La storia di René Lacoste, il moschettiere che inventò il coccodrillo

Prima di diventare un nome che fa venire in mente un coccodrillo, René Lacoste era accompagnato da un'altra etichetta. 'Moschettiere', così lo chiamavano i pionieri del tennis, era anzi uno dei Quatre Mousquetaires, le quattro stelle che la Francia si vide offrire dal cielo per vincere sei volte di fila la Coppa Davis in otto finali fra 1925 e 1932, oltre a 18 titoli dello Slam nello stesso periodo, l'età in cui era grande Bill Tilden. Quattro li portò Jean Borotra, talento atletico, natura istrionica, qualche tuffo rivisto nel tempo con Boris Becker e molti trucchi usati per irritare gli avversari, tipo sdrucire di proposito le scarpe di corda per chiedere di andare a cambiarle e rifiatare. Il precursore della pausa in bagno. Sette titoli portò Henri Cochet, capace di giocare secondo i sacri testi di Gianni Clerici "un tennis fin qui sconosciuto". Era l'ispirazione fatta carne, fino a vent'anni aveva lavorato in una fabbrica di seta di Lione, e di seta era fatto il suo gioco. Altrettanti, sette Slam, aveva portato Lacoste, l'esatto contrario di Cochet, in campo e fuori, mentre mai eccelse in singolare il quarto, Jacques Brugnon, eccellente doppista, al punto da essere scelto come compagno per il misto dalla divina Suzanne Lenglen. Brugnon al suo fianco si sentiva piccino, in imbarazzo, una volta si spinse a dire "J'etais dans mes petites souliers", intendeva dire che nella coppia si sentiva lui la donna, chissà perché sottintendendo che alla donna toccasse il ruolo della più debole fra i due. Fra il '24 e il '29 le semifinali di Wimbledon sono state giocate solo da loro, i Moschettieri, a eccezione di una sola, mancata proprio da Toto Brugnon per due match-point mancati che sicuramente Suzanne Lenglen non avrebbe mancato di trasformare. Renè Lacoste era il più giovane tra loro, sarebbe stato anche l'ultimo a morire, il 12 ottobre del '96. Quando Tilden uscì dal campo per la prima volta contro di lui, disse che "sembra di giocare contro una macchina". In effetti di macchine Lacoste era pratico, la sua famiglia era proprietaria delle officine Hispano Suiza, e crescere in mezzo a tanto ferro dinamico lo aveva indotto a brevettare la prima infernale lanciapalle della storia. Se Cochet anticipava i colpi di controbalzo per rivolgere contro l'avversario la potenza del suo servizio, Lacoste amava giocare un tennis senza fuochi artificiali né stelle filanti, era un gioco di respinte e di rimbalzi, avaro ma infallibile. Dovette interrompere molto giovane la carriera per problemi polmonari che mai lo avrebbero abbandonato, cominciando a mettere i suoi studi di meccanica al servizio dello sport tanto amato. Una delle racchette di Jimmy Connors, la T2000, era una sua invenzione, come sua era stata l'invenzione della maglietta a maniche corte, una autentica stravaganza cent'anni fa. Fu la necessità a far nascere le Lacoste da René Lacoste. Quando immaginò questo tessuto di cotone a nido d'ape, con le maniche corte e il collo morbido non stava pensando a come far soldi, era ricco di famiglia, voleva solo poter giocare a tennis con meno fastidio nei giorni più caldi. I suoi lo avevano mandato a studiare in Gran Bretagna, la notevole disponibilità economica gli consentì di avere al ritorno i migliori allenatori del tempo. Eppure si considerava il più fragile dei Quattro Moschettieri per la sua salute precaria, che lo costrinse a girare sempre ricoperto di lana fino alla fine, quale beffardo contrappasso per chi aveva pensato un capo d'abbigliamento così leggero. Il coccodrillo sulla maglietta venne naturale. La stampa americana lo chiamava così per quella sua tenacia tanto distante dall'indole degli interpreti più classici. Era un coccodrillo perché non mollava la preda. Il primo glielo disegnò il suo amico Robert George e aprì la stagione dei campioni stilisti, i campioni che sarebbero diventati un marchio. Subito dopo di lui sarebbe venuto Fred Perry, nove Slam, abilissimo giocatore anche di tennis tavolo. La sua frase preferita sembra uscita da un manuale contemporaneo di strategie motivazionali: “Per fortuna oggi non devo giocare contro di me”. Lacoste sarebbe stato il suo modello, per la linea di polo che porta il suo nome, con una corona d'alloro sulla sinistra del petto. La differenza è che Lacoste aveva inizialmente ricamato il coccodrillo sul tessuto, anziché cucirlo com’è poi stato in seguito. Quel coccodrillo che avrebbe spinto l’azienda in tribunale in Cina contro la Crocodile per la tutela del marchio. Finì con un compromesso sulle dimensioni e l’orientamento della coda. Mezzo secolo dopo i Moschettieri, mezzo secolo dopo il coccodrillo e l’alloro, dagli Stati Uniti sarebbe invece venuto fuori anni Stan Smith, l'uomo che diventò una scarpa.