A Detroit il leone ha finalmente alzato la testa

D come Dominance! Nella NFL oggi è però D come Detroit!. Hanno lo stesso significato. Da barzelletta della Lega a essere concretamente favoriti per il prossimo Super Bowl di New Orleans. Una storia affascinante dello sport americano, esaltante nella sua esplosione agonistica e travolgente nella spettacolarità nell’ultimo biennio. Non è stato sempre così però. I Lions sono una delle franchigie più antiche della storia di questo sport ma, nell’era moderna anche una delle meno vincenti. Anzi con Cleveland, Houston e Jacksonville una delle sole 4 a non averlo neanche mai giocato il SB. Fondata nel 1928 col nome di Spartans a Portsmouth in Ohio, la franchigia nel 1930 è entrata nella National Football League agli albori e quattro anni dopo si spostarono a Detroit assumendo la denominazione attuale. Se fate quattro passi nella Hall Of Fame o anche solo nel museo volante che viene allestito nella Fan Experience al Super Bowl, di cimeli importanti legali alla storia dei Lions ne trovate tanti compresi quelli dei 4 titoli nazionali , 4 di Conference e 5 Divisionali. Ricordi belli, ma impolverati. Da allora solo delusioni, umiliazioni e un paio di grandi campioni che hanno sacrificato la loro carriera per un team cronicamente perdente. Barry Sanders e Calvin Johnson sono stati rispettivamente un running back e un ricevitore assolutamente fenomenali, esaltanti, oggi meritamente nella Hall of Fame. Ma anche desolatamente senza anello. Dal 1963 ad oggi in più di 60 anni di football solo 18 stagioni con un record positivo, tante sconfitte e… la stagione del 2008. Zero vittorie! Record di fine campionato 0-16. Zero. Un’impresa alla rovescia riuscita nella storia a 5 squadre solamente. Prima dei Lions i Dallas Cowboys negli anni 60, Tampa Bay Buccaneers all’esordio nel 1976, i Baltimore Colts dell’82 e, dopo di loro, i Cleveland Browns nel 2017. Solo sconfitte! L’umiliazione più grande, che va oltre la sfortuna e l’incapacità. Detroit è per antonomasia una città “blue collar”, di lavoratori, delle fabbriche, dei sindacati. Delle rivolte razziali. Quella che sportivamente, a cavallo del millennio, ha gioito per i trionfi dei suoi Red Wings di hockey e dei Pistons sottocanestro. Quella che si è vergognata dei suoi leoni sdentati. Vergognata, ma non li ha mai abbandonati. È tornata a sperare con la difesa solida dell’era Jim Schwarzer che si aggrappava ai muscoli di Ndamukong Suh. Si è esaltata col braccio potente di Matthew Stafford che li ha anche riportati ai playoffs, ma ha anche sofferto proprio perché Stafford, per provare a vincere dopo 11 a Detroit, se ne è andato a Los Angeles e con i Rams l’anello se l’è messo al dito al primo tentativo nel 2021. Un anno chiave però anche per i Lions, l’anno in cui in panchina è arrivato Dan Campbell. Grande, grosso, entusiasta, carico d’energia, giovane capo allenatore con solo qualche esperienza nel ruolo ‘ad interim’ a Miami qualche anno prima. I Dolphins non lo avevano tenuto, lui ha trovato lavoro a New Orleans come assistente di Sean Payton ai Saints e, per qualche stagione, ha studiato a una cattedra importante. Dopo le ennesime 3 annate perdenti i Lions lo hanno chiamato per sfruttare la sua grinta, perché da giocatore per 3 anni aveva vestito anche la maglia dei Lions e perché… non c’era esattamente la fila per allenarli. Il primo campionato da 3 vittorie non faceva davvero prevedere a nessuno quello che sarebbe accaduto con la palla ovale nella Motown. Ma Brad Holmes, che una settimana dopo essersi insediato a quello che oggi si chiama Ford Field aveva messo sotto contratto tra lo scetticismo Campbell, aveva invece avuto l’illuminazione giusta. Con grinta, sorrisi e un football aggressivo l’ex TE di Giants, Cowboys e Lions con 11 TD in 10 anni di carriera, ha trasformato la storia recente e forse non soltanto della franchigia. Con lui i Lions sono tornati a ruggire. Secondo anno 9 vittorie con record positivo e quello passato fermati in trasferta dai San Francisco 49ers ad un passo da Super Bowl in un Championship perso per sfortuna e sfrontatezza. Apparentemente però anche senza rimpianti e, proprio per essere rimasto fedele alle sue idee, Campbell ha ripreso in questa stagione a testa alta e con rinnovate ambizioni. Con lui Jared Goff, che ai Rams aveva deluso, ha quantificato il suo potenziale e a sua disposizione ha oggi tante armi offensive. Uno dei migliori tight end della Lega in Sam LaPorta, un trio di ricevitori d’eccellenza , con 2 imprendibili running backs . Come dice però lo stesso Campbell, il segreto è un altro: “Con una linea offensiva così io posso chiamare qualsiasi gioco”. Vero sono dominanti e hanno il loro leader e punta di diamante nel tackle di destra Penei Sewell. Per la prima volta in 90 anni i Detroit Lions hanno iniziato questa stagione con 9 vittorie nelle prime 10, tre di questi successi con un margine di 38 punti e in 4 partite Goff ha lanciato più TD pass che incompleti, statistica che rende i Lions la prima squadra ad averlo fatto dal 1933. Oggi anche per i bookmakers Detroit è la favorita per arrivare al Super Bowl, Campbell per vincere il premio di Head Coach NFL dell’anno e Goff tra i top 3 per quello di MVP. In una pubblicità televisiva per la catena di ristoranti Applebee’s Campbell si avvicina in qualità di cameriere ad un tavolo per prendere l’ordine con la cuffia da head coach in testa e la lavagnetta dei giochi a coprire la bocca e ai giovani che scelgono dal menù intima “non fatevi sentire, potrebbero rubarvi l’ordine!” Farà bene a farlo anche lui affinché nessuno nella NFL scopra i suoi segreti e i suoi Lions, continuando ad interpretare il suo football offensivo, dove si gioca quasi sempre anche il quarto down, possano davvero arrivare a New Orleans per giocare il 59° Super Bowl.

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A Detroit il leone ha finalmente alzato la testa

Massimo Marianella