Il primo mese di Doncic ai Lakers: luci e ombre, la chiave è l’intesa con LeBron

A poco più di un mese dal suo sbarco in California e dopo una manciata di partite disputate con la sua nuova squadra, osservare Luka Doncic in maglia Lakers può lasciare a tratti ancora disorientati. L’abitudine a vederlo con altri colori, d’altronde, necessita di tempo per essere superata e le immagini delle partite disputate tra le mura amiche della Crypto.com Arena o in trasferta sembrano quasi frutto dell’ormai onnipresente intelligenza artificiale oppure della fantasia di qualche gamer su NBA2K. In altri momenti, per contro, Luka dà quasi l’impressione di essere sempre stato un Laker, come se Hollywood e tutto ciò che la circonda fossero il suo habitat naturale e come se l’esperienza, corposa e anche di notevole successo, vissuta a Dallas avesse costituito giusto una parentesi o un lungo preambolo. Solo il tempo, anche al di là di questa stagione, dirà se Doncic e la franchigia che è, o quantomeno si considera una ‘cosa a parte’ rispetto al resto NBA, fossero davvero fatti uno per l’altra. Nel frattempo, però, a Los Angeles si godono il clima di rinnovato ottimismo portato dallo scambio che a inizio febbraio ha sconvolto tutti, così come il malcelato timore che dall’arrivo dello sloveno in città è cominciato a serpeggiare tra le possibili avversarie ai prossimi playoff. E se, come detto, il futuro di Doncic ai Lakers è ancora tutto da scrivere, a partire dall’estensione contrattuale che sarà oggetto di negoziazione durante l’estate, il presente parla di un impatto positivo sulla squadra, sul suo rendimento complessivo e ancor di più sulle rinnovate ambizioni in merito a una primavera da vivere da protagonisti. Anche a dispetto di numeri che, dal punto di vista individuale, sembrerebbero indicare tutt’altro. IL FATTORE LUKA E IL FATTORE TEMPO Quando i Lakers decidevano di sacrificare Anthony Davis e sconvolgere il mercato della NBA con la trade per Doncic, la squadra si trovava al 5° posto della classifica della Western Conference, molto vicina ad un incrocio al primo turno dei playoff con Denver risultato fatale nelle ultime due stagioni. Ora, dopo aver realizzato un record di 8 vittorie e 4 sconfitte nelle 12 partite in cui lo sloveno è sceso in campo, i ragazzi di coach JJ Redick occupano il 3° posto e sembrano avviati a giocarsi la seconda piazza dietro agli inarrivabili Thunder, con Nuggets, Grizzlies e Rockets come concorrenti. È quindi innegabile che la posizione e la prospettiva in chiave playoff siano migliorate con l’arrivo di Doncic, anche se le ultime due sconfitte con Boston e Brooklyn hanno un po’ frenato la corsa dei Lakers. E, in maniera totalmente controintuitiva, il salto di qualità fatto registrare dalla squadra con l’ex Mavs non è arrivato nella metà campo offensiva, dove anzi i Lakers sono passati dall’avere il 9° migliore attacco della lega ad un ben più modesto 16° posto. È in difesa, infatti, dove Doncic ha dimostrato un impegno concreto, almeno nei momenti decisivi delle singole partite, pari a quello visto anche a Dallas durante la scorsa stagione ma venuto a mancare in maniera evidente durante le Finals, forse per via della condizione fisica non ottimale, che i gialloviola hanno cambiato passo. Per passare dal 17° defensive rating della lega al 2° c’è voluta ovviamente anche un po’ di fortuna, tradottasi in percentuali al tiro in calo brusco tra gli avversari affrontati nell’ultimo mese, ma il dato complessivo rimane. E l’effetto Doncic si è fatto sentire anche sul rendimento di alcuni tra i nuovi compagni di squadra, come Jaxson Hayes, prototipo del lungo con predisposizione alla verticalità e al gioco sopra il ferro tanto amato dallo sloveno, che in passato ha fatto le fortune dei vari Daniel Gafford e Dereck Lively II, ma anche di Walter Tavares ai tempi del Real. L’ex Pelicans, complice anche il maggior minutaggio concessogli per l’assenza di alternative nel reparto lunghi, è passato dal segnare 5.8 a 8.5 punti a partita, migliorando un già eccellente 70.2% dal campo, trasformatosi in 78.4% grazie ai lob e ai passaggi millimetrici di Doncic. Un effetto, quello della presenza in campo dell’ex Dallas, che con il tempo dovrebbe influire anche sulle prestazioni di altri compagni, così come il tempo e la maggiore dimestichezza all’interno della squadra dovrebbe aiutare Doncic a migliorare le sue di statistiche personali. UN’IMPRESA COMPLICATA ANCHE PER UN FUORICLASSE Nelle 12 partite giocate con i Lakers, infatti, lo sloveno sta tirando con il 39.9% dal campo, per distacco il dato peggiore in carriera e ben distante dal 46.4% con cui aveva iniziato la stagione in maglia Mavs, così come in parallelo sono aumentate le palle perse di media a partita, passate da 3.4 a 4.2, mentre il net rating è rimasto sostanzialmente lo stesso . Non è d’altronde da sottovalutare il fatto che Doncic, al suo esordio con i Lakers, fosse reduce da un infortunio che gli aveva imposto uno stop di un mese e mezzo, tra i più lunghi della sua carriera da professionista, e anche per un talento generazionale come lui ritrovarsi catapultato in una realtà completamente nuova è stato, e in parte continua a essere, complicato. Vincere, come i Lakers hanno comunque fatto con una più che discreta continuità dal suo arrivo a Los Angeles, di certo aiuta a rendere più fluido il processo di adattamento di Doncic alla squadra e viceversa. E, ancor di più, se la squadra è stata in grado di inanellare risultati molto positivi con un Doncic così, non è difficile immaginare cosa possa succedere quando il nuovo beniamino della Crypto.com Arena avrà recuperato la miglior condizione fisica e si sarà pienamente calato nei meccanismi tattici dei Lakers. Così come non è difficile immaginare cosa potrebbe succedere quando l’intesa con LeBron James, ineludibile crocevia dei destini dei Lakers, si sarà affinata. Certo, il recente infortunio che terrà fuori il super veterano per un paio di settimane è un ostacolo imprevisto nel percorso intrapreso iniziato lo scorso 10 febbraio con l’esordio della nuova coppia nella vittoria su Utah, ma non impedirà alla fantasia dei tifosi gialloviola e degli amanti del gioco di scatenarsi. LUKA E LEBRON: OCCHIO A QUEI DUE Nelle tante, inevitabili discussioni generate dall’arrivo di Doncic sulla sponda gialloviola di Los Angeles ci sono un paio di questioni che hanno appassionato e, con ogni probabilità, continueranno ad appassionare il dibattito tra tifosi e amanti e del gioco. Entrambe le questioni, come ovvio, riguardano la nuova coppia formata con James, che, in attesa di un campione statistico significativo che consenta di dare una prima valutazione sul grado di compatibilità reciproca e al netto della consistente differenza d’età che separa i due protagonisti, molti ritengono possa essere addirittura la migliore nella storia della NBA. I precedenti, in effetti, considerando il QI cestistico, la personalità, la capacità di creare gioco per sé e per i compagni abbinata alla taglia fisica e all’altezza, 206 centimetri per poco più di 110 kilogrammi per LeBron, poco meno di 2 metri e attorno ai 100 kilogrammi per Luka, non sono tantissimi. Forse, pur tenendo in considerazione le numerose differenze quanto a caratteristiche tecniche dei singoli, la similitudine che viene più naturale è quella con il duo composto da Michael Jordan e Scottie Pippen, ovvero con l’eccellenza assoluta nella storia del gioco. L’altra questione che ha scatenato il dibattito risponde a una domanda ancor più teorica ma non per questo meno affascinante: Doncic è il compagno più forte con cui LeBron abbia mai giocato in NBA? Rispondere è per ovvi motivi complicato, anche perché le stelle con cui James ha diviso il campo sono arrivate in momenti diversi della sua ormai lunghissima carriera e a loro volta in momenti diversi delle rispettive carriere. Dwyane Wade, ad esempio, era già lontano dal suo apice, anche se nelle due stagioni in cui sono arrivati i titoli vinti insieme a Miami ha giocato una pallacanestro eccellente. Anthony Davis, invece, per caratteristiche tecniche e impatto concreto sul gioco appare per forza doversi accontentare di inseguire gli altri. L’unico termine di paragone davvero intrigante, quindi, potrebbe essere quello con Kyrie Irving, che nel triennio a Cleveland ha forse rappresentato la spalla ideale per LeBron. IL COMPAGNO IDEALE PER DONCIC E proprio Irving rappresenta curiosamente l’anello di congiunzione tra il passato, il presente e il futuro della coppia Doncic-James. Una coppia sul cui successo peserà ovviamente la volontà da parte del super veterano, 41 anni il prossimo dicembre e ormai da quasi un quarto di secolo in NBA, di allungare ancora il suo orizzonte di carriera, ma che può vantare precedenti alquanto benauguranti. Fin qui, infatti, Luka ha sempre dato il meglio con al suo fianco un altro ball-handler di alto livello, dai tempi del Real Madrid, con Sergio Llull e Facundo Campazzo e le vittorie in Liga ACB e Eurolega, o a Dallas, prima con Jalen Brunson e poi per l’appunto con Irving e gli approdi in finale di Conference e quindi alle Finals, così come in nazionale, dove lo storico successo a Eurobasket 2017 lo vedeva compiere l’impresa accanto a Goran Dragic. Nel gioco delle coppie che è ormai percorso obbligato verso il successo in NBA, insomma, i Lakers paiono aver azzeccato la combinazione vincente. E i prossimi mesi diranno se Luka e LeBron, calati ovviamente nel contesto della squadra agli ordini di coach Redick, basteranno per avere la meglio su una concorrenza che, già nella Western Conference, si preannuncia a dir poco agguerrita.

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Dario Costa