Questi ori olimpici valgono più di uno Slam

Tremori, lacrime, singhiozzi, Nole finisce inginocchiato, sdraiato sul campo, finalmente completo. Questa era davvero l’ultima fatica che gli restava da compiere: l’oro, la medaglia mai neanche sfiorata. Che in una domenica d’agosto diventa il tassello finale di un cammino adesso davvero definitivo. Ha vinto tutto dappertutto, più volte. Ha accumulato trofei e record, forse non è simpatico a tutti, certo è il più forte di tutti. Il migliore della storia. L’oro di Parigi in questo senso vale più di uno Slam, diventa certificato di immortalità. A 37 anni, sulla terra rossa del Roland Garros, davanti ai figli. Un cerchio che si chiude, una promessa - l’ennesima - mantenuta. Sul gradino più alto del podio, con gli occhi lucidi, una grande emozione. Anche per gli aficionados che lo amano meno, quelli dell’infinita disputa: meglio Roger, Rafa o Nole. E poi le ragazze, Sara e Jasmine. Fenomene tanto quanto. Perché sono state capaci di creare una squadra vincente in pochi mesi, fondendo l’impagabile esperienza dell’una con l’entusiastica freschezza dell’altra. Menzione obbligata per il Career Golden Slam di Sarita. Come lei, nella storia, solo Steffi e Serena. Non proprio malaccio... E poi ancora il Muso, ovvero Lorenzo Musetti. Sconfitto solo dal migliore, certo strameritevole di podio. Anche in questo caso - mutatis mutandis - certificazione ufficiale di eternità. Perché l’Italia non saliva sul podio da 100 anni; perché Musetti ad aprile pareva avere un grande futuro alle spalle; perché un bronzo olimpico dopo una semifinale a Wimbledon significa che sei diventato grande tra i grandi. Alla fine, anche grazie a ognuno dei personaggi appena citati, abbiamo riscoperto - ove mai ce ne fosse bisogno - che il tennis olimpico conta per davvero. È un affarone, da tutti i punti di vista. Uno scambio vicendevole vantaggioso per entrambi. Per i tennisti la medaglia è un obiettivo notevole; per i Giochi, avere i tennisti è ottimo investimento in termini di visibilità, che non guasta mai. Ma non è stato sempre così. Agli albori dell’epoca contemporanea - Seoul 1988 - tennis e Giochi si snobbavano a vicenda, convinti di poter fare a meno l’uno dell’altro. Arrivare sul podio, per i top players, non era certo obiettivo su cui basare una stagione . La vulgata recitava che una qualsiasi medaglia, anche quella più pregiata, non arricchisse granché il curriculum del giocatore. Meglio concentrarsi su Slam e Coppa Davis, certo più significativi. “Ai tennisti delle Olimpiadi non frega nulla”, sentenziava Rino Tommasi, schietto come al solito. Un fondo di verità c’era, dopotutto i racchettatori disputano 4 Olimpiadi l’anno, mica sono come quelli del tiro a volo. Poi, pian piano, accaddero cose. Tipo Steffi Graf, che nel lontano 1988 realizza un inedito - ad oggi irripetuto - Gran Golden Slam . Più avanti, il di lei consorte Andre Agassi mette a segno il Career Golden Slam: tutti gli Slam + oro nel suo periodo lavorativo. Il tasso di prestigio si innalza. Vicenda che si fa ancor più interessante nel nuovo millennio. Le sorelle Williams collezionano medaglie in singolo e doppio, qualcosa significherà. A Pechino tocca a Rafa Nadal, primo dei Fantastici Quattro a salire sul gradino supremo del podio. Federer in quei giochi conquista il doppio con Wawrinka. Sembra una diminutio, ma lui zompetta come un bambino felice: il sentore comune cambia. Lo stesso Nole piange e chiede scusa al suo paese per aver perso subito da DelPo. Le Olimpiadi contano, altroché. Andy Murray inizia da Londra 2012 a capire che può vincere anche lui finali importanti. E lo fa sul Centre Court di Wimbledon, non proprio Roccacannuccia. Ci prende gusto, bissando a Rio. Ancora Djokovic, sempre lui, a Tokyo ci lascia le penne in semifinale, immolando alla smania olimpica anche il successivo US Open. Quello che gli avrebbe regalato il vero Grande Slam. Ma Nole non si perde d’animo, anzi dichiara al mondo che ci riproverà a Parigi. Perché l’oro olimpico è l’unico titolo che gli manca e lui vive per i titoli e per i record. Per questo dopo la semi parigina contro Musetti si sdraia sul campo: perché è per la prima volta in finale. Il resto è la vita che abbiamo vissuto negli ultimi giorni. Il tennis ai giochi conta, in qualche caso più di un titolo del Grande Slam.

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