Boston e la sua ‘Last Dance’ mancata: il ciclo vincente dei Celtics è già finito?

Tra circa un mese la NBA incoronerà la settima squadra campione diversa negli ultimi sette anni, un evento mai verificatosi prima nella lunga storia della lega e segnale inequivocabile di quanto la parità competitiva, da sempre tra gli obbiettivi del commissioner Adam Silver, sia ormai una realtà di fatto. Vincere un titolo nella NBA di oggi è insomma un’impresa complicatissima, mentre ripetersi è diventata quasi una missione impossibile. Per conferme in merito basterebbe chiedere ai Celtics, che meno di un anno fa travolgevano Dallas alle Finals e, dopo aver regalato alla città di Boston il 18° trionfo e l’aggancio ai Lakers rivali di sempre, sembravano avviati ad aprire un ciclo vincente della durata di qualche anno. Quella squadra, d’altronde, aveva tutto per poter quantomeno puntare al repeat, traguardo raggiunto l’ultima volta da Golden State nel 2018: due stelle al picco delle rispettive carriere, un gruppo di titolari dalla solidità indiscutibile, un’identità tattica chiarissima e un più che discreto vantaggio sul resto della concorrenza. E invece il campo ha ancora una volta reiterato quella che ormai può essere considerata come una vera e propria maledizione che colpisce i campioni in carica. Non solo, l’eliminazione al secondo turno dei playoff per mano dei Knicks, accompagnata dal pesante infortunio occorso a Jayson Tatum, hanno cambiato il presente e soprattutto il futuro dei Celtics, che potrebbero uscire stravolti nella loro struttura da un’estate che si preannuncia densa di cambiamenti. COSA NON HA FUNZIONATO Potrebbe essere facile, osservandola ora dalla prospettiva della recente eliminazione subita contro i Knicks, affermare che la stagione dei Celtics fosse destinata a deludere le attese iniziali. Attese che, proprio per quanto sottolineato poco fa, portavano ad un unico obbiettivo contemplato: bissare il successo del 2024. Certo, la squadra aveva gestito la regular season viaggiando con le marce basse e lasciando a Cleveland il ruolo di capolista della Eastern Conference. A ben vedere, però, il conteggio finale riportava solo tre vittorie in meno rispetto alla stagione precedente. E se è vero che l’offensive rating, passato dal mirabolante 122.4, miglior dato della lega nel 2023-24, al comunque ottimo 119.5, aveva subito un calo significativo al pari della percentuale di true shooting , questo non aveva impedito a coach Joe Mazzulla di accentuare in modo ancor più evidente l’impostazione tattica rivelatasi vincente nella stagione precedente. I Celtics, infatti, sono passati dal tentare 42.5 triple di media nella scorsa regular season al tentarne 48.2 a partita in quella chiusa lo scorso aprile, risultando ancora una volta primi per distacco nell’apposita classifica . Nonostante qualche passaggio a vuoto, insomma, Boston ha continuato per tutta la stagione a puntare forte sulla sua identità come squadra e, seppur con meno nettezza rispetto all’anno precedente, si presentava ai playoff come la favorita a Est. Proprio ai playoff, però, quell’identità così spiccata e caratteristica ha smesso di essere funzionale alla vittoria e i Celtics non sono sembrati in grado di modificarla per adattarsi a quando stava accadendo. E questa rigidità tattica ha forse segnato l’inizio della fine per i campioni NBA 2024. IL FATTORE TATUM, OGGI E DOMANI Per quanto ovvio, occorre ribadire come l’infortunio di Tatum sia stato cruciale per l’eliminazione dei Celtics. Allo stesso tempo, però, quella che poi si sarebbe rivelata una rottura del tendine d’Achille è arrivata in un momento in cui i Celtics erano già sotto 1-2 nella serie e si avviavano a perdere anche gara-4. Avrebbero potuto rimontare dallo svantaggio di 1-3 con Tatum in campo? Certamente, ma resta il fatto che nella sfida con New York Boston è sembrata per larghi tratti la brutta copia della squadra dominante vista lo scorso anno. A pesare sul destino della serie sono state le prime due sconfitte, arrivate in casa e dopo aver dilapidato in entrambe le occasioni vantaggi di oltre 20 punti, e durante le quali i Celtics hanno mandato a referto ben 100 triple tentate, segnandone però solo 25. Di fronte a un attacco che si inceppava, insomma, Mazzulla ha continuato a chiedere ai suoi di giocare esattamente nello stesso modo e, anche se va sottolineato come tutto sommato la qualità media dei tiri dalla lunga distanza in gara-1 e gara-2 contro i Knicks sia stata buona, non ha ritenuto opportuno percorrere altre strade. Altre strade che, anche questo va sottolineato, sarebbero state di certo più percorribili con un Jaylen Brown senza un menisco rotto, notizia filtrata solo a stagione conclusa, e con un Kristaps Porzingis dalle energie ridotte al lumicino a causa dello strano virus che l’ha colpito da ormai diverse settimane. Al netto di tutto, però, resta il fatto che Boston ha deciso di non scalfire la sua identità anche quando, nel momento più importante della stagione, è sembrato palese che non portasse più verso i risultati attesi. Alla fine la testarda convinzione nel progetto tattico avviato con l’arrivo di Mazzulla in panchina nell’estate del 2022 è risultata fatale, e ora quel progetto dovrà necessariamente essere se non smantellato, quantomeno profondamente rivisto. IL FUTURO DEI CELTICS Inutile girarci intorno, per superare la delusione dell’eliminazione patita contro i Knicks a Boston dovranno ripartire da due certezze: Tatum starà fermo almeno fino alla primavera dell’anno prossimo, saltando con ogni probabilità l’intera stagione 2025-26, e il monte salari della squadra così come è strutturato ora è destinato a stabilire un nuovo record. E se da una parte l’assenza di Tatum toglie di fatto i Celtics dalla lista delle possibili pretendenti al titolo per almeno un anno, dall’altra i 224 milioni di dollari a libro paga, che con l’aggiunta della luxury tax farebbero lievitare l’esborso complessivo per la prossima stagione verso il mezzo miliardo, diventano del tutto insostenibili senza poter nemmeno poter puntare al Larry O’Brien Trophy. D’altro canto, le voci che volevano la nuovissima proprietà della franchigia, rappresentata da Bill Chisholm, intenzionata a rivedere al ribasso i costi relativi al roster avevano cominciato a circolare ben prima dell’uscita dai playoff. A spaventare la nuova proprietà non sarebbe tanto il costo economico del faraonico monte salari attuale, quanto l’impatto sui margini di manovra sul mercato che le previsioni dell’ultimo contratto collettivo imporrebbero al front office biancoverde. Boston, infatti, senza tagli drastici al monte salari sarebbe ampiamente nel famigerato ‘second apron’ previsto dall’ultimo accordo tra la NBA e l’associazione giocatori, situazione che genererebbe fortissime limitazioni in quanto alle eventuali possibili trade e in relazione alle scelte ai futuri Draft. Ecco perché quella di questa stagione, che sembrava poter essere già una sorta di ‘Last Dance’ per la squadra laureatasi campione nel 2024, potrebbe essere stata davvero l’ultima dei Celtics per come li abbiamo conosciuti in questi anni. Provare ad alleggerire il peso dei contratti in essere, però, potrebbe rivelarsi complicato. Tatum, per ovvi motivi, appare intoccabile, così come forse lo è Brown, MVP delle ultime Finals che però non ha mai davvero fatto il salto verso lo status di superstar e si porta dietro un contratto da oltre 230 milioni di dollari per i prossimi quattro anni. Decisamente più appetibile potrebbe essere il contratto di Porzingis, che pesa per 30 milioni di dollari e va in scadenza a giugno del prossimo anno, ma il misterioso problema di salute che affligge il lettone dallo scorso marzo ne condiziona inevitabilmente il futuro. A partire, quindi, potrebbe essere almeno uno tra Jrue Holiday, forse il vero uomo chiave del titolo vinto l’anno scorso e Derrick White. L’ex Pelicans e Bucks, però, ha un contratto importante e soprattutto, a quasi 35 anni, ha mostrato in questa stagione dei chiari segnali di calo dal punto di vista fisico. White, viceversa, è stato uno dei pochi a salvarsi anche nella serie contro i Knicks e potrebbe diventare l’obbiettivo per qualche contender in cerca di un veterano in grado di fare la differenza su entrambi i lati del campo. In cambio di uno, o magari anche di due dei loro giocatori migliori, i Celtics potrebbero provare a ottenere contratti dalla durata più breve e dall’impatto meno pesante sul monte salari, oltre magari a qualche scelta futura al Draft che consenta alla dirigenza di provare a ricostruire una squadra futuribile attorno a Tatum e a chi, tra i protagonisti del trionfo del 2024, rimarrà a Boston. Nella tradizionale conferenza stampa di chiusura della stagione Brad Stevens, General Manager con ampi poteri decisionali sul mercato, ha ribadito che l’intenzione rimane quella di essere competitivi al massimo livello possibile, ma i numeri, a partite da quelli relativi agli stipendi di cui sopra, potrebbero costringere lui e i Celtics a prendere un’altra direzione.

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Dario Costa