Una vela azzurra per la nuova Luna

Quando si alza lo sguardo, si va in aria e si cerca il vento, un ditino alzato per vedere dove soffia e se aumenta l’aria, aumenta il vento… il vento è amico e a volte no... utile fabbisogno per muovere vele… e con loro si muovono le prue, si piega la barca tra spruzzi e bordi. Aria in faccia, vele tese - meglio dire… serrate -, cazzate, bolina, lasco, poppa. Andature per uomini e barche che fanno la storia. La nostra storia olimpica, di una Italia con tanta acqua intorno, ha solo da celebrare due ragazzi per un doppio oro mai visto prima. Ruggero Tita e Caterina Banti. Coppia speciale per sintonia e bravura, timoniere e prodiere da sempre insieme per creare quella perfezione che solo le classi olimpiche sanno regalare. Nacra 17, leggero catamarano di 5 metri e 25 per equipaggio misto, una barca volante che ora è identificata in tutto con i due ragazzi, un trentino ed una romana. Lui trentaduenne ingegnere, lei trentasettenne laureata in studi orientali, inamovibili ed imbattibili dal 2017. Quattro mondiali, quattro europei ed ora due medaglie d’oro: Tokio e Parigi, nessuno come loro. Fuoriclasse assoluti, una medaglia assegnata già alla vigilia e confermata regata dopo regata con divario abissale. Una vela azzurra che porta gli ori al numero di sei, di cui tre arrivati solo nelle ultime due edizioni olimpiche. Marta Maggetti nell’IQFoil, il windsurf che vola e, come detto e scritto, Ruggi e Cate. “All’Italia manca solo la Coppa America”, questa la prima dichiarazione dell’ingegnere Tita. Siamo già alla vigilia del più antico e prestigioso trofeo della vela: l’America’s Cup, la coppa delle 100 ghinee, 1851 una prima volta ed ora alla numero 37. La sfida infinita troverà anche Ruggero Tita come timoniere insieme ad altri tre mitici compagni: Jimmy Spithill, Checco Bruni, Marco Gradoni. Gran gruppo alle dipendenze del Team Principal Max Sirena. Acquolina in bocca visto quello che è successo a cinque cerchi ora tocca all’AC75, Luna Rossa al suo venticinquesimo anno e sesta sfida, un’avventura lanciata dallo Yacht Club Circolo della Vela Sicilia. Tutto però gira attorno a chi ha voluto fortemente questo senza limiti di soldi e di tempo: Patrizio Bertelli, il signor Prada che ha avuto vicino nelle ultime sfide anche Pirelli, e la passione di Tronchetti Provera. Due amici, due mecenati che hanno supportato il nome e il team di Luna Rossa Prada-Pirelli. Si sa che la Coppa America è fatta di barche ma soprattutto di uomini che ne hanno segnato la storia ed ora Patrizio Bertelli è entrato realmente nella leggenda. Nessuno come lui, con la perseveranza di venticinque anni supera anche le cinque sfide di Sir Thomas Lipton e i suoi Shamrock. Tutto questo andrà in acqua, come la più grande rappresentazione della vela moderna, il “Circus” del vento a Barcellona tra poco, il 22 agosto. Una Barcellona che si è rifatto il look con un grandissimo investimento per ristrutturare le vecchie banchine commerciali con una avveniristica situazione portuale con tutte le basi dei team di Coppa: cinque sfidanti e un Defender. Il primo assaggio dal 22 al 25 con le regate preliminari. Non daranno punteggi ma sarà la prima volta che gli AC75, le nuove barche, si studieranno da vicino con match race, barca contro barca. Gli svizzeri Alinghi Red Bull contro i francesi di Orient Express, Emirates New Zeland opposti a Luna Rossa e chiuderanno gli inglesi di Team Ineos e gli statunitensi di American Magic. Pochi giorni e poi sarà sfida vera con il primo Round Robin: 29 agosto, e in acqua scenderà anche per la prima volta il Defender New Zealand. Non era mai successo ma il regolamento, il Deed of Gift, è dettato proprio dai vincitori e hanno ritenuto che dovessero regatare più spesso con avversari per essere presenti maggiormente e non fare solo allenamenti solitari. Lasceranno campo libero nelle semifinali e finali di LVC. A tutto questo pandemonio velico, non contenti gli organizzatori hanno aggiunto la Youth America’s Cup e la Women America’s Cup proprio per sfruttare gli AC 40 costruiti per le prime due regate preliminari di Villanova e Geddah. Mesi di regate ed emozioni raccontate in diretta da Sky Sport con un canale dedicato proprio per essere riferimento continuo tra repliche, studi, interviste, speciali ed ovviamente Live su Live con i nostri top talent, Flavia Tartaglini e Gabriele “Ganga” Bruni, fratello del timoniere Checco e allenatore dei Nacra 17. Questo è quello che avverrà ma non possiamo perdere l’occasione per ricordare quello che è avvenuto, anche tanto tempo fa. Fa bene ritornare con la memoria a quello che fu nel percorso olimpico della nostra storia. Quando poi si parla di modernità, del volare, dei ciclisti a bordo, dei foil e di tutto quello che concerne con una sorta di evoluzione della specie non dobbiamo mai dimenticare che ha cominciato e che ha fatto la storia ed allora eccoci nuovamente ai Giochi. 1936, Olimpiade di Berlino. Nella baia di Kiel, Italia è l’8metri stazza internazionale con al timone il genovese Giovanni Leone Reggio. Si vince un oro quasi non sapendolo. Sette regate per un primo posto in condivisione, serve lo spareggio ma poco prima di scendere ancora in acqua ecco la notizia: agli azzurri non viene data la penalità comminata per una regata precedente. Come è stato possibile? Sembra incredibile ma su una boa era montato un pallone areostatico con una telecamera, voluta dalla regista del film Olympia Leni Riefensthal. Reggio aveva chiesto alla giuria di visionare i filmati, una sorta di prova VAR. Ci son voluti due giorni per sviluppare le immagini e poi il positivo verdetto del primo VAR della storia. All’equipaggio chiesero cosa si provasse: “non lo sappiamo” risposero, “siamo troppo occupati a farci rigare il volto dalle lacrime”. Aria entusiastica per un colpo di vento fortunato. Mare e vento sono parte integrante delle nostre storie, questa ancor di più. Aveva cinque anni quando accarezzava la sua barchetta, “Sogliola”, costruita da suo papà Pietro, bassa e veloce… andava a scuola con Sogliola da Lussinpiccolo a Lussingrande, sull’isola di Lussino al largo della Croazia, allora Italia. Comincia così la storia velica e di mare dell’ammiraglio Tino Straulino. Eroe di guerra e comandante del Corsaro II e dell’Amerigo Vespucci, uomo dalle imprese impossibili. Con la Vespucci per irretire gli inglesi risalì a vela il Tamigi fino a Londra, ma ancor più incredibile, uscì - sempre a vele spiegate - dal porto di Taranto con pochissimi metri tra i due lati. Con lui arrivò la seconda medaglia d’oro per la vela italiana. Classe Star. Merope con il fido prodiere Nicolò Rode ad Helsinki 1952. Poi un argento quattro anni dopo. L’ammiraglio ci ha lasciato a 90 anni con tantissimi successi e tanto amore per il mare: “Sulla mia isola sono venuto al mondo, là ho capito il mare. Là ho conosciuto il vento e l’ho fatto diventare mio amico”. L’Ammiraglio ora riposa a Lussinpiccolo. Scorrono gli anni e le medaglie continuano ad arrivare. Non hanno più quel colore pregiato ma sono sempre imprese, come nella classe “Dragone”, nel 1960, all’Olimpiade di Roma e regate a Napoli, dove è arrivato il bronzo per Cosentino-Ciciliano-De Stefano. Un altro nel 1968, con i napoletani Franco Cavallo e Camillo Gargano con la Star Romance e Fabio Albarelli nei Finn. E si prosegue con un grande Giorgio Gorla con Alfio Peraboni, ‘80 e ‘84. Dobbiamo invece aspettare fino al 2000 per un argento, che arriva con Luca Devoti nella baia di Sidney, nei Finn. E’ un vento che cambia. L’aria che ti sostiene a braccia nude, mentre spingi la tua unica vela, movibile in quell’equilibrismo precario… ecco che quello strano oggetto diventa di uso comune, quel vento è amico nel tirar su l’albero per bloccarlo e volare sull’onda. Alessandra Sensini a Sidney, nel 2000, stravince. Oro, una vela giovane quella della tavola ma è il dominio assoluto della nostra signora del vento. Sei Olimpiadi con oro, argento e 2 bronzi fino a Londra 2012. Il vento regala bellezza nelle andature, lo imprigioni nella tela, lo catturi per correre e domare barca, onde e mare. Accarezzi le increspature dell’acqua quando soffia giusto ma diventa un dramma quando lo perdi e quel bordo diventa un macigno di aria fredda da digerire. Così accade nel 2016, con il windsurf di Flavia Tartaglini, erede della Sensini, sbaglia la medal race da favorita e poi con il Nacra di Bissaro-Sicouri, entrano in finale da secondi e ne escono fuori dal podio. Silvia Sicouri voleva dedicare la medaglia a suo papà Pierre, grande timoniere di regate oceaniche, ma chi vince è l’argentino Lange, che a 54 anni batte tutti dopo aver sconfitto anche un brutto male. Ed ora siamo ritornati da dove eravamo partiti, dai Nacra 17 e a loro due, Tita-Banti, due medaglie, due ori, tre con quello magico di Marta Maggetti, che non sono altro che la degna prosecuzione di tutto quel bagaglio di storia marinara a cinque cerchi. Riprendo una frase di Cino Ricci, il grande Cino Ricci, quando Luna Rossa è entrata in finale di Coppa dichiarò con forza: “Ricordatevi che un pezzo di quella Coppa è anche mio e di Azzurra”. Questo è il bello della narrazione, far ricordare chi ha segnato la via… nel vento.