Fertitta (patron Rockets), chi è il nuovo ambasciatore Usa in Italia nominato da Trump

Tilman Fertitta ha impiegato solamente 50 giorni per diventare il proprietario degli Houston Rockets, ma sarebbe più corretto dire che il suo inseguimento è durato 24 anni. Nel settembre del 2017 infatti il magnate della ristorazione ha acquisito la franchigia dalle mani di Leslie Alexander per la cifra record di 2.2 miliardi di dollari, suggellando un sogno che però teneva nel cassetto sin dal 1993. Al tempo aveva messo sul tavolo 81 milioni di dollari per diventare proprietario dei Rockets, venendo però battuto da Alexander, che ne spese 85 per prendere il controllo della squadra. Fertitta è sempre rimasto nei paraggi, agendo da consulente della squadra negli anni dei due titoli di metà anni ’90 con Hakeem Olajuwon in campo e Rudy Tomjanovich in panchina, ma è stato solo sette anni fa che ha coronato il suo sogno, convincendo Alexander — nel frattempo diventato suo amico — a cedergli la squadra nel giro di pochissimo tempo, meno di due mesi. Per farlo si è preso un grosso rischio, emettendo obbligazioni per 1.4 miliardi di dollari e vedendosi finanziato dal mercato grazie alla reputazione che si era guadagnato nei suoi anni di carriera. Fertitta infatti ha sempre avuto un’enorme passione per lo sport, anche se non è con lo sport che ha fatto la sua fortuna. E’ nato a Galveston, un’isola che funge da sbocco sul mare per la vicina Houston, ma soprattutto è stata l’area dello svago e del divertimento specialmente negli anni del proibizionismo, il luogo in cui si andava a scommettere e a lasciarsi andare. La sua carriera è quintessenzialmente da Sogno Americano: classe 1957, di origini siciliane , ha lavorato nel ristorante di pesce del padre per poi lanciarsi nel business della ristorazione, facendo il grande salto negli anni ’80 con l’acquisizione della catena di ristoranti Landry’s per soli 400.000 dollari, facendola diventare il pilastro del suo impero. Anno dopo anno, successo dopo successo, Fertitta nel 2012 è stato definito da Forbes come “il ristoratore più ricco del mondo” e il suo patrimonio si attesta attualmente a oltre 10 miliardi di dollari, al numero 239 della classifica mondiale. Limitare i suoi interessi solamente alla ristorazione però sarebbe riduttivo. Landry’s si auto-definisce come “leader nel settore della ristorazione, dell’ospitalità, dell’intrattenimento e del gioco”, potendo vantare oltre 600 tra ristoranti, hotel, casinò e destinazioni di intrattenimento in 35 stati diversi. Il grande pubblico poi ha imparato a conoscerlo grazie allo show televisivo Billion Dollar Buyer su CNBC, nel quale — alla stregua di Mark Cuban e il suo ‘Shark Tank’, o se vogliamo lo stesso Donald Trump con ‘The Apprentice’ — girava gli States alla ricerca di opportunità di guadagno mettendo in mostra le sue capacità di businessman. Secondo la sua opinione tutto obbedisce alla regola del ‘95-5’: “Se il 95% di ogni cosa è giusto e funziona, il grande imprenditore scopre qual è quel 5% sbagliato e interviene per cambiarlo”. Il suo interesse maggiore però rimane lo sport, e non necessariamente solo il basket. Oltre ai Rockets, è stato per anni tra i principali partner e investitori di Bob McNair per gli Houston Texans di football NFL, fino a quando il regolamento della lega lo ha costretto a cedere le sue quote nel 2008, visto che nessun membro di una franchigia poteva essere associato alle scommesse — e Fertitta possedeva numerosi casinò, tra cui la catena Golden Nugget. Nelle idee di Fertitta però c’è anche un’espansione nella WNBA e soprattutto quello di creare una franchigia di NHL, posizionandosi in pole position se e quando la lega professionistica di hockey su ghiaccio dovesse decidere di espandersi. Insomma, non è uno a cui piace rimanere con le mani in mano. La sua esperienza ai Rockets, almeno fino ad ora, gli ha regalato però meno soddisfazioni rispetto alla carriera imprenditoriale. Alla sua prima stagione da proprietario è andato vicino al bersaglio grosso, con la squadra allenata da Mike D’Antoni e la coppia James Harden-Chris Paul in campo capace di portare i Golden State Warriors di Curry e Durant fino a gara-7 in finale di Conference. Nessun’altra squadra è andata così vicina a battere gli Warriors in piena salute, ma l’infortunio in gara-5 subito da CP3 e una tristemente storica striscia di 27 triple sbagliate in gara-7 hanno condannato quei Rockets alla sconfitta a un passo dalle Finals, a cui non arrivano dall’ultimo titolo nel 1995. Nonostante stagioni di alto profilo , Houston non è più riuscita a competere per il titolo: nel 2019 ha perso al secondo turno sempre contro Golden State, che non poteva contare su Durant ma vinse comunque in gara-6 con 30 punti di Steph Curry nel solo secondo tempo; nel 2020, nella bolla di Orlando, vennero battuti dai Lakers poi campioni NBA con un secco 4-1. Il 2020 è stato sicuramente l’anno di svolta tanto per i Rockets — che dopo la bolla hanno salutato il GM Daryl Morey, l’allenatore Mike D’Antoni e soprattutto sia James Harden che Russell Westbrook, smantellando la squadra in poco tempo — quanto per Fertitta. La pandemia di Covid-19 ha infatti mandato in crisi il suo business basato sulla presenza delle persone nei suoi luoghi di intrattenimento, annunciando il licenziamento di 40.000 persone nelle sue compagnie e facendo nascere dubbi sulla sua stabilità economica, visto che di fatto si era dovuto indebitare per acquisire i Rockets nel 2017 e il suo ‘flusso di cassa’ era a zero. Nonostante il periodo economico avverso, però, Fertitta ha sempre mantenuto saldissima la sua presa sui Rockets senza mai considerare l’ipotesi di trovare un socio né, tantomeno, di vendere — anche con dichiarazioni roboanti, in linea con un personaggio decisamente pieno di sé. “I Rockets non verranno mai venduti, a meno che non finisse il mondo per come lo conosciamo e allora nulla avrebbe più senso, ok?” ha detto nel maggio del 2020 a The Athletic. “Se mai venderò i Rockets sarà perché non esiste più un paese con delle leggi e perché c’è l’anarchia nelle strade, ma a quel punto non ci sarebbe neanche più nessuno a cui vendere”. I fatti, però, gli stanno dando ragione. I suoi business hanno ricominciato a macinare e lo stesso hanno fatto i Rockets, sia come valore della franchigia che con i risultati in campo. Le tre annate nerissime in cui hanno vinto in tutto 59 partite a fronte di 177 sconfitte hanno se non altro avuto il merito di aver procurato le scelte al Draft con cui sono arrivati Jalen Green e Alperen Sengun , Jabari Smith Jr. e Tari Eason , Amen Thompson e Cam Whitmore e Reed Sheppard , creando un nucleo giovane di grande interesse. Le firme di veterani come Fred VanVleet, Dillon Brooks e Jeff Green unite all’arrivo in panchina di coach Ime Udoka hanno creato un gruppo che si è affermato come una delle sorprese dell’inizio di stagione, grazie a una difesa granitica e a un’intensità difficile da pareggiare per le squadre avversarie, tanto da arrivare in semifinale della NBA Cup perdendo contro i Thunder. Oltre ai suoi interessi di business e sportivi, allora, si aggiunge anche l’incarico politico di ambasciatore per l’Italia, nonostante in passato non abbia mai ricoperto ruoli di questo tipo. Il suo interesse per il mondo politico è testimoniato però dalle donazioni per la campagna elettorale del partito repubblicano in più occasioni. “L’Italia è un Paese straordinario con le sue persone meravigliose, la sua cultura e la sua storia, ma ha anche una significativa importanza strategica per gli USA” ha dichiarato a la Repubblica dopo la nomina.

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