Campioni, sorprese e delusioni: il 2025 del rugby mondiale

Anno che finisce, bilanci che si fanno. No, niente voti. Quelli lasciamoli ai professori. Solo alcune riflessioni. Partendo da un assunto. Il Sudafrica è la miglior squadra al mondo. Gli Springboks hanno chiuso l’anno come numeri uno del ranking mondiale dopo aver vinto il Rugby Championship , aver fatto 5-su-5 nei test autunnali in Europa, aver visto assegnare a un loro giocatore, Malcolm Marx, il World Rugby Player of the Year e aver messo in bacheca anche il Mondiale Under 20 disputato la scorsa estate in Italia. Nei? Sì, ci sono anche quelli. E menomale. Il premio di allenatore dell’anno non è andato a Rassie Erasmus . Ma non ce n’era bisogno. Lo è punto e basta. E poi, la sconfitta ad Auckland contro gli All Blacks. Uno degli obiettivi dell’anno, forse il più importante, era far cadere la fortezza TuttaNera dell’Eden Park dove nessuno ha più vinto dal 1994 e da 51 test-match. Nuova Zelanda 24 Sudafrica 17. Una settimana dopo la rivincita. All Blacks 10 Springboks 43! Peggior sconfitta neozelandese di sempre. Ma arrivata a Wellington. E no, non è la stessa cosa… 6 Nazioni Lo ha vinto la Francia. Senza Grande Slam e senza Antoine Dupont per l’ultima partita e mezza. Legamento crociato anteriore destro saltato dopo mezz’ora nel match decisivo di Dublino. Poi vinto. Senza di lui, il miglior giocatore al mondo . Così come i Bleus hanno poi battuto la Scozia e fare festa. Analisi breve? Sì. Perché dal marzo scorso di acqua sotto i ponti ne è passata tanta. Una riflessione più lunga la merita, però, l’Italia. 4 sconfitte, 1 vittoria. E Cucchiaio di legno lasciato, ancora una volta, ai gallesi. KO all’esordio a Murrayfield contro la Scozia che ci ha mostrato perché è ancora, magari di poco, davanti a noi nella gerarchia ovale mondiale. Ci abbiamo provato. Siamo stati in scia fino al 50°. Ma poi loro hanno fatto valere il fattore campo e la maggior caratura tecnico-tattica-fisica-comportamentale. Vittoria sotto il diluvio all’Olimpico contro il Galles. Loro in piena crisi . Noi col peso dell’essere favoriti e obbligati a vincere. Partita brutta. Anche, non soprattutto, causa pioggia. Ma l’abbiamo vinta. Senza giocare il nostro gioco. Adattando il game plan al meteo e all’avversario. 22-15. Uno di quei successi, non più così rari nel torneo, che mostrano maturità e personalità. Brutti stop, non solo nel punteggio, contro Francia e Inghilterra . Infine il 17-22 subito in casa dall’Irlanda. Il punteggio non dice tutta la verità. Gli irlandesi non hanno mai veramente rischiato di perderla. Ma noi abbiamo dato risposte positive e chiuso con dignità un 6 Nazioni che aveva detto il suo, o meglio il nostro, dopo aver superato il Galles. British & Irish Lions Tour 2025 Il meglio di Inghilterra, Galles, Scozia, Irlanda è andato in tour Dowunder. La tradizione, ultracentenaria, si è ripetuta. La Madre Patria continua a visitare le ex-colonie dell’ex-Impero. Destinazione Australia. Vittoria 2-1 nella Serie. Doveva essere l’appuntamento dell’anno. Così non è stato. Certo, i Lions sono ancora il pinnacle, il top, come dicono loro, nella carriera di un giocatore. Ma questi Lions, qualcuno li ha definiti i meno competitivi degli ultimi 30 anni. Ed hanno affrontato l’Australia meno competitiva degli ultimi … forse di sempre. Un’Australia che sta provando a tornare quella che era. In una crisi che ormai dura da un decennio circa. Il Rugby Union non è più lo sport più importante del paese. Rugby League , AFL , cricket, calcio, nuoto, ciclismo hanno tutti, al momento, una considerazione generale maggiore. Sportivamente ed economicamente. E i risultati si vedono. I Wallabies, nell’ultima Coppa del Mondo per la prima volta non hanno nemmeno superato la fase a gironi. Eddie Jones ha pagato per tutti. Voleva cambiare le cose, ribaltare tutto il sistema ovale australiano. Non ci è riuscito. Non gli è stato permesso. Non c’erano risorse. Risorse che adesso ci sono. Merito dei Lions che hanno portato in Australia decine di migliaia di tifosi da Gran Bretagna e Irlanda, diritti TV, incassi al botteghino e sponsor che hanno ridato vita alle esangui casse dei Wallabies. Aggiungiamoci che la prossima Rugby World Cup si terrà nel 2027 sempre in Australia, a Sydney e dintorni ora stanno finanziariamente bene . Con Joe Schmidt la rinascita Wallabies è iniziata. Più nelle prestazioni che nei risultati. Ora toccherà a Les Kiss. E sì, perché il Ct ha prolungato più del dovuto la sua permanenza sulla panchina australiana. Il figlio malato di epilessia lo richiama maggiormente a casa. Kiss dovrà continuare nel solco tracciato. Che è quello giusto. Mentre Eddie Jones è tornato in Giappone dove gli yen, per cambiare tutto anche là, ci sono. Puoi criticarlo, odiarlo sportivamente. Ma, come direbbe Josè Mourinho, citando Osvaldo Bagnoli secoli mediatici prima di lui, “non è un pirla”. E nemmeno i giapponesi lo sono… Rugby Championship Vinto, ma non dominato, dagli Springboks. Basti pensare che alla vigilia della quinta giornata tutte le 4 squadre potevano ancora vincerlo. Classifica finale: Sudafrica e Nuova Zelanda 19 , Australia 11, Argentina 10. I Pumas hanno battuto per la prima volta nella storia in casa la Nuova Zelanda e dimostrato, se ce ne fosse ancora bisogno, che nel giorno giusto possono battere tutti. TUTTI! L’Australia continua a crescere. Come dicevamo prima più nelle prestazioni che nel gioco. Gli All Blacks sono sempre gli All Blacks. Anche se il loro nero appare un po’ più sbiadito. Ma a rugby sanno ancora giocare. Il Sudafrica è partito male. Avanti 22-0 dopo 20 minuti all’esordio contro l’Australia, sconfitti poi 38-22 coi Wallabies tornati a vincere all’Ellis Park per la prima volta dal 1963. Successo, sempre sui Wallabies, un po’ laborioso nella seconda giornata. KO ad Auckland nella missione non riuscita di interrompere l’imbattibilità neozelandese nel loro stadio feticcio. Sistemata la macchina, non rodata a sufficienza nei test estivi per Championship contro Barbarians, Italia 2 volte e Georgia, poi non ce n’è stato più per nessuno. Vittoria record a Wellington sugli All Blacks, vittoria annichilente sui Pumas 67-30 e controllo a Twickenham, sempre contro l’Argentina, 29-27, quando bastava vincere sapendo che la differenza punti per la Nuova Zelanda era incolmabile. Partita giocata a Londra e non in Argentina per accordi logistici-commerciali. Torniamo per un attimo, perchè merita, sul 67-30 di Durban contro l’Argentina. Per un tempo gli Springboks si specchiano un po’ troppo nella loro classica arroganza. Commettono errori. I Pumas capitalizzano. Ma il secondo tempo è un qualcosa che si è visto raramente su un campo da rugby. Si dice che la perfezione non esiste. Ma quei 40 minuti ci sono andati tremendamente vicino a sfatare questo mito. 37 punti della nuova stella Sacha Feinberg-Mngomezulu . E un’azione, attorno al 60° di gioco, manifesto di ciò che Rassie Erasmus ed il suo staff vogliono. Un rugby proiettato nel futuro. Avanti anni rispetto ad ogni altra squadra. Volontà di evitare il breakdown. One man ruck, offload, pick and go, ruck che durano 1 secondo e mezzo , difese avversarie sempre retrocedenti e che non riescono mai a rialimentare correttamente la linea. Impossibile difendere. L’attacco non gioca più davanti alla difesa. Nemmeno sulla difesa. Il focus è sul giocare oltre la difesa. Con arbitri chiamati a prestare attenzione massima al fuorigioco causati da queste ruck troppo dinamiche. Che hanno una condizione d’esistenza, il portatore che vince la collisione, e una conseguenza, l’attacco che legge la non-organizzazione difensiva per farti irrimediabilmente male. Si diceva che Tony Brown, guru neozelandese dell’attacco non fosse molto integrato all’inizio nel coaching staff sudafricano. Tempo al tempo. Ne è bastato poco. La macchina Springboks viaggia verso la perfezione, continuando ad accelerare e ad innovare mentre le altre nazionali vedono aumentare il divario pur accelerando a loro volta. Mica semplice… Autumn Nations Series I test-match di fine anno sono quelli più credibili per analizzare il momento attuale del rugby. Arrivano a fine stagione per le squadre dell’emisfero sud e a metà anno per le europee. Premessa. Fondamentale. I calendari, nel rugby, non sono uguali per tutti. Partiamo dall’emisfero sud. Tutto è più semplice. Anche perché le stagioni sono invertite. Da febbraio a giugno Super Rugby. Quindi club. Poi solo nazionale. Test-match estivi, Rugby Championship, Tour europeo. Stagione chiaramente divisa in 2. E’ un discorso che riguarda, ormai, solo Nuova Zelanda e Australia. Perché l’Argentina ha tutti i giocatori che militano in Europa, mentre il Sudafrica da anni si è spostato coi club da noi mantenendo, però, una piramide al vertice della quale c’è la nazionale per cui tutti, club compresi, lavorano. In Europa l’anno sportivo non va da gennaio a dicembre, bensì da agosto a luglio. Nei primi due mesi focus sui campionati, quindi club. Novembre dedicato alle nazionali coi test-match. Dicembre e gennaio campionati e coppe . Febbraio e marzo 6 Nazioni. Da aprile a giugno fine stagione per i club. Luglio test match nell’emisfero sud. Tutta questa premessa per spiegare che i test di novembre sono quindi l’unico punto di contatto e verifica credibile. La Coppa del mondo, poi, è un’altra storia. Ma intanto ci devi arrivare… Sudafrica: vittoria sulla Francia, con un uomo in meno, in quella che per i Bleus era la rivincita del quarto di finale dell’ultimo mondiale e francesi che hanno capito di essere ancora indietro. Vittoria a Dublino sull’Irlanda. Senza se e senza ma. Irlandesi rimandati anche loro. Capolavoro strategico contro gli Azzurri. Vittorie ampie, fin troppo, all’esordio e in chiusura contro Giappone e Galles. Inghilterra: sconfitta con l’Irlanda nella prima partita del 6 Nazioni poi 11 vittorie consecutive. Se c’è una squadra che può reggere fisicamente l’urto sudafricano è quella di Steve Borthwick. Che nel 2024 giocava bene e perdeva. E che adesso vince anche le partite che gioca male. . Aver battuto nuovamente gli All Blacks in casa è un qualcosa in più che da agli All Whites tanta fiducia verso il mondiale… Nuova Zelanda: come detto il nero si è un po’ ingrigito. Battuta l’Irlanda a Chicago. Battuti dall’Inghilterra a Twickenham. Sono sempre gli All Blacks. Sanno giocare a rugby. Una soluzione la trovano. Ma intanto non sono più il riferimento del rugby mondiale e devono inseguire. A sensazione non solo il Sudafrica. Da un lato è uno stimolo, una sfida. Dall’altro una situazione che innervosisce parecchio chi non può, non deve e non sa perdere. Francia: doveva battere il Sudafrica. Non averlo fatto ha reso negativa la finestra di novembre e reso un ricordo il 6 Nazioni conquistato solo 8 mesi prima. Nel 2026 Fabien Galthié ritroverà, però, Antoine Dupont. Tutto può cambiare. Perché è vero che il rugby è il gioco di squadra per eccellenza. Ma è altrettanto vero che Dupont è il miglior giocatore al mondo e che è imprescindibile. Irlanda: doveva battere Nuova Zelanda e/o Sudafrica. E invece nada. Sensazione che il periodo d’oro stia virando verso altri metalli meno nobili senza aver portato ciò che si voleva, leggasi titolo mondiale. Le competenze ci sono ancora. Servono nuovi interpreti. Il rischio è che serva tempo per farli maturare. E con loro tutta la squadra. Argentina: nel giorno giusto possono battere tutti. Felipe Contepomi, il Ct, lo ha spiegato bene. “Al prossimo mondiale non arriveremo da favoriti. Ma possiamo battere chiunque. E se per 7 partite saremo migliori dei nostri avversari allora…”. Vincono una partita persa in Scozia . Perdono con l’Inghilterra una partita che potevano, forse dovevano, ribaltare nell’ultima azione. Lunatici. Ma solidi. Ormai i Pumas sono una delle grandissime del rugby mondiale. Scozia: dovevano battere per la prima volta di sempre la Nuova Zelanda. Ancora una volta risultato solo sfiorato. Avevano già battuto l’Argentina, ma poi l’hanno persa. Due successi contro USA e Tonga dimostrano che sono anni luce avanti a chi sta dietro, che quelle davanti sono sempre più vicine, ma che quelle davanti, per un motivo o per l’altro, sono ancora davanti. Australia: i Wallabies hanno battuto solo il Giappone, 14-19, nel diluvio di Tokyo. Poi solo sconfitte. Contro Inghilterra, Italia , Irlanda e Francia. Anno massacrante fatto di 15 partite iniziate col tour dei Lions. La strada della risalita è quella giusta. Sono in crescita. Più nelle prestazioni che nei risultati. Hanno una coperta corta nella profondità della rosa. Soprattutto in mediana. In passato c’erano Gregan e Larkham, Genia e Cooper. Ora… non si sa. Il migliore resta James O’Connor che ha 37 anni e aveva detto addio alla nazionale. Carter Gordon è tornato al rugby a 15 dopo 2 anni in quello a 13 . Noah Lolesio e Tom Lynagh sono infortunati ma non sono top players, per dirla con Antonio Conte. Queste le aperture, fra i mediani di mischia la situazione è ancora peggiore. La mediana è la regia della squadra. Al mondiale casalingo mancano meno di due anni. Fate voi. Galles: una buona notizia. Il 2025 è finito. 11 partite, 9 sconfitte. L’ultima per 73-0 in casa contro il Sudafrica. Uniche due vittorie contro il Giappone. In estate, in trasferta, per interrompere una serie di 18 KO consecutivi. A novembre, in casa, oltre l’80°. La cattiva notizia? Il 2026 inizia con sempre gli stessi problemi. Certo, con un CT nuovo, Steve Tandy . Italia: il novembre Azzurro è stato fra i migliori, se non il migliore, di sempre. Vittoria sull’Australia a Udine in una partita in dubbio solo nel risultato ma mai nel controllo. Una delle più belle, convincenti, importanti vittorie della nostra storia. Gonzalo Quesada l’ha messa sullo stesso piano del trionfo in Galles del 2024. Anche lì sempre in controllo. Qua anche andando oltre una dubbia decisione arbitrale . Il nostro novembre era già positivo dopo quel match. A Torino abbiamo dato problemi, non pochi, al Sudafrica. Ma guai a parlare di occasione perduta. Quel Sudafrica, anche con la terza squadra, al momento vincerebbe contro tutti. A Genova dovevamo battere il Cile evitando brutte figure. Vinto. Non convinto. Ma negli annali resta il risultato, l’aver dato minuti a i meno utilizzati e l’aver fatto debuttare in nazionale maggiore due 19enni: Edoardo Todaro ed Enoch Opoku Gyamfi. Il prossimo passo? Fare quello che fa, ormai regolarmente, la Scozia. Contro squadre minori, anche senza i titolari, tariffe piene e senza sconti. Ci arriveremo. Secondo me anche presto. MONDIALE UNDER 20 Hanno vinto i Junior Springboks battendo in finale i Baby Blacks. Gira e rigira, nel pianeta rugby, sempre di quelle due nazionali si tratta. Male Francia, quarta dietro l’Argentina, e l’Inghilterra, che il mondiale l’ha perso nella finale anticipata, giocata nel girone, contro il Sudafrica. L’Italia di Roberto Santamaria ha chiuso al 7° posto. Miglior risultato di sempre. Ma si poteva fare di più. KO che sa, quella sì, di occasione persa con la Nuova Zelanda. Vittoria col brivido con l’Irlanda . Pareggio oltre l’80° contro la Georgia in una partita che dovevamo vincere e che avremmo meritato di perdere. Ma resta il 7° posto finale. E allora, bene così. COPPA DEL MONDO FEMMINILE Doveva essere una festa. Lo è stata. Ma solo per le Red Roses inglesi. Che il mondiale, in casa, potevano solo vincerlo. E lo hanno fatto. La squadra di John Mitchell non è perfetta. Anzi. Ma è talmente superiore a tutte le altre squadre che anche quei difetti, e sono tanti, bastano e avanzano. Arroganti, presuntose, poco simpatiche anche alle colleghe. Ma se brand come quello della Barbie o delle Spice Girls ti chiedono di diventare partner, beh forse te la puoi anche tirare. Bene, brave, speriamo non bis. Oltre alle Red Roses poco da segnalare. A livello organizzativo esistevano solo loro. Le altre 15 nazionali trattate come comparse. Semplicemente ignorate. Partite dai punteggi con troppo divario fino alle semifinali. Insomma, non il migliore degli spot per il rugby femminile. Diciamocela tutta. Per le Azzurre un disastro. Lo sanno, e lo ammettono, anche loro. Si puntava, sognando, alle semifinali. Obiettivo minimo, ma realistico, i quarti di finale per poi provarci. Invece out nella fase a gironi. Ripartire è possibile. Non sarà semplice. Soprattutto a livello di testa. E per chiudere, due appunti che mi ha lasciato il mondiale femminile. Perché devo botar ese gato, per dirla con l’ex Signora Piqué. Basta con le capigliature impresentabili in campo. E mi riferisco a Raquel Kochhann. Apertura brasiliana che è scesa in campo stile Super Saiyan di 15° livello. Basta. E’ mortificante per tutte le altre rugbiste al mondo. Basta con le danze stile Gam Gam Style. Basta anche se sei Ellie Kildunne e sei la miglior giocatrice al mondo. E’ mortificante per tutte le altre rugbiste al mondo . Basta coi balletti su Tik-Tok. Basta con il rugby che diventa mercanzia, scadente, sui social. Dico a te, Ilona Maher. 8 milioni di follower . Match inauguarale. Telecamere tutte per lei Che entra, balla, rossetto, trucco. Mancava solo un selfie col telefonino e poi eravamo a posto. Inizia la partita. Domanda. Ma placca? Ma due colpi li tira? Ma due passaggi li sa fare? Ma non capisce che le inglesi attaccano solo il suo canale e regolarmente la ridicolizzano? Oh, in quel frangente le Red Roses sono risultate simpatiche persino a me. Che non ho social…

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Moreno Molla