L'Olimpiade e un paio di mocassini

Abbiamo tutti quanto ancora nei nostri occhi a cinque cerchi le straordinarie vittorie dei tennisti al Roland Garros vestito a festa per i Giochi olimpici. Le lacrime di Nole Djokovic, i meravigliosi sorrisi di Sara Errani e Jasmine Paolini, le forti emozioni di Lorenzo Musetti, la sorprendente cinese Zheng hanno raccontato quanto sia importante il tennis all’Olimpiade. Si gioca per una medaglia non per il montepremi o il ranking e neppure per un antico trofeo dove va inciso il proprio nome, banale retorica per dire che cosa può essere l’Olimpiade per l’appartenenza alla Nazione, alla bandiera, all’inno. Ora vediamo la modernità ma i primi mattoni della storia del tennis risalgono agli albori proprio per una disciplina tra le più antiche e soprattutto che ha dettato regole precise del dilettantismo per un quasi immediato passaggio al professionismo. Procediamo con ordine e con la memoria. Atene, nove sport presenti nel lontano 1896, tra questi, ad aprile, il giorno 11, il tennis assegna la prima medaglia d’oro. Singolare maschile. Comincia così anticamente il rapporto cinque cerchi e tennis, 13 giocatori per 7 Nazioni, una narrazione che necessita rispetto per chi ancora non conosce l’importanza del valore olimpico. “Rispetto” è forse un parolone ma che arricchisce la Storia e la narrazione della racchetta. Come non rimanere affascinati dal racconto della prima medaglia, un resoconto romanzesco. Jhon Pius Boland, del 1870, figlio di un fornaio di Dublino, rimane orfano dall’età di 12 anni. Viene affidato allo zio, vescovo ausiliario di Dublino. Riceve una rigida istruzione ma che lascia spazio anche alle sue passioni: tennis, rugby e cricket. Arriva in Inghilterra, ad Oxford dove studia da avvocato. Alla Christ Church College scopre un manifesto che pubblicizza i prossimi giochi olimpici, alla prima edizione. Ad affiggerlo è una matricola greca, Konstantinos Manos, diventano amici tanto che il greco invita Boland a raggiungerlo ad Atene per le vacanze di Pasqua. Konstantin Manos, intanto è entrato a far parte del Comitato Organizzatore dei Giochi e, conscendo la passione dell’amico irlandese, lo iscrive al torneo di tennis. Una competizione che ha proprio bisogno di partecipanti visto che i grandi nomi hanno disdegnato la trasferta ateniese e preferire i più remunerativi tornei britannici e francesi. Boland, forse esaltato dal buon vino e dalle goliardiche cene in terra greca con Manos e un nuovo amico Dionysios Kasdaglis, si fa inserire tra gli atleti in gara. Piccolo problema è che non ha l’attrezzatura. Si gioca con pantaloni lunghi e camicia, rigorosamente bianca, e ci siamo poi recupera una racchetta ma non ha scarpe adatte e quindi si presenta con mocassini, suola di cuoio e leggero tacco. Gioca bene tanto da passare tutti i turni ed arrivare in finale. Per la medaglia ha di fronte il suo nuovo amico Kasdaglis, Jhon decide di dare forfait ma, come per l’iscrizione, viene convinto da Dionysos a scendere in campo “È un match troppo importante ed internazionale” e così sia. Il primo oro viene fuori con la scritta GBR-IRL per non tradire neppure il luogo di nascita anche se sul pennone sale la bandiera della Gran Bretagna e Boland fa notare che un giorno ci sarà un altro vessillo con l’arpa dorata al centro. Boland vince anche il doppio in coppia con l’atleta tedesco Fritz Traun che aveva battuto al primo turno nel singolare. Friedrich Fritz Traun aveva anche corso i 100 metri e gli 800 ma non si qualificò per i successivi turni, in seguito realizzò il record di Germania nel salto in lungo. Figlio di un ricco imprenditore fondò la federazione di Golf, si sposò nel 1908 ed andò a vivere in un grande albergo di Amburgo dove fu trovato morto suicida una mattina, dopo che era stato accusato da una donna di bigamia. Carriera politica invece per Jhon Pius Boland, che fu eletto in parlamento nel collegio del Kerry e sostenne sempre la causa dell’indipendenza irlandese. Sono gli inizi romantici e particolari del tennis olimpico ma che fino all’interruzione del 1924, annovererà campioni della portata dei fratelli Doherty o i gemelli Renshaw ed è quasi vedere l’albo d’oro di Wimbledon, tanto che già nel 1900 è il primo sport al femminile ad essere rappresentato ai Giochi. Il primo successo è dell’inglese Charlotte “Chattie” Cooper, che vanta già successo al torneo di Wimbledon e a seguire la Divina Suzanne Langlen ed Helen WillisMoody. Pochi sanno che nel 1920 ad Anversa vi è l’esordio azzurro con ben quattro componenti, tra cui l’unica donna della spedizione e seconda assoluta della nostra storia olimpica. Rosetta Gagliardi, milanese, fu anche portabandiera alla cerimonia. Disputò il singolare arrivando fino al terzo turno ed anche il doppio misto con Cesare Colombo. Mino Balbi di Robecco e il Conte Alberto Bonacossa, mitico sportivo, editore ed imprenditore completavano il gruppo azzurro. Sono piccole gocce di ricordo olimpico come la prima e non più unica medaglia italiana quattro anni più tardi a Parigi 1924: il triestino Barone de Morpurgo in cinque terribili set riesce a battere il francese Jean Borotrà per una magnifica medaglia di bronzo. Da quelle giornate di Parigi si torna a parlare realmente di tennis olimpico solo nel 1988 con due volte, 1968 e 1984, accettato come dimostrativo. Poi ci sono i nomi importanti che fanno la storia, da Agassi a Nadal o i due ori di Andy Murray a raccontare quel magnifico passaggio da Boland ad Alexander Zverev e per ultimo Djokovic. Sono storie di nomi ed imprese che legano un concetto di medaglia al tennis dove è anche bello conoscere e vedere da quanto lontano è partito quel meraviglioso romanzo che ha come titolo "l’Olimpiade e un paio di mocassini".

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