Haliburton e il segreto dei Pacers: velocità e niente schemi. L'INTERVISTA ESCLUSIVA

Sei cresciuto con una robusta dose di highlights di Magic Johnson e di videogiochi: si può dire che entrambe le influenze sono ben visibili nel tuo stile di gioco? “Sì, ho cercato di imparare il più possibile da tutti i grandi del gioco che mi hanno preceduto, per vedere dove potevo migliorare. Da primo tifoso del gioco penso che si possa imparare da qualsiasi livello di pallacanestro, non solo dalla NBA ma anche guardando giocare dei ragazzini delle scuole medie. C’è sempre qualcosa da imparare: mi considero prima di tutto uno studente del gioco per cui cerco di rubare qualcosa da tutti i grandi del passato”. Qual è la filosofia del vostro attacco, ai Pacers? “Alla base del nostro attacco c’è un mantra: ‘Leggere il gioco & reagire’. Molta della pallacanestro di oggi non è particolarmente strutturata: non c’è qualcuno che ti dice: ‘Questo è il modo in cui devi giocare’, e coach Carlisle sicuramente non è tra questi. Lui vuole che noi giochiamo in totale libertà, sfruttando la nostra conoscenza del gioco. Da noi i giocatori sono al centro dell’attacco e coach Carlisle fa un ottimo lavoro perché non ci impone degli schemi ma ci spiega dei concetti di gioco, che noi tramutiamo in giocate offensive in campo. La preparazione fin dal training camp consiste nell’assimilare tutti questi concetti e tramutarli nella nostra pallacanestro offensiva. E credo che questo approccio ci aiuti molto”. Fai viaggiare tantissimo il pallone e usi molto lo skip pass: sono due caratteristiche del tuo gioco: “Ho sempre voluto giocare in velocità, fin da ragazzino, e anche gli allenatori che ho avuto prima di coach Carlisle mi hanno sempre incoraggiato a giocare così, uno stile di gioco che mi diverte molto. Il modo più semplice per giocare in velocità è far viaggiare la palla, mentre il palleggio è la cosa che più rallenta un’azione. Ma oltre a spingere in transizione è importante cambiar lato alla palla, quando la difesa si ammassa sul lato forte per fermare la prima penetrazione uno skip pass costringe la difesa a ruotare completamente. Per me qualsiasi giocata che fa muovere la difesa è la miglior giocata, perché più si muove, più rischia di andare in confusione, e questo è importante”. Cosa fai, tra una partita e un’altra di queste finali, per rispondere in campo al trattamento che la difesa dei Thunder ti riserva? “Guardato tantissimi filmati. Come giocatore penso di poter trovare tutte le risposte ai miei dubbi nelle nostre sessioni video. Non ci sono altri segreti: basta guardare in maniera attente le immagini e capisci dove puoi far meglio. Negli ultimi anni sono diventato un ‘drogato’ di sessioni video, soprattutto in momenti come questi, durante le Finals o i playoff, quando fatico ad addormentarmi dopo le partite e allora cerco di vedere le immagini della partita il prima possibile per vedere dove posso migliorare. Non le guardo solo una volta, ma due, anche tre, da solo o con il mio trainer, i miei allenatori, per ottenere opinioni diverse dalle persone che rispetto maggiormente per vedere dove posso migliorare. Ci sono partite dove tutto va bene, altre meno ma fare video mi aiuta a migliorare e il resto vien da sé”. Si parla spesso di “connessione”: questi Pacers sembrano davvero una squadra “connessa”. “Da leader quello che per è importante è essere connesso con il mio gruppo di compagni. Conoscerli non solo in quanto giocatori di basket ma anche come persone: penso che i gruppi che ottengono il maggior successo siano quelli più uniti, non solo nello sport ma in ogni ambito della nostra vita. Più investi nelle persone, maggiori sono le probabilità che avrai di ottenerne un successo, e per me questo aspetto è importante. In più nel nostro caso la maggior parte di noi ormai è stata assieme negli ultimi due anni, alcuni anche di più, e questo ci ha permesso di avere molto tempo da investire sugli altri, per conoscerci meglio sia fuori dal campo che in campo, perché è importante le preferenze di ciascuno, cosa amano e cosa non amano fare, dove gli piace giocare, fino ad arrivare a un punto in cui arrivi a capire istintivamente che quel tuo compagno sarà in quel punto del campo. È davvero importante: sono convinto che una certa continuità ci abbia aiutato ad avere successo ma spero anche che i successi più grandi debbano ancora arrivare”. Mancano due, massimo tre partite al termine di queste Finals: come si fa a non giudicare un’intera stagione dall’esito di queste gare? “Affrontare una giornata alla volta è la cosa più importante, per me. Non penso a nient’altro, non all’estate, non a cosa succede se vinciamo o se perdiamo. Non ho dedicato un singolo pensiero a tutto questo. L’unica cosa a cui penso è affrontare un giorno dopo l’altro. Non voglio avere rimpianti su come mi sono preparato alle partite, non voglio avere rimpianti sul mio approccio alle gare: voglio avere sotto tutto quello che posso controllare, ovvero l’attenzione ai dettagli, l’energia che porto in campo, l’attitudine. Non penso a lungo termine ma vivo alla giornata: in tutta onestà penso solo ad allenarmi bene per cercare di migliorare, occuparmi del mio corpo, dormire e riposare bene prima di scendere in campo. È un momento straordinario, il migliore in assoluto per un giocatore di pallacanestro: in una finale NBA in parità 2-2 può succedere davvero di tutto, non voglio dare niente per scontato e sono carico per la sfida che ci attende. Da giocatore, da amante della competizione, voglio battere i migliori, e adesso in campo ci sono i migliori: non vedo l’ora di giocare”.

Cosa vedere:

Come vederlo:

Online con Sky:

Haliburton e il segreto dei Pacers: velocità e niente schemi. L'INTERVISTA ESCLUSIVA

Flavio Tranquillo