Le pagelle ragionate della stagione NBA 2024-25

Per riassumere la stagione NBA 2024-25 e per dare un voto ai suoi principali protagonisti, è impossibile non partire da Shai Gilgeous-Alexander e dal 9 quasi del tutto inevitabile che si merita la sua annata. Un’annata dalla portata storica, con il primo anello di campione NBA da piazzare in bacheca accanto al premio di MVP della stagione, delle finali della Western Conference e infine delle Finals. Il canadese, come se non bastasse, ha vinto anche la classifica marcatori della regular season e ai playoff ha preso per mano Oklahoma City durante i passaggi più complicati e decisivi. Il suo rivale all’ultimo atto della stagione Tyrese Haliburton, invece, ha dovuto abbandonare il campo proprio sul più bello, con il grave infortunio patito a inizio di gara-7 delle Finals e che probabilmente lo terrà ai box a lungo. Fin lì, però, i suoi playoff avevano vissuto uno svolgimento quasi surreale, con rimonte impossibili suggellate dai canestri della vittoria segnati con implacabile naturalezza, riscattando una regular season tutto sommato solo discreta e facendogli meritare un bel 8.5. Le Finals, poi, hanno visto l’ascesa forse definitiva allo status di superstar di un Jalen Williams protagonista di momenti di autentica onnipotenza cestistica e quella al ruolo di eroe di culto di un T.J. McConnell davanti al cui coraggio è stato praticamente impossibile non alzarsi ad applaudire, anche dal divano di casa di fronte agli schermi di Sky Sport. VICINI ALLA GLORIA, MA NON ABBASTANZA Chi invece le Finals le ha solo sfiorate è stato Jalen Brunson , autore di playoff memorabili che lo hanno confermato, qualora ce ne fosse bisogno, come stella di prima grandezza e lo hanno fatto entrare definitivamente nel cuore dei tifosi newyorkesi, felici di vedere i Knicks in finale di Conference dopo un quarto di secolo. Finals sfiorate anche da Anthony Edwards, che per il secondo anno consecutivo ha portato Minnesota fino alle finali della Western Conference. La stagione di ‘Ant’, e più in particolare i suoi playoff, sono sembrati una sorta di prova generale per la scalata al vertice della lega, caratterizzata però ancora da troppe ingenuità e troppi passaggi a vuoto. A 24 anni ancora da compiere il futuro sembra comunque potergli appartenere e il 7 in pagella è dovuto. L’avventura ai playoff di Donovan Mitchell, invece, si è fermata prima del previsto, al secondo turno e per mano dell’inarrestabile Indiana. Complici i tanti infortuni che hanno colpito Cleveland proprio nel momento più importante della stagione, l’ex Utah si è trovato a dover tenere in piedi quasi da solo l’attacco della squadra, chiudendo i suoi playoff a poco meno di 30 punti di media a partita e meritandosi un bel 7. Anche Denver si è fermata al secondo turno, perdendo in maniera netta gara-7 contro i Thunder al termine di quella che rimane forse la serie più avvincente di questi playoff dietro solo alle Finals. Nonostante l’amarezza per l’eliminazione contro Oklahoma City, però, Nikola Jokic, statistiche alla mano, dal punto di vista individuale ha mandato a referto una delle migliori stagioni nella storia della NBA. La tripla doppia di media tenuta durante una regular season in cui non sono mancate nemmeno singole prestazioni clamorose non gli è valsa il quarto premio di MVP in carriera, ma non può togliergli un 8.5 in pagella. Erano tra i nomi più attesi ai playoff, soprattutto dopo la trade che a febbraio li aveva resi compagni di squadra, ma Steph Curry e Jimmy Butler non sono riusciti a portare Golden State oltre il secondo turno dei playoff. L’infortunio di Curry, che di fatto gli ha fatto saltare tutta la serie poi persa contro Minnesota, ha di certo influito, mentre l’ex Miami ha confermato di essere ancora un giocatore di altissimo livello, ma di non essere forse più in grado di spostare da solo i destini di una serie. Per entrambi il voto alla stagione non può andare oltre il 6.5. Stesso voto anche per Jayson Tatum, che a proposito di infortuni se l’è vista molto più brutta del collega Curry. La rottura del tendine d’Achille rimediata nel finale di gara-4 della serie di secondo turno contro i Knicks ha spento le speranze di repeat dei Celtics e, considerando il lungo stop che potrebbe tenere fermo il giocatore per tutta la prossima stagione, ha alterato in maniera sostanziale anche la traiettoria futura della squadra. Anche prima dell’infortunio, tuttavia, Tatum non era riuscito a compiere il passo definitivo verso lo status di superstar, giocando una buonissima regular season per poi impantanarsi con i compagni di fronte a una New York tutt’altro che irresistibile. BENE, MA NON BENISSIMO: RIMANDATI ALLA PROSSIMA STAGIONE Non che il fatto rappresenti una novità, ma la squadra più chiacchierata della stagione 2024-25 sono stati i Lakers. La trade per Luka Doncic del primo febbraio è uno spartiacque per certi versi epocale, anche se lo sloveno a Los Angeles ha giocato una seconda parte di regular season e dei playoff al massimo da 6.5. Mezzo voto in più per il suo compagno LeBron James, perché rimanere un fattore decisivo, nonché uno dei migliori giocatori della lega, almeno sulla singola partita, a quarant’anni suonati e alla stagione numero 22 in NBA è un’impresa semplicemente sovraumana. Primo turno fatale anche per Giannis Antetokounmpo, che con i suoi Bucks ha pagato un mercato fallimentare e l’ennesimo infortunio che ha tolto dal campo Damian Lillard ai playoff. Il greco, però, ha giocato una stagione poco sotto il livello da MVP, finendo non a caso terzo dietro a Gilgeous-Alexander e a Jokic nella corsa al premio, e merita un 7.5. Il suo nome non è finito nella classifica finale della corsa all’MVP, ma la seconda parte di stagione disputata da Paolo Banchero è stata a dir poco eccellente. Dopo aver superato l’infortunio che l’aveva tenuto fermo da fine ottobre a inizio gennaio, l’ex Duke ha trascinato Orlando, falcidiata da assenze e problemi fisici praticamente a tutto il roster, mettendo in mostra qualità straordinarie nella metà campo offensiva e meritandosi un bel 7. Voto identico a Cade Cunningham, leader e trascinatore dei Pistons che sono passati dall’essere la barzelletta della lega al dare battaglia ai Knicks al primo turno dei playoff nell’arco di una sola stagione. Playmaker moderno, su di lui Detroit sembra poter costruire un futuro assai promettente, che dovrebbe comprendere anche l’azzurro Simone Fontecchio , ormai una certezza in uscita dalla panchina per coach J.B. Bickerstaff. Futuro promettente pure per i Rockets, a loro volta eliminati al primo turno solo a gara-7 dai più esperti Warriors. Houston è passata dall’11° al 2° posto a Ovest nel giro di un anno e il suo uomo simbolo è coach Ime Udoka, che con il suo arrivo in panchina ha cambiato la parabola dell’intera franchigia e si merita un 7.5. BOCCIATI O QUASI Non è certo tra i bocciati Victor Wembanyama, che prima del problema di salute che ne ha troncato l’annata subito dopo la pausa per l’All-Star Game aveva mostrato miglioramenti significativi in ogni voce statistica, alzando anche il livello di efficienza delle sue prestazioni. Il francese si merita un 7 e la misura della sua grandezza sta nel fatto che alla sua seconda stagione in NBA la doppia doppia di media per punti e rimbalzi e il dominio assoluto tra gli stoppatori siano passati quasi inosservati, come se si trattasse di un passaggio logico e inevitabile per quello che pare avviato a diventare un autentico fenomeno, e forse lo è già. Impossibile anche bocciare Kevin Durant, che alla soglia dei 37 anni e calato in un contesto di squadra tutt’altro che ideale come quello di Phoenix ha comunque chiuso la regular season a 26.7 punti di media a partita, 7° marcatore di tutta la lega, tirando con il 52.7% dal campo. Il suo recentissimo approdo a Houston potrebbe ringalluzzirlo e non poco, probabile quindi che, salvo eventuali infortuni o problemi fisici, la sua prossima stagione vada oltre il 6.5 con cui ha chiuso l'avventura ai Suns senza nemmeno raggiungere i playoff. A proposito di infortuni e problemi fisici, Joel Embiid e Paul George hanno giocato in totale 19 e 41 partite di regular season, soccombendo a una fragilità ormai conclamata. In estate Philadelphia era data come possibile outsider a Est, ma a causa dell’annata da 4 in pagella delle sue due stelle è finita al terz’ultimo posto della Eastern Conference. Non è andata molto meglio ad altre due stelle che fino ad un paio d’anni fa venivano considerate in rampa di lancio: Ja Morant ha giocato 50 partite in regular season e ha alzato bandiera bianca in gara-3 del cappotto subito al primo turno dei playoff dai suoi Grizzlies contro i Thunder futuri campioni, mentre le gare totali disputate da Zion Williamson nella disgraziata stagione di New Orleans sono state addirittura 30. Entrambi candidati a diventare uomini simbolo di tutta la lega nel dopo James e Curry, i loro percorsi sembrano averli condotti ormai molto lontano dal traguardo, superati in quest’ottica con largo distacco da colleghi con bel altro passo, a cominciare dai due che si sono giocati il titolo fino a gara-7 e con cui si sono aperte queste pagelle della stagione NBA 2024-25.

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