Il salto nel buio della donna con le ali: la storia di Arjola Dedaj

Venerdì 30 agosto 2024. Stade de France. Arjola Dedaj rompe il ghiaccio per l’atletica azzurra ai Giochi Paralimpici di Parigi 2024. Quarto posto nella finale del salto in lungo ciechi, categoria T11, a soli due centimetri dal terzo gradino del podio. La gioia e la felicità nella voce mentre stringe il peluche Nesquick che le ha regalato il figlio Leonardo. Perché sa di aver fatto una gara straordinaria. A 42 anni, 4,75m per lei: è primato italiano. Dall’Albania a Milano Guardava in alto. E vedeva le stelle. È questo uno dei ricordi di quando pensa a quel 21 dicembre 1998. Aveva 17 anni e insieme al papà e al fratello Elton prende la via del mare. Lei, originaria di Tirana, raggiunge l’Italia su un gommone dalle coste albanesi. È in quel tratto di Mediterraneo che "alzavo lo sguardo al cielo e vedevo le stelle, le persone vicine non le distinguevo però". Retinite pigmentosa. Le viene diagnosticata all’età di 3 anni. Si tratta di una malattia genetica che porta a una perdita della vista graduale e progressiva. Diventa cieca con il passare del tempo. Dopo l’arrivo sulle coste italiane, Milano diventa la sua casa. "Qui ho trovato lo sport e l’amore", aveva commentato quando le consegnarono l’Ambrogino d’oro, il massimo riconoscimento della città di Milano a "tutti coloro che hanno dato un contributo speciale alla città". Il primo avvicinamento allo sport non è con l'atletica. Diventa in poco tempo una stella nel baseball per ciechi con i Thunder’s, una delle due squadre milanesi. "Arrivavo dalla danza, ma il baseball per me è stato importantissimo, sia a livello sportivo che personale". Poi, nel 2012, ecco un altro mondo: l’atletica. È qui che non solo arrivano grandi soddisfazioni, ma si apre un nuovo spaccato della sua vita. Tra un salto nella sabbia e la pista trova Emanuele. Insieme formano la 'Coppia dei sogni'. Insieme vanno a Rio 2016. Un amore paralimpico Lo sport che unisce. In generale, ma anche nella vita. Come in questo caso. "Ho conosciuto Emanuele durante il nostro primo campionato italiano, a bordo pista". Atleta paralimpico, nasce con il piede torto, il sinistro girato su sé stesso. Ci sono voluti anni di operazioni e fisioterapia prima di riuscire nel suo obiettivo: gareggiare nello sprint. La testa era sempre lì. Così, con l’obiettivo sempre presente, arriva in Nazionale. E conosce Arjola. Insieme iniziano un progetto di sensibilizzazione sul mondo paralimpico. Lo fanno raccontando il loro mondo. Diventano la 'Coppia dei sogni'. Un po’ perché la loro storia d’amore è stata un sogno. Un po’ perché di sogni ne hanno sempre avuti tanti, come quello – raggiunto – di andare entrambi ai Giochi Paralimpici di Rio 2016. Alla Paralimpiade brasiliana Arjola Dedaj compete nel salto in lungo e in pista nei 100 e 200m T11. Emanuele nei 200 e 400 metri piani T44. Obiettivo raggiunto. Parigi 2024 E poi la gara che aspettava da tanto. "Sono entrata nell’arena molto serena, non mi sono fatta prendere dall’ansia e per questo sono soddisfatta e ringrazio me stessa per l’opportunità che mi sono data". Non era affatto facile. Tantomeno scontato. Il quinto salto a 4,52m. Poi qualcosa di straordinario. In quello stadio talmente rumoroso che la gara è stata interrotta più volte. Il silenzio nello stadio è essenziale. Gli atleti e le atlete sono guidati solo dalla voce o gli applausi della loro guida che indica quando saltare. "È stata una gara difficile e lunga per via delle interruzioni dovute al rumore, ma ha gestito tutto molto bene come dimostra il primato italiano", racconta Alessandro Galbati, guida di Dedaj. Primato italiano che arriva proprio all’ultimo salto. Perché da 4,52m si vola a 4,75m. Più di 20cm. È storia.

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