L'ultima gara in verde di capitan Peter O’Mahony

La partita di sabato a Roma per gli azzurri è la fine del Sei Nazioni. Per gli avversari irlandesi invece è in qualche modo la fine di un’era. Perché per Conor Murray, Cian Healy e Peter O’Mahony è la fine della carriera in nazionale. I primi due però ci arrivano da impact players, partendo dalla panchina. O’Mahony questo torneo, a 35 anni compiuti, lo ha giocato da titolare, con la maglia numero 6 sulle spalle. LOTTA, PLACCA, CORRI Un mantra per le terze linee come lui, qualcosa che O’Mahony continua a fare con efficacia nonostante i 35 anni compiuti, due operazioni alla spalla, un tendine del ginocchio andato e mille altri acciacchi che, come ogni rugbista professionista, si porta dietro. Qualcosa che continuerà a fare per il suo club, il Munster, fino a fine stagione. Poi stop, fine carriera: “Sono pronto, è il momento, prenderò un periodo di stacco dal rugby, mi guarderò intorno e starò con la mia famiglia, ho perso troppi momenti importanti dei miei figli”. Normale bisogno di tranquillità, che troverà con la moglie Jessica e i tre figli piccoli, occupandosi di un’altra sua grande passione, il giardinaggio: “Da bambino aiutavo il giardiniere che veniva a casa di mia nonna, sono diventato bravo, quando avevo dieci anni andavo a tagliare l’erba a tutti i nostri vicini, spero di trasmettere l’amore per le piante anche ai miei figli”. TIME TO GO Celebrato insieme ai due compagni all’Aviva Stadium prima della partita contro la Francia che ha spezzato il sogno dei Verdi di conquistare il terzo Sei Nazioni di fila, O’Mahony dopo il fischio finale del match con l’Italia si toglierà per la 114esima e ultima volta la maglietta verde che ha tanto amato. Si pensava che potesse e dovesse farlo già un anno fa, dopo aver sollevato da capitano il trofeo 2024. Sarebbe stato un finale migliore? Sì, ma questo è un chiaro esempio di ‘Sennodipoismo’. In bacheca ci sono comunque cinque successi nel Sei Nazioni, di cui due col grande Slam… IDEE CHIARE Nessun rimbalzo strano nella traiettoria delle sue passioni: sin da piccolo aveva in testa solo il rugby. Lo citava nei temi in classe alle elementari e soprattutto lo praticava. Ha iniziato a cinque anni nel Cork Constitution, come suo padre, che della squadra irlandese fu anche presidente. Dopo un allenamento in under5 Peter è stato subito messo a giocare coi bimbi di otto anni… O’Mahony è l’emblema del ‘MunsterMan’: è nato a Cork, cresciuto a Cork, vive tuttora a Cork, ha giocato per il Cork e ora per la squadra della provincia, una delle più importanti e di tradizione del rugby europeo, che ha guidato al successo nello United Rugby Championship di due anni fa. “Ho ricordi bellissimi di tante vittorie, ma vorrei avessimo ottenuto di più, ho preso il testimone da ragazzi che hanno vinto un paio di Heineken cup , trionfi che in Europa con me capitano non siamo riusciti a ripetere”. OH CAPITANO Uno dei ‘ragazzi’ di cui ha raccolto il testimone era Paul O’Connell, attuale assistente allenatore dell’Irlanda, da cui ha ereditato la fascia a soli 23 anni. Nessuna sorpresa, O’Mahony è sempre stato capitano: oltre che della senior anche dell’Irlanda under18 e under20, persino dei British & Irish Lions, la squadra che unisce tutti i giocatori britannici, nel tour in Nuova Zelanda del 2017. Fin dalla superiori nel Presentation Brothers College, e poi il Cork Constitution appunto, e le giovanili del Munster stesso. NON SI SCHERZA CON O’MAHONY In questo ultimo scorcio di stagione potrebbe raggiungere le 200 presenze con la maglia rossa del club, che ha amato forse ancor più di quella verde della nazionale. Svelto di lingua oltre che di pensiero, è noto l’approccio rude agli avversari e per il suo trash talking livello Kevin Garnett. E non risparmia nessuno neppure negli spogliatoi: “Ho visto un giocatore dei Lions e dell’Irlanda che non è capace nemmeno di difendere ” così dopo una sconfitta ha commentato la prestazione di Simon Zebo, cresciuto con lui nel Cork sin da quando aveva cinque anni. Pensate cosa può aver detto agli altri…

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