La sconfitta nel Sei Nazioni contro gli inglesi non è certo stata inaspettata, con 43 punti di scarto che pesanto tantissimo. Ma ora il movimento del rugby italiano ha una missione: resistere. Perché questo 21esimo tonfo di fila può fare più male del previsto
Resistere, resistere, resistere…non si può far altro, quando ci sono di mezzo due categorie diverse. Un peso massimo contro un peso gallo, un combattimento impossibile. Il peso gallo può anche tirare qualche pugno ma non fa più di tanto danni, se poi si difende con una guardia un po’ così così…allora c’è il rischio di farsi male. Insomma se l’Italia sbaglia placcaggi (10 solo nel primo tempo, con Esposito in grande difficoltà) allora subisce la potenza degli inglesi, con i suoi ball carrier, con la sua intensità, con la sua qualità, con la sua potenza. Restano coraggio e grinta che non servono per vincere e nemmeno per la sconfitta “onorevole”, 57-14, nel punteggio. Certo ci sono un paio di mete, Allan nel primo tempo e Morisi nel secondo, le buone prove di Ruzza, e poi di Negri, Polledri, Allan, ci sono pure tanti giocatori “ammaccati”, con cambi forzati e fuori ruolo. Si tratta però, facendo una diagnosi onesta e sincera, di manifesta inferiorità, con un equilibrio durato giusto un quarto d’ora. All’Inghilterra è bastata poco più di mezz’ora per assicurarsi il punto di bonus offensivo, quattro mete segnate, e per dimenticare la sconfitta in Galles nella terza giornata. E’ una sconfitta pesante , 43 punti di scarto, non solo in termini numerici , ma nella consapevolezza di non poter lontanamente competere con la prima fascia, quella a cui appartengono gli All Blacks o il Sudafrica, nostri avversari nel Mondiale giapponese del prossimo autunno. Cilindrate diverse. Lo si sapeva, eppure la nuova conferma, con la ventunesima sconfitta consecutiva nel Sei Nazioni, non è piacevole e può provocare effetti indesiderati, tipo perdita di affetto e simpatia del pubblico, calo di interesse e di valore, “astenia” ovale…Resistere, resistere, resistere.