Come brilla Coco Gauff, la giovane "vecchia" maestra che trionfa alle Wta Finals

Il tempo è un frullatore che adatta la propria velocità al talento e ai risultati. A 20 anni, la 'maestra' Coco Gauff, fresca di titolo alle WTA Finals di Riyadh, è già 'vecchia'. Non anagraficamente, questo è chiaro. Piuttosto per palmares, per esperienza nel circuito WTA, per voce autorevole nella propria freschezza e per idee che non ha mai avuto paura di esprimere. Non tutte le età corrispondono perfettamente alla fredda cifra. E, generalmente, nel tennis per capire quanto conta l’anagrafe è necessario stabilire un legame direttamente proporzionale ai trofei vinti. Chiamiamolo con un termine matematico: differenziale 'età-trofei'. La vittoria in Arabia Saudita è la conferma, in termini di albo d’oro, che Gauff è destinata a una carriera da “hall of fame”. Nata a marzo 2004, la statunitense vanta già otto titoli su nove finali giocate, uno Slam vinto sconfiggendo in finale l’attuale numero 1 al mondo Aryna Sabalenka, due WTA 1000 in carriera. Se Coco fosse stata una 'semplice' ventenne, già si sarebbe parlato di un palmares da prodigio generazionale. Invece, nulla invecchia una atleta come le aspettative. Ancora di più se grandi, grandissime. Enormi. Titaniche fin dagli ottavi di finale raggiunti da Gauff a Wimbledon 2019 ad appena 15 anni, piegata dalla futura campionessa Simona Halep, dopo aver sconfitto al primo turno Venus Williams, in una sfida inevitabilmente da passaggio di consegne – per quanto il concetto possa essere cliché. Venus, Serena e Coco: una triade che attraversa tre decenni, accomunata dalla necessità di rappresentare un mondo – quello afro-americano al femminile – al tempo stesso cercando di non tradire se stesse. E, nel caso di Gauff, cercando anche di non tradire la propria età. Tre decenni, un mondo che cambia: Venus e Serena cambiarono il tennis WTA, non soltanto per la loro rivalità che riusciva a essere terribilmente competitiva nonostante il legame di sangue. Coco ha avuto e avrà ancora per molto davanti a sé la sfida di raccogliere il testimone e di cambiare il mondo anche sfruttando uno strumento che, durante la loro carriera, le sorelle Williams hanno avuto la possibilità di sfruttare soltanto marginalmente, quasi da influencer per caso, che non per scelta: i social. Quattro anni fa, nelle settimane in cui 'Black Lives Matter' era una presa di posizione di umanità più che di politica, una Coco Gauff appena 16enne riempì le piazze di Delray Beach, sfidando il Covid-19 e la pancia di una società apatica. “Penso sia triste che sono qui a protestare per gli stessi motivi per i quali mia nonna protestava. Ognuno di noi deve usare la propria voce, non importa se sfruttando una piattaforma piccola o grande. Chi sceglie il silenzio si schiera con chi opprime le persone”. Parole enormi di una ragazza minuscola soltanto anagraficamente, ma mastodontica per statura morale. Eppure, la riflessione che sorge, spontanea e sottile, è quasi amara: chi ha rinunciato in anticipo alla propria età per ricoprire un ruolo di responsabilità nei confronti di un tennis sempre più vorticoso e imprevedibile al femminile, automaticamente rinuncia anche al diritto all’immaturità, inteso come il diritto di crescere con i propri tempi, di imparare, di sbagliare. Anche di arrabbiarsi un po’, con la coscienza offesa. Nell’unica finale persa, al Roland Garros 2022, contro Swiatek, Gauff non è riuscita a trattenere le lacrime, copiose, infantili, in fondo tenere. Aveva 18 anni compiuti da due mesi e il confronto con Iga, in realtà soltanto tre anni più grande di lei, sembrava quasi impietoso, come se la polacca avesse un miglior differenziale di “età-trofei” tale da darle il diritto a esprimere le proprie emozioni con più vigore. Nastro mandato in avanti di due anni e prima che cominciasse la trasferta asiatica, il 2024 di Gauff era stato normale: un titolo WTA 250, due semifinali Slam, agli Australian Open e al Roland Garros, poco più. Eppure proprio questi numeri spiegano alla perfezione quanto sia brutale il differenziale “età-trofei”. Se Coco fosse stata al primo anno nel circuito WTA, si sarebbe parlato di lei come di una predestinata ad anni di dominio. E invece, se il punto di partenza è già in vetta, a non trovare il modo per andare oltre, si rimane comunque incompiuti. Sconfitta a Melbourne da Sabalenka, sconfitta a Parigi da Swiatek: Coco la ventenne, ancora una volta dietro a Iga e Aryna, il duopolio di un tennis femminile che trova stabilità soltanto con loro, dimenticandosi convenientemente che la polacca e la bielorussa sono rispettivamente una classe 2001 e una classe 1998. Le basi per l’evoluzione da duopolio a triumvirato sono state gettate proprio a Riyadh: vittoria su Swiatek nei gironi, vittoria sulla numero 1 al mondo di fine anno Sabalenka in semifinale, differenziale “età-trofei” tarato in meglio almeno per un po’. “So che tendo a concentrarmi soltanto su chi non crede in me. Ci sono persone che sono un po’ cattive, quindi sono contenta se riesco a silenziarle per un po’”. E qui il differenziale è cambiato di nuovo. Ma a 20 anni, chi è generazione social forse ha il diritto di abbandonarsi a un po’ di sana polemica lunga più o meno 140 caratteri.

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