Chituru non ha messo le Ali, ma non finisce qui...

A trovarselo di fronte, centonovantotto centimetri per novantotto chili di muscoli e un quarantanove e mezzo di piedone, riesce difficile immaginarselo “secco”, come lui stesso si descrive quando ricorda il periodo dell’adolescenza. Eppure Chituru Ali vi giurerà che è così, che da bambino era veramente gracile e mingherlino, con la tessera dell’abbonamento dal pediatra: l’asma, i polmoni piccoli, i problemi alle ginocchia… Neanche il medico più ottimista avrebbe scommesso su una fioritura del genere, e invece ecco che il "piccolo" Citru è arrivato addirittura alle Olimpiadi. A Parigi si è fermato prima della finale, eliminato in una semifinale imbottita sì di fenomeni, ma con un tempo che lui stesso non può accettare con un sorriso. Specialmente perché a queste Olimpiadi arrivava con l’etichetta di “secondo italiano più veloce di sempre” conquistata lo scorso giugno al meeting di Turku con il tempo di 9’’96, pochi giorni dopo un argento agli Europei con cui aveva dimostrato di non essere lontanissimo da sua maestà Marcell. Ma soprattutto ci arrivava "non solo per partecipare", per sua stessa ammissione. Tradotto: il pensierino di un podio, forse, l'aveva anche sfiorato. Il piano in questi casi è chiaro: si cerca di agganciare il treno della finale e poi, una volta tra i magnifici 8, te la giochi, ché non si sa mai. Ma "se in una semifinale olimpica perdi un attimo un passo è finita", ha detto Ali dopo il suo settimo posto, ed è esattamente quello che gli è successo. Il treno è passato, tocca aspettare il prossimo. Sì, perché adesso si tratta solo di ripartire, con un nuovo obiettivo in testa, e se Jacobs ha già dato appuntamento alla prossima Olimpiade, a maggior ragione può essere quella di Chituru Ali. I margini di crescita ci sono, è evidente. Non fisicamente, eh. Chinato sui blocchi, alla partenza, Citru ci regala un po’ di “effetto Bolt”: un gigante accovacciato, la lunga schiena inarcata, pronto a scatenare tutti i suoi cavalli con falcate lunghe e potenti. Ci ha lavorato tanto, su quella corsa, ma mai – se non nell’ultimo periodo – con la continuità che un atleta desidera e ricerca, sempre per colpa di piccoli infortuni muscolari e fastidiosi stop che un fisico tanto potente, paradossalmente, conosce con più frequenza. Trovata la continuità , sono arrivati i risultati. Vola, ma le ali non le ha ai piedi. Diventato maggiorenne va dai suoi genitori e dice “Ho bisogno di farmi un tatuaggio. Sarà una cosa un po’… impegnativa”. Un tatuaggio a tutta la schiena, sulla schiena di uno alto quasi due metri, si fa notare. Ma per lui, stamparsi quelle radici che partono dal basso e diventano ali all’altezza delle spalle è qualcosa che va fatto, un omaggio a chi l’ha cresciuto dopo l’affidamento . “I genitori possono donare ai figli solamente due cose, le radici e le ali”, scrive nel post Instagram con cui lo celebra. E se le radici rappresentano la famiglia, le ali sono la voglia di andare sempre più in alto. Figurati se fai Ali anche di cognome… Ma ora vi chiederete cosa sia successo “nel mezzo”: l’avevamo lasciato magrolino sul lettino del pediatra e ce lo siamo ritrovati sui blocchi a Parigi. Il segreto è avere degli amici rugbisti. A Como, dove Citru nasce 25 anni fa e poi cresce con la famiglia Mottin, lo sport non è in cima ai suoi pensieri. Prova il calcio, come “capita” a qualsiasi bambino italiano; poi l’atletica, giusto per “fare sport”. Salti, marcia, resistenza, tutto: prendendo ogni gara come un gioco, con il sorriso. Arriva l’adolescenza, il corpo si allunga, e lui che fa? Molla tutto. Fa teatro. Sul serio: lo sport è un capitolo chiuso. Finché non arrivano gli amici rugbisti, quelli della sua compagnia. Gente che a 16 anni “pancava già 100 chili”, racconta lui. “Mi guardavo allo specchio e mi dicevo ‘non posso essere così secco’, e allora è scattato qualcosa dentro di me. Mi sono fatto montare in camera le trazioni e il sacco da boxe, ho comprato un paio di manubri per sviluppare i bicipiti e le spalle. Facevo i miei piccoli circuiti, flessioni, seguivo anche qualche tutorial di calisthenics su YouTube. E pian piano ho messo su muscoli”. Quando riprende con l’atletica ha già diciannove anni, motivo per cui, in quel mondo in cui tutti si conoscono già fin da bambini, lui entra in punta di piedoni. Debutta da ostacolista e diventa campione italiano Under 23, poi agli Europei di categoria del 2019 sfiora la finale. Il suo allenatore Claudio Licciardello però vede in lui un velocista puro: abbandona gli ostacoli e, quando gli infortuni gli danno tregua, inizia a costruire il suo percorso. Fatto anche di passi falsi, per carità. Ai Mondiali di Eugene, nel 2022, la 4x100 italiana deve fare a meno di Jacobs: quartetto ridisegnato all’ultimo, Tortu spostato in seconda frazione e inserimento di Ali, chiamato a portare il testimone al traguardo. Un disastro, Italia nemmeno in finale. Citru torna a casa con un carico di delusione così e per celebrare la sconfitta si fa un altro tatuaggio, una maledizione cinese: “Che tu possa vivere in tempi interessanti”. Scritto sul petto. Aveva letto da qualche parte che nella cultura cinese, che insegue il sogno della famiglia serena + lavoro sicuro, una cosa del genere la augureresti solo al tuo peggior nemico. Citru, invece, i “tempi interessanti” va proprio a ricercarli , sempre a caccia di nuovi stimoli, traguardi più lontani. Il rischio non esclude la possibilità di una bella avventura. Magari tra quattro anni.

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