Cosa ci ha insegnato Alex Liddi: la storia del primo italiano ad aver mai giocato in Mlb

Sanremo: il Festival della canzone italiana, i fiori, il Casinò, via Roma, quel lungo stradone su cui nessuno più riusciva a seguire Costante Girardengo, sei volte vincitore della Classicissima di primavera, ogni anno fonte battesimale della stagione ciclistica classica. Per ospitare poco più di cinquantamila anime sulle coste della riviera ligure, a pochi chilometri dal confine con la Francia, Sanremo gioca nell’immaginario collettivo del popolo italiano un ruolo molto più grande di quello che si possa pensare, tanto da diventare una metonimia nel linguaggio comune, il luogo al posto dell’evento. Non poteva partire che da qui, da Sanremo, una storia all’apparenza più grande di quello che una città della riviera ligure possa offrire, ma in realtà straordinariamente reale come quella di Alex Liddi, il primo giocatore nato e cresciuto in Italia a debuttare in Major League Baseball. Alex nasce il 14 agosto del 1988, secondogenito di Agostino e Flavia. Papà Agostino, figlio di sarti che lasciarono l’Italia al termine della Seconda Guerra Mondiale per andare a lavorare negli Stati Uniti, cresce giocando a baseball a Beverly Hills, ma una volta diplomatosi sceglie di tornare in Italia e qui conosce la sua futura moglie Flavia, giocatrice di softball. Per Alex il baseball è questione di respiro, ancor prima della nascita: fino al terzo mese di gravidanza, infatti, Flavia gira per i diamanti giocando a softball senza risparmiare grinta e scivolate, pronta a tornare sui campi subito dopo il parto nella calda estate ligure. I primi ricordi dell’Alex bambino sono legati al baseball, quando entra in campo al termine delle partite del padre a Sanremo per fare due lanci con lui e, soprattutto, imitare il giro di mazza dei professionisti. “Aveva sempre qualcosa in mano da sventolare come se fosse una mazza da baseball. – racconta mamma Flavia – A tavola utilizzava le posate, davanti lo specchio alla mattina si metteva in posa e imitava i campioni. Quando era piccolo lo portavo in trasferta insieme a me e le ragazze della squadra lo avevano adottato. Un giorno, durante una sosta in autostrada, gli comprarono un ghiacciolo e lui lo sventolò come se fosse una mazza da baseball, facendolo schizzare via e sfiorando una signora tutta impellicciata che si trovava a poca distanza”. Il piccolo Alex è, in tutto per tutto, un professionista in miniatura. I piccoli campi della Liguria non sono differenti dallo Yankee Stadium di New York, Dodgers Stadium di Los Angeles o Fenway Park di Boston; un turno di battuta nelle categorie giovanili equivale a quello decisivo di una partita di World Series. Ma quando quei diamanti si fanno troppo stretti per un ragazzino del suo livello per la prima volta la carriera di Alex lascia Sanremo. La prima tappa è Grosseto: nella città maremmana, su spinta del visionario Marco Mazzieri, che avrà sempre un ruolo decisivo nella carriera di Alex, Liddi approda a quindici anni per giocare nella seconda serie del baseball italiano. Il sogno di Alex è però quello di fare un’esperienza negli Stati Uniti per cercare l’impresa di diventare professionista in casa degli inventori del gioco. Una prima occasione, su consiglio di Mazzieri, arriva nel 2004, a neppure sedici anni, con i Baltimore Orioles, ma la proposta seria che cambia per sempre la sua vita giunge un anno più tardi grazie ai Seattle Mariners. Valigie pronte, destinazione USA. “Un’esperienza che ricordo con sorriso nelle Leghe minori dell’organizzazione dei Mariners – racconta Alex – fu ad Appleton, nel Wisconsin, nella squadra di Singolo A . Avevo appena compiuto 18 anni e dividevo la casa con alcuni compagni di squadra, dormendo su materassi ad aria messi sul pavimento e ci spostavamo con un’automobile senza assicurazione. Io all’epoca non avevo nemmeno la patente”. Il sogno del baseball, nelle città di periferia degli Stati Uniti, si incrocia con un’esperienza di vita. La differenza nell’affrontare una scalata così ardua per raggiungere la tanto agognata chiamata in prima squadra la fa la testa, la capacità di vivere con serenità ogni momento. Sono centinaia i giocatori sotto contratto con una franchigia di Major League, solo 26 alla volta quelli che si prendono le luci della prima squadra e giocano in MLB: arrivare fino a lì è una strada lunga e lastricata di trappole. Ad alcuni talenti scintillanti bastano pochi mesi, ad altri occorrono anni e moltissimi, invece, non arrivano mai. “Non ho mai vissuto i miei anni in Minor League come se fossero dei sacrifici. – dice Alex – Credo che nel giocare a baseball, creare relazioni con i compagni di squadra, ci possa essere spazio solo per il sorriso. Chi crede di fare dei sacrifici non è realmente appassionato”. “In quegli stessi anni – aggiunge mamma Flavia – insieme ad Alex nelle squadre minori di Seattle c’era un giocatore, Carlos Triunfel, due anni più giovane di lui che giocava nelle stesse posizioni di campo . I giornali parlavano in continuazione di lui, ogni giorno, sembrava dovesse diventare lui il futuro volto della squadra, ma nonostante lo straordinario talento si è poi perso. A quell’età la testa e la dedizione contano più di qualsiasi altra cosa”. La svolta della carriera di Alex arriva nel 2009. A marzo disputa il primo di tre World Baseball Classic della sua carriera con la Nazionale italiana, fortemente voluto da Mazzieri, diventato nel frattempo allenatore della Nazionale maggiore, che si affida a lui nella storica vittoria a Toronto contro il Canada, partita nella quale Liddi regala al grande pubblico la prima immagine della sua carriera con una splendida giocata difensiva e gli varrà il posto da titolare anche nel successivo match contro il Venezuela. Sulla scia dell’esperienza internazionale Liddi effettua il decisivo cambio di passo anche nelle sue prestazioni in Minor League, continuando la scalata verso il successo e venendo selezionato con il ‘resto del mondo’ per due edizioni di fila nel fine settimana dell’All-Star Game, nella partita che mette in mostra i migliori giovani talenti. Il sostegno della famiglia per Alex non manca mai: “Ogni anno, almeno una volta all’anno, andavamo negli Stati Uniti per vederlo giocare, ma ci sentivamo ogni giorno al telefono – dice Flavia – e la domanda che gli facevo ogni volta era: ‘Ti diverti?’. Ha passato momenti non semplici in Minor League, ma non ha mai perso il sorriso e la passione. Noi non l’abbiamo mai spinto a diventare un giocatore di baseball, ma fin da piccolo si capiva che aveva quella voglia dentro di sé”. Dopo aver dimostrato tanto nella preparazione prestagionale del 2011 e, nello stesso anno, aver battuto 30 fuoricampo a Tacoma, pochissimi chilometri a sud di Seattle e località della squadra di Triplo A dei Mariners, il 7 settembre del 2011 ad Alex giunge la meritata chiamata. Dopo 697 partite nelle leghe minori in sette anni, è arrivato il suo momento: giocherà in Major League. In trasferta ad Anaheim, fuori Los Angeles, per la prima volta scende in campo un giocatore nato e cresciuto in Italia. “Sul momento non capisci l’importanza di essere il primo italiano, – ricorda Alex – per anni ho ‘combattuto’ con altre persone con i miei stessi sogni, ma non mi sentivo speciale per essere italiano. Con il tempo realizzi e capisci di aver fatto qualcosa di diverso, ma al momento ti relazioni solo con coloro che sono lì”. Due giorni dopo è il turno del debutto casalingo, al Safeco Field di Seattle. Arriva una vittoria per 7-3 contro i Kansas City Royals, ininfluente ai fini di una classifica avida di successi per entrambe le squadre, ma soprattutto arriva la prima valida della carriera di Alex: un doppio a sinistra, poco più tardi trasformato in punto grazie al singolo di una leggenda come Ichiro Suzuki che manda a segno l’azzurro. Presenti sugli spalti, ovviamente, i genitori: “Ero impassibile quando ha battuto la prima valida in MLB perché sapevo sarebbe successo e in quel momento l’osservavo come allenatore. – racconta Flavia – Ovviamente c’era tanta emozione, ma ero certa che sarebbe riuscito ad arrivare, perché era la sua strada e aveva tutte le carte in regola. In quella partita io e Agostino fummo intervistati dalla televisione locale e con la reporter concordammo una gag in italiano”. Nei giorni successivi è la volta del primo fuoricampo, contro Cleveland, il primo di tre battuti in quindici partite giocate prima della fine del campionato. Se deve pensare al momento più bello della sua carriera in Major League, però, Liddi non ha dubbi: “Il grande slam battuto l’anno successivo contro i Texas Rangers. Loro erano la squadra più forte del momento, venivano da due World Series giocate, e in quell’occasione diedero una base intenzionale al compagno prima di me per affrontarmi. Quel grande slam fu un’enorme soddisfazione”. Una volta raggiunto l’apice arrivano, purtroppo, anche le difficoltà. Dopo un saliscendi tra prima squadra e Triplo A, nel giugno del 2013 il rapporto tra Alex e Seattle termina con un totale di 61 partite giocate in MLB. Si rifanno vivi i Baltimore Orioles, la franchigia con cui avrebbe potuto iniziare tutto quasi dieci anni prima, che lo mettono sotto contratto, poi i Chicago White Sox , i Los Angeles Dodgers, i Kansas City Royals e di nuovo gli Orioles. Tante avventure negli anni successivi nelle leghe minori senza però tornare in MLB. Nel 2016, a quasi ventotto anni, Liddi sceglie di salutare gli Stati Uniti e andare a giocare in Messico: “Dopo due anni di Minor League mi ero stancato del sistema e in quel momento non ho avuto la pazienza di rimanere lì. Avevo ancora delle offerte ma ho deciso di tentare una nuova strada, senza rimpianti. Sono stati tanti anni di successo in Messico, credo che le cose succedano per un motivo”. Ritenterà, con l’organizzazione dei Kansas City Royals, nel 2018, senza però tornare a giocare in MLB. In Messico, con i Venados de Mazatlan, nel 2016 vince la Serie del Caribe, un torneo annuale che racchiude le vincitrici di tutti i campionati invernali giocati nei Caraibi e nell’America Latina, estremamente sentito a quelle latitudini. Nel 2019 sceglie di lanciarsi verso un’avventura a Taiwan, sulla scia delle esperienze asiatiche in Giappone e Corea del Sud dell’amico di una vita Alessandro Maestri, ma la barriera linguistica e culturale con i compagni di squadra è troppo alta per permettergli di ambientarsi e sceglie di tornare in Messico. Nel frattempo, si allarga la famiglia, nascono le due figlie e gli orizzonti di Alex si ampliano. Prima del ritiro, avvenuto lo scorso fine settimana, c’è tempo per un’ultima esperienza a conclusione del cerchio di una lunga carriera, quella in Italia, da dove tutto era partito ma dove non mai aveva giocato in massima serie. Lo fa a Parma, nei playoff del 2023 prima e in quelli del 2024 poi, questi ultimi conclusisi con l’undicesimo scudetto dei parmigiani, il primo dal 2010. Negli Emirati Arabi Uniti, infine, la tappa conclusiva della carriera da giramondo di Alex Liddi, in un torneo sperimentale che punta a portare il baseball anche in Medio Oriente. “Erano un paio di anni che mi stava pesando il fatto di rimanere lontano dalla mia famiglia e questo si è riflesso anche in campo. Facevo fatica a giocare e non me la sentivo di continuare così, sono certo di aver preso la decisione giusta”, dice Liddi con voce calma e rilassata di chi sa di aver fatto la scelta giusta al momento giusto. “I ricordi più belli da giocatore di baseball, specie per me che ho giocato tanto all’estero, sono quelli legati alla Nazionale e alle amicizie che si sono create all’interno”. Il futuro non può che essere nel mondo del baseball: “Non mi immagino una vita lontano dai campi, magari non come allenatore, ma mi piacerebbe aiutare i giovani giocatori”. Un’esperienza singolare nel mondo del baseball Liddi l’ha già fatta, nel 2021, quando è stato voce tecnica della Major League Baseball su Sky Sport: “Un’esperienza bellissima che sono sempre stato interessato a fare e grazie a voi ne ho avuto la possibilità. Se volete sono sempre a disposizione, devo solamente migliorare il mio lessico ”. Una carriera di amore e dedizione verso uno sport a cui ha dato tanto e da cui ha ricevuto tanto, senza mai perdere il sorriso e facendosi ben volere da tutti, con un talento e una testa non comuni. La storia di Alex Liddi è di forte ispirazione per tanti ragazzi dello stivale, come il veronese Samuel Aldegheri che, nello scorso mese di settembre, è diventato il secondo giocatore nato e cresciuto in Italia, ma soprattutto primo lanciatore, a debuttare in Major League Baseball. Ad Alex ogni appassionato di baseball in Italia deve qualcosa, ciascuno ha un ricordo personale che lo lega a lui: le partite in Minor League, la notte in cui restammo svegli per vedere il suo esordio in MLB, la prima valida, il primo fuoricampo, il doppio contro il Messico nella storica rimonta del nono inning al World Baseball Classic del 2017 o altre piccole, grandi, immagini. La verità, in fondo, è che ad Alex dobbiamo semplicemente dire grazie per aver forgiato parte del nostro intimo amore verso questo gioco.

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