Come ogni martedì la rubrica di Massimo Marianella dedicata al mondo dell'NFL. L'ultimo weekend del football americano verrà ricordato per due sfide: Seattle-Houton e Tampa Bay-Carolina. Dove non contava solo il risultato del campo
Seattle, stato di Washington. Tampa, Florida. Due dei punti più lontani degli Stati Uniti. Una diagonale che a percorrerla in aereo ci vogliono più di 6 ore di volo, ma due punti che nell’ottava giornata della stagione NFL, in modo figurato riavvicinano un pochino l’America, l’aiutano forse anche a riflettere in un momento socialmente così difficile e rappresentano certo un passo in avanti. A Tampa e a Seattle si sono giocate 2 partite nelle quali entrambi i quarterback erano giocatori afroamericani.
Newton vs Winston e Wilson vs Watson
Non una situazione comune solo qualche anno fa, anzi. Già delle università lo sport americano ha sempre storicamente preferito sfruttare gli atleti neri per ruoli più fisici, di atletismo o di velocità, ma in cabina di regia raramente hanno avuto un’opportunità. L’elasticità, l’elevazione e i muscoli sono i punti di forza dell’atleta di colore. Per la cabina di regia più affidabile un bianco. Stereotipi sbagliati, assurdi, ma nei quali hanno creduto in troppi per lungo tempo. Bisogna tornare indietro al Superbowl XXII giocato il 31 gennaio 1988 al Jack Murphy Stadium di San Diego per trovare un QB nero che per la prima volta ha guidato una squadra a sollevare il Vince Lombardi Trophy. Doug Williams quella notte lanciò per 340 yards e 4 touchdown e i suoi Washington Redskins distrussero i Denver Broncos. Williams dopo l’anello e il titolo di MVP di quel Superbowl ha giocato solo altre 2 stagioni e non da protagonista, ma ha successivamente cercato di sfruttare quel momento magico, storico, per far capire che quello di non volere un atleta afroamericano in cabina di regia era un retaggio storico che bisognava superare. Lo ha fatto anche contribuendo a pubblicizzare all’inizio del nuovo millennio, come altri ex giocatori NFL di colore, la pubblicazione di un libro “Third and a Mile” (Terzo e un miglio) dove erano raccolte tante delle ingiustizie che nell’NFL gli atleti di colore hanno dovuto sopportare.
In passato le vittorie e le statistiche di Warren Moon e successivamente Donavan McNabb sembravano non bastare. Negli ultimi anni qualcosa per fortuna è cambiato e l’apertura anche agli afro americani al ruolo di QB la si deve forse anche all’evoluzione tecnico-tattica del gioco la cui nuova dinamica vuole un football più veloce e con quarteback cui sono richieste gambe oltre che braccio, ma l’importante è che adesso un’opportunità concreta ci sia. Vero nell’ultimo decennio ci sono state le delusioni dei vari Terrell Prior (oggi riconvertito ricevitore dai Redskins) JaMarcus Russell e Vince Young, ma hanno fallito loro tanto quanto i vari Johnny Manziel, i Brady Quinn, i Tim Tebow, i Ryan Leaf e i Tim Couch.
All’inizio di questa stagione sono 9, considerando anche il recupero possibile di Bridgewater, i QB neri titolari. Meno di un terzo di tutta la lega certo, ma un meraviglioso passo in avanti e l’ultima giornata ne è stato un bel poster a colori. Ah per la cronaca, a Seattle è stata una partita fantastica e i 2 quarteback hanno entrambi lanciato per più di 400 yards.
"Permettere i carcerati a gestire la prigione"
Hanno vinto i Seahawks all’ultimo secondo, ma per i Texans adesso i veri problemi sono nella gestione dello spogliatoio. In settimana molti avevano lasciato l’allenamento e il miglior ricevitore Deandre Hopkins non è mai tornato al campo dopo che il proprietario Bob McNair si è lasciato scappare la seguente frase riferita ai giocatori di colore che protestano durante l’inno nazionale “non possiamo permettere ai carcerati di gestire la prigione”! Si è scusato successivamente, ma i giocatori le hanno ritenute parole non sincere e si sentono offesi, indignati. Sono scesi in campo a Seattle, hanno dato tutto e sfiorato la vittoria, ma anche fatto sapere dopo la partita che non è finita qui con la proprietà. Il migliore di tutti in questo frangente ? Coach O’Brien, ovviamente a libro paga del proprietario, che ha annunciato che appoggerà ogni decisione dei suoi ragazzi perché ama e stima tutti i suoi giocatori. Di qualsiasi colore.