I 106 secondi con cui David Wottle riscrisse la storia della Olimpiadi a Monaco 1972

Lo confesso… non vedevo l’ora di raccontare questa storia. O meglio, questa gara che poi diventa una storia. Una grande storia, legata ad un'Olimpiade di 50 anni fa. È forse una delle gare più belle dei giochi olimpici, quella più imprevedibile e strana, tanto pazzesca quanto pronostico. Tutto in 106 secondi di corsa, 800 metri piani per decidere una medaglia. La regina dell’Olimpiade si sa, anche dalla sua creazione nel lontano 1896, è l’atletica leggera. La prima medaglia assegnata nella storia per gli eroi di Olympia andò ad un campione del salto triplo, nello stadio di Atene, lo statunitense James Brendan Connoly, di South Boston, classe 1868. Aveva rinunciato ad Harvard pur di essere ad Atene. La misura fu di 13.71, più di un metro rispetto al secondo, il favorito francese di origine greche Persakis. Sull’alto pennone nello stadio Panathynaikò si issò la prima bandiera stelle strisce. Connoly tornerà poi ad Harvard da conferenziere… Attenzione però, questa non è né la gara, né la storia. Come detto, siamo nel 1972, a Monaco di Baviera, nei Giochi olimpici che verranno drammaticamente ricordati per la strage di 'Settembre Nero' nella palazzina numero 31 proprio di Connoly Strasse, nel villaggio olimpico. Un terribile e gravissimo episodio di terrorismo con la morte di 11 atleti israeliani. Questo il contesto dell'altra storia, avvenuta 3 giorni prima di questi fatti che hanno segnato il cammino di chiunque. È il 2 settembre del 1972. Stadio olimpico di Monaco. Una giornata storica per l’atletica leggera, che registra 5 finali e già ben 3 record del mondo: il primo storico oro per l’Uganda con il grande Jhon Aki Bua nei 400 ostacoli e chiude in 47.82; Renate Stecher della DDR nei 100 hs femminili che ferma il cronometro a 11.07; e ancora il tedesco Wolfgang Nordwig nell’asta, che salta fino a 5 metri e mezzo. Si arriva alla finale degli 800 metri: una prova complessa e difficile, un volo, due giri folli di pista, la doppia misura del giro della morte. Gara veloce di testa o di tattica attendista? Il ritmo è micidiale, e in due giri è durissima fare la differenza tra gara di fuga o di recupero… Appena si imposta la corsa suona già la campana dell’ultimo giro. Otto atleti che si giocano 3 medaglie in una fatica fino all’ultimo respiro. Qui hanno fatto la storia grandi personaggi, il meglio dell’elegante e drammatico mezzofondo: questa storia a 5 cerchi vuol dire l’inglese Lowe, lo statunitense Mal Whitfield, il neozelandese Peter Snell, i keniani Rudisha e Korir. E ancora Mike Boit, Seb Coe, Steve Ovett, 'El Caballo' Juantorena. In questo giorno del 1972 la storia la fa uno strano ragazzo di 22 anni, molto alto, lunghi capelli biondi bloccati da un cappellino da golf. Sì, proprio così, un cappellino color bianco/crema con cui corre da sempre, due mazze che si incrociano per formare uno stemma sulla visiera con una corona di alloro. Si chiama David James Wottle, ha una pettorina con il numero 1033; è dell’Ohio, viene dall città di Canton, contea di Stark. È uno studente di Storia della Bowling Green State University. Wottle è uno specialista del miglio e si trova assai bene ovviamente sui 1500, ma si è qualificato per questi Giochi anche per gli 800 correndo ai Trials, ad Eugene, ed eguagliando il record del mondo di 1'44"3 dell’australiano Doubell. Ciondola tra le corsie, la sua è la terza. Nella prima c'è il grande favorito, il russo Arshanov , nella seconda il tedesco dell’est Dieter Fromm, poi nella quarta il keniano Ouko, a seguire l’inglese Andrew carter, settima per il campione uscente, l'altro keniota Mike Boit. Chiude, all'esterno, il polacco Kupczyk, corsia otto. Wottle non è conosciutissimo al grande pubblico. Nelle batterie e in semifinale ha corso bene ma si sa, tutti si nascondono, e come detto ci si aspetta un duello tra Boit e Arshanov. Quindi due keniani, due tedeschi , un inglese, un polacco e un russo. Wottle è folcloristico con il suo cappellino, inusuale per una corsa veloce, ma per lui è quasi una scaramanzia . Altra caratteristica: andatura regolare senza esagerare. Tutto giusto, se si parla di 1500 o miglio, ma gli 800? Mah. Dalla sua David Wottle ha un bellissimo soprannome, "Wottle the Trottle" l’acceleratore, per la volata finale che riesce sempre a fare. La speranza di tutta l'America è che corrisponda poi al vero. Non è stata semplice la sua gestione pre-Olimpiade: tra i Trials e i Giochi ha avuto una forte tendinite ed è rimasto inattivo per diverso tempo. Di questo non era contento il coach Usa, Bill Bowerman, uno di quegli allenatori tosti ed intransigenti anni Settanta . Il coach non era contento anche perché Wottle si era sposato 14 giorni prima dell'Olimpiade, e aveva portato la neo-sposa Jan proprio a Monaco, alloggiando fuori dal villaggio in un appartamento in città. Bowerman è giustamente uomo esigente: in carriera ha allenato 31 atleti olimpici, ottenendo anche due medaglie d'oro . David Wottle con i suoi 22 anni si china, maglietta bianca assai larga, numero 1033, terza corsia, aspetta il colpo di pistola... Eccolo, partono. Wottle è inconfondibile con il suo cappellino. Parte discretamente, è sulla stessa linea degli altri per i primi metri, poi il gruppo allunga. A metà della prima curva la telecamera indugia sull’americano, già assai staccato. Partito dalla corsia esterna, Boit è in leggero vantaggio, poi il gruppo si compatta all'inizio del primo rettilineo: ci sono nell'ordine Boit, Ouko e il tedesco dell’est Fromm, chiudono la fila l’altro tedesco Kemper e il favorito Arshanov. La telecamera cerca Wottle. Eccolo, compare dopo quasi venti metri, staccatissimo. Non cambia passo, cappellino in testa e maglietta larga, ma è dietro, molto indietro, anche quando comincia il rettilineo finale del primo giro. Si affaccia il britannico Carter in terza corsia, Arshanov è alla corda, gli altri in gruppo. Boit e Ouko dettano il ritmo, non frenetico. Wottle ha recuperato qualche metro ma è ancora dietro. Il commento originale è affidato a Jim McKay, telecronista storico dell’Abc, affianco da Marty Liquori , infortunato e fuori dalle convocazioni. Conosce bene David, ha corso con lui soprattutto sul miglio: "Jim, ora non vanno forte, David può rimontare" dice durante il commento. Al suono della campana ha 5 metri dal tedesco Kemper e 7 da Arshanov. Un metro davanti al russo la schiena di Fromm, appaiato con il polacco Kupczik, e poi il terzetto Ouko, Boit e Carter. Il pubblico però guarda l’atleta dal cappellino bianco/crema. Lentamente arriva in coda al gruppo nella penultima curva, gli avversari si ricompattano e Wottle, senza cambiare espressione, raggiunge e passa all’interno Kemper. Quando arriva nel gruppetto immediatamente parte Arshanov, un siluro tutto esterno che a metà rettilineo piazza una volata come a dire: "Non facciamo scherzi, ho vinto tutto e voglio vincere anche qui". Il suo margine è netto, come pure il cambio di ritmo, ma il russo viene tallonato dai due keniani. A inizio curva Wottle è sesto, e si lancia a recuperare Kupczik e Fromm. Passa, è quarto. McKay e Liquori sono esaltati, soprattutto il secondo: "Jim ce la fa, ce la fa, guarda". Non lo guardano solo loro ma tutto lo stadio, migliaia di persone in piedi. Quello con il cappellino risucchia tutti, sembra un videogioco, vola come una leggerezza incredibile: passa Ouko, è a medaglia. Ultimi metri, tutti senza respiro, Boit è battuto. Un metro, solo un metro. Piombano insieme sul traguardo Wottle e Arshanov, il russo si butta, ma 3 centesimi, un battito di ciglia, una visiera di cappellino, regalano a Wottle l’oro con il tempo di 1'45"86. Quello che ha fatto è storia, una gara così ha qualcosa di incredibile per aver battuto i favoriti con quel recupero eccezionale. Pazzesco, 106 secondi micidiali. Wottle è stralunato, nessun gesto, non cambia espressione, sembra incredulo . David gira lo sguardo, quasi alla ricerca di una conferma dal tabellone, dalla moglie o dal suo allenatore, ma lo capisce dall'abbraccio del tedesco Kemper che lo abbraccia. Arriva l'ufficialità: 1. Wottle, USA; 2. Arshanov, CCCP; 3. Boit,Kenia. Gli stessi commentatori dell’Abc analizzano subito la sua gara: bene la rimonta pazzesca e straordinaria ma David ha fatto le quattro frazioni da 200 metri in 26.4, 27.1, 26.2 e 26.2, una macchina di regolarità. Gli altri no. Troppo elastico: velocissimi al via, poi lenti, poi ancora strappi, e infine crollati nel finale. David ha sempre dichiarato anche ora, da over 70, con sorriso smagliante e capelli bianco lucenti: "Sono sempre stato uno specialista del miglio, ma sono stato mezzofondista solo per 2 mesi e mezzo in tutta la mia carriera, tra i Trials di Eugene e i Giochi del 1972. Sono partiti troppo forte in 24.9, non riuscivo a tenere quel passo, poi hanno rallentato e sono lentamente rientrato. Alla fine, non è stato tanto il mio recupero ma sono stati più gli altri che mi hanno aspettato". Certo, vallo a dire ad Arshanov. Queste battute raccontano il meraviglioso atleta che è stato David Wattle, forte e modesto, capace anche di chiudere prestissimo: ancora un anno di gare nel 1973 con un successo nel miglio a livello NCAA . Poi stop. Terminata la vita universitaria è stato prima un allenatore di atletica al college e poi ha lavorato nel settore amministrativo. Adesso sta trascorrendo una vecchiaia tranquilla, con una medaglia d’oro e un cappellino bianco/crema da golf in bacheca. Quel cappellino che portò anche sul podio, dimenticandosi di averlo in testa durante l’inno, mano sul petto e berretto. Si mortificò per questo, e immediatamente si scusò con il popolo americano di questa sua mancanza di rispetto. Spiro Agnew, al tempo vicepresidente degli Stati Uniti, gli rispose con un messaggio personale: "Con o senza cappello, lei è il tipo di americano che si rispetta". Questa è la storia di una corsa che va ricordata, nella sua immane e struggente bellezza, e che ci dona un meraviglioso atleta con quel benedetto cappellino in testa: David Wottle, e suoi 106 secondi di storia olimpica.