privo di quella capacità di immaginare pallacanestro che gli era valsa la chiamata agli ultimi due All-Star Game, DEVIN BOOKER, PHOENIX SUNS Il caso di Devin Booker e della sua mancata convocazione all’All-Star Game è per molti versi simile a quelli che riguardano Morant e Haliburton. Anche la guardia dei Suns ha fin qui fatto registrare un calo della produzione individuale , e anche se sono arrivate tre prestazioni sopra i 40 punti, qualcosa dal punto di vista dello spettacolo e del fascino sembra essere venuto meno. Di certo Booker paga anche l’annata difficilissima vissuta da Phoenix, che a dispetto di un talento che a livello di squadra è secondo a pochi non è ancora riuscita a trovare una sua dimensione e al momento sarebbe addirittura fuori dalla zona play-in a Ovest. L’esclusione dalla partita delle stelle, per quanto logica in ragione delle motivazioni appena esposte, brucia comunque per quello che è stato anche uno dei grandi protagonisti dell’oro olimpico vinto da Team USA a Parigi. LAURI MARKKANEN Come e più che nel caso di Booker, a pesare sull’esclusione dalla partita delle stelle di Lauri Markkanen sono senz’altro gli scarsissimi risultati ottenuti da Utah. Eppure, che i Jazz, avviati a una sostanziale ricostruzione del roster con lo sguardo rivolto verso il futuro, potessero incappare in un numero cospicuo di vittorie era ampiamente prevedibile, mentre meno prevedibile era l’annata fin qui mediocre del finlandese. Quando in estate aveva firmato il ricco prolungamento quinquennale con Utah, legandosi alla franchigia per i prossimi anni, Markkanen sembrava poter approfittare del tanto spazio goduto nell’attacco della squadra per poter mandare a referto statistiche individuali importanti. E invece, complice qualche problema di carattere muscolare che ne ha limitato le prestazioni, l’ex Bulls e Cavs è sceso sotto i 20 punti di media a partita, vedendo crollare sia la percentuale del campo che quella al tiro da tre e prendendo anche due rimbalzi in meno a partita. Con questi numeri, al di là del record di squadra, nella NBA di oggi è praticamente impossibile andare all’All-Stare Game.

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All-Star Game, le stelle che hanno deluso e non si sono meritate la convocazione

Dario Costa