Disastro Phoenix Suns: il più grande fallimento di questa stagione NBA

Avere delle aspettative sui Phoenix Suns prima dell’inizio di questa stagione era più che legittimo. Al nucleo formato da Kevin Durant, Devin Booker e Bradley Beal, capace di vincere 49 partite in una conference complicata e con molti problemi di infortuni, erano stati fatti degli accorgimenti sensati, a partire dall’assunzione di coach Mike Budenholzer, la firma di una point guard di ruolo come Tyus Jones, la presa al Draft di uno specialista difensivo come Ryan Dunn, per finire con la conferma di due giocatori di ruolo importanti come Royce O’Neale e Grayson Allen. Tutto sembrava far presagire a un miglioramento rispetto alla brutta eliminazione subita un anno fa per mano dei Minnesota Timberwolves, specialmente dopo un inizio di stagione da 8 vittorie nelle prime nove partite disputate. Com’è possibile allora che i Suns siano arrivati alla pausa per l’All-Star Game con un record di 26-28, al momento fuori anche dal torneo play-in all’11° posto nella Western Conference? La verità del campo è che, pur avendo il più alto monte stipendi dell’intera NBA alla quota astronomica di 214 milioni di dollari, il roster dei Suns rimane pieno di falle. L’inizio di stagione è stato decisamente fuorviante: dietro al record di 8-1 che li aveva proiettati in vetta alla Western Conference, infatti, di nasconde un rendimento su 100 possessi del tutto mediocre . Già nelle successive 7 i Suns sono tornati nei ranghi della normalità, perdendone sei e strappando solamente una vittoria sui non irresistibili Utah Jazz. Si pensava che quel rendimento scadente fosse legato all’assenza per infortunio di Kevin Durant, fermato da un problema a un polpaccio, ma anche con il ritorno del veteranissimo le cose non sono migliorate — togliendo l’ultimo tappeto sotto al quale nascondere la polvere di una squadra che, semplicemente, non funziona. Dopo l’inizio da 8 vittorie e una sconfitta, i Suns hanno avuto un record di 18-27, il settimo peggiore di tutta la NBA. Per rendere l’idea: Phoenix ha fatto peggio degli inconcludenti Chicago Bulls, dei martoriati Philadelphia 76ers e degli acerbissimi San Antonio Spurs, per non parlare dei Portland Trail Blazers che nelle ultime settimane li hanno battuti sonoramente. Le uniche squadre che hanno fatto peggio di loro dal 9 novembre a oggi sono quelle che stanno attivamente "perdendo apposta" o che hanno troppo poco talento per competere . Questi Suns — con tre All-Star conclamati, un allenatore da titolo e un monte salari gargantuesco — non sono riusciti a risalire neanche dalle parti della mediocrità della NBA. Da qualunque parte la si guardi, si tratta del più grande fallimento di questa stagione NBA. La cosa peggiore è che questi Suns non sembrano essersi accorti in quali acque pericolose stanno navigando. Uno dei problemi atavici di questa squadra è l’atteggiamento: Phoenix va in campo pensando che il solo talento presente a roster possa bastare e avanzare per vincere qualsiasi partita, e di avere un margine di errore in ogni match che invece semplicemente non ha. Il risultato, poi, sembra non aver alcun peso: che si vinca o che si perda, i Suns entrano ed escono dal campo nella stessa maniera, come se a nessuno davvero importasse. Sui social sono diventate virali le immagini dei giocatori dei Suns che reagiscono in panchina alla notizia dello scambio di Luka Doncic ai Los Angeles Lakers, ma forse sarebbe stato meglio chiedersi perché i giocatori avevano degli smartphone da consultare mentre i Blazers li stavano battendo sonoramente rifilando loro oltre 20 punti di scarto in un match mai in discussione. E stiamo parlando dei Blazers, non esattamente dei Thunder o dei Cavs, contro i quali peraltro sono arrivate due delle peggiori sconfitte stagionali nell’ultimo mese di partite. A rendere ancora più difficile da comprendere perché i Suns non siano in grado di essere competitivi c’è il fatto che Kevin Durant, nonostante le 36 primavere sulle spalle, è ancora un giocatore di altissimo livello. I suoi 27.3 punti a partita sono perfettamnete in linea con le sue medie in carriera, così come il suo apporto a rimbalzo , negli assist , nei recuperi e nelle stoppate è coerente con ciò che ha fatto nelle oltre 1.100 partite della sua carriera. L’efficienza poi rimane stellare: il 59% da due punti e il 40% da tre restituiscono un 59.5% di percentuale effettiva che rappresenta il terzo miglior dato nei suoi 17 anni di carriera. Solamente nel dato dei tiri liberi, che sta tirando con l’82.5% , si può intravedere il segno del tempo che passa. Ma non si poteva sperare di avere un Durant migliore di questo. Viene piuttosto da chiedersi perché i Suns non siano competitivi nonostante il loro teorico miglior giocatore, Devin Booker, dovrebbe essere al picco della sua carriera. A 28 anni compiuti e reduce da un’ottima estate con Team USA, di cui è stato l’MVP ombra come detto dal suo stesso allenatore Steve Kerr, Booker è regredito rispetto a quanto fatto un anno fa, e non è più riuscito a riconfermarsi dopo il primo quintetto All-NBA della stagione 2021-22, quando chiuse al quarto posto nel premio di MVP. Le cifre sono sempre di buonissimo livello, ma l’efficienza del suo gioco è scesa sensibilmente e in generale il suo impatto in campo si percepisce di meno, e per la verità anche i suoi avversari sembrano temerlo un po’ meno rispetto al passato. In questa stagione solo in tre occasioni ha superato quota 40 punti , e neanche l’arrivo di un playmaker di ruolo come Jones sembra averlo aiutato sgravandolo dei compiti da portatore di palla e di playmaking che lo scorso anno erano stati indicati come principale problema per il suo rendimento ondivago. In questo contesto Bradley Beal è diventato il capro espiatorio dei problemi di tutta la squadra, scaricando sul suo contratto gigantesco e soprattutto sulla sua “no-trade clause” la giustificazione di ogni male possibile. Il rendimento dell’ex All-Star non è stato certamente stellare, ma se non altro non gli si può rimproverare di non averci provato né di aver fatto problemi quando Budenholzer ha deciso di retrocederlo in panchina a inizio 2025 dopo una sconfitta pesante a Indianapolis. Ma non è colpa di Beal se ha quel contratto — del quale i Suns conoscevano ogni aspetto negativo ben prima di scambiare per prenderlo — né sono da addossare tutti a lui i problemi difensivi di una squadra che, semplicemente, non sta in piedi. Il grosso problema dei Suns è infatti la difesa: dopo le già citate nove partite di inizio stagione, Phoenix ha avuto il quart’ultimo rendimento difensivo di tutta la NBA, meglio solamente di squadre che stanno attivamente cercando di perdere come New Orleans, Washington e Utah. I Suns pagano un roster privo di centimetri, stazza e atletismo: il fatto che siano nei bassifondi della lega sia per palle perse forzate che a rimbalzo difensivo dice molto dei limiti del roster nelle mani di coach Budenholzer, e i correttivi in corsa — come l’inserimento di Ryan Dunn in quintetto o l’arrivo di Nick Richards da Charlotte come centro titolare — non sono riusciti a invertire la rotta, ed è improbabile che l’inserimento di Bol Bol possa cambiare la situazione. Questi problemi erano ovviamente noti alla dirigenza, che non a caso ha provato in tutti i modi a muoversi alla deadline del mercato. Peccato che lo abbia fatto distruggendo anche l’ultima chance di creare un minimo di chimica di squadra in spogliatoio: tolto Devin Booker, diventato nel frattempo miglior realizzatore nella storia della franchigia, praticamente ogni altro giocatore è stato inserito in voci di mercato, compreso lo stesso Kevin Durant — che è stato di fatto ceduto a Golden State, prima che lui stesso dicesse no. Con che atteggiamento e con che spirito si ripresenteranno i giocatori in spogliatoio, sapendo che ciascuno di loro può essere alla fine della sua esperienza in Arizona? L’estate che attende i Suns sarà inevitabilmente caldissima, visto che l’era Durant sembra davvero arrivata agli sgoccioli e che cederlo è l’unica strada percorribile per potersi muovere sul mercato. Per arrivarci però Phoenix dovrà affrontare il peggior calendario di tutta la NBA: il record combinato delle squadre che i Suns affronteranno nelle ultime 28 partite di regular season è del 54.1%, il più alto di tutta la NBA, e quest’anno hanno un record di 11-19 contro le squadre sopra il 50% di vittorie. Una risalita per strappare un posto al torneo play-in non è ovviamente da escludere, considerando il talento a disposizione e la classifica cortissima , ma poi? Cosa vorrà fare la proprietà dei Suns, con una squadra incapace di competere, un monte salari come quello di nessun altro in NBA e zero controllo sulle proprie prime scelte al Draft nei prossimi sette anni? Se questa stagione è un indiscutibile fallimento, le altre rischiano di essere persino peggiori.

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Dario Vismara