Cosa sta succedendo agli All Blacks?

Cominciamo dai fatti, anzi dai numeri, come si dovrebbe sempre fare. Tra il 2016 e il 2019 gli All Blacks vincono l’87,1 % dei test giocati, dopo il 2021 la percentuale scende al 70 %. Nelle ultime 47 partite sono arrivate 13 sconfitte e 1 pareggio con l’Inghilterra. Dopo la Rugby World Cup 2023, persa in finale per un solo punto allo Stade de France di Parigi contro il Sudafrica, giocando a lungo in inferiorità per l’espulsione di Sam Cane, è arrivato un nuovo allenatore. Scott 'Razor' Robertson, il più vincente di sempre a livello di club coi Crusaders, base a Christchurch, isola del Sud della Nuova Zelanda, è subentrato a Ian Foster e si sono ritirati dall’attività internazionale giocatori che hanno fatto la storia: Sam Whitelock , Retallick, Aaron Smith, Dane Coles, mentre altri se ne sono andati all’estero e non sono più convocabili secondo il protocollo federale, la New Zealand Rugby Union, come per esempio l’apertura Richie Mo’unga o il terza linea Shannon Frizell. Da quando Roberston è in carica 7 partite, 4 vittorie e 3 sconfitte. Si tratta di un periodo di assestamento, certo, con i cambiamenti di cui abbiamo parlato, ma in Nuova Zelanda sono abituati ad altro, semplicemente a vincere. Nelle ultime 2 partite nel Rugby Championship in Sudafrica contro i campioni del Mondo, gli All Blacks hanno avuto in mano la partita per due terzi di gara, poi il cedimento. La differenza nei cambi, intesi come panchina, con gli 'Springboks' capaci non solo di continuare con la stessa intensità ma addirittura di alzarla e i neozelandesi invece con giocatori in evidente difficoltà. "I giovani non sanno vincere, manca leadership", parole di Sir John Kirwan, leggenda della squadra, campione del mondo nel 1987, poche parole ma chiare. Proprio nel 1987 nel discorso pre-partita prima della storica prima finale mondiale con la Francia l’allora allenatore Brian Lochore disse semplicemente ai suoi giocatori: "Cercate di non rovinare cento anni di storia del rugby neozelandese". Tradotto, rispettate chi ha indossato la maglia prima di voi, che avete solo in prestito, e non fate svanire la famosa aura che vi accompagna anche per quelli che arriveranno dopo di voi. Adesso sembra quasi che si abbia più cura della scenografia della haka, una danza maori che conosciamo tutti e che appare nei momenti di passaggio della vita, nascita, morte, matrimonio, piuttosto che della sostanza della partita. Nei momenti cruciali non ci sono statistiche che tengano, bisogna fare le cose giuste. Non sbagliare un calcio piazzato, un placcaggio, essere disciplinati, evitare cartellini gialli e prendere le decisioni corrette. E se si è giovani serve avere punti di riferimento, un capobranco, uno che si sappia assumere responsabilità, rischi. Sicuramente è questione di dettagli da sistemare, di esecuzione. Per la prima volta il bacino di giocatori da cui pescare sembra un po’ ridotto, manca qualità. Esempi? Mediano di mischia, seconde linee 'cattive', dure, un’alternativa vera al tallonatore titolare, Codie Taylor, con Tuakei’aho infortunato, qualcuno che abbia un 'piede sicuro' quando servono 3 punti e nel gioco tattico. Per altri la questione è tutta nel Super Rugby, il torneo per i grandi club dell’emisfero sud. Si gioca soprattutto in velocità e si gioca per lo spettacolo. Da quando le squadre sudafricane lo hanno abbandonato per partecipare allo URC con le squadre gallesi, irlandesi e scozzesi, è calato il confronto fisico, non c’è lo stesso tipo di battaglia. Mancherebbe un po’ di 'power', senza tante traduzioni. Qualcuno è arrivato a parlare di rugby 'aerobico' e di rugby 'anaerobico'. Vero in parte, se solo si pensa al sudafricano Pieter-Steph du Toit, due volte campione del mondo, miglior giocatore del mondo nel 2019 , forte, deciso, duro eppure mobilissimo e anche con buone mani. Certamente la Nuova Zelanda non è più solo la terra tutta rugby e pecore, e, al di là dei luoghi comuni , una concorrenza forte di sport non ovali c’è. Le ultime Olimpiadi hanno fruttato 20 medaglie, di cui 10 d’oro, e nel Rugby a 7 hanno vinto solo le Silver Ferns, cioè le ragazze. A Parigi i neozelandesi a livello maschile hanno fallito, neppure una medaglia. Aiuto, l’aura è sempre più appannata, ci vorrà tempo per restaurarla…