Coppa Davis, tra Italia e Argentina c'è di mezzo anche la scaramanzia

Velocità di piedi, ordine tattico, dritto, schemi collaudati: vale a dire Sebastian Baez, Francisco Cerundolo, Tomas Martín Etcheverry, Maximo Gonzalez e Andres Molteni. Guidata da capitan Guillermo Coria, uno che, se visto di fianco a Nadal, manda indietro l’orologio di 20 anni, cristallizzando il Foro Italico in un eterno presente e spostando il centro del mondo sul Pietrangeli, l’Argentina che cerca l’impresa contro l’Italia in Coppa Davis è una squadra fragile, ma forte. Fragile perché, tra le otto qualificate per le Final Eight di Malaga, nessuno meno di Baez e compagni è a proprio agio sul veloce campo Centrale del Palacio de Deportes José María Martín Carpena. Forte perché legata alla propria storia e alle proprie suggestioni, con il ricordo ancora vivo di quella prima dolce 'Insalatiera' alzata al cielo otto anni fa, in Croazia contro la Croazia, grazie al capolavoro tutto cuore di un Juan Martín Del Potro che manca tanto, tantissimo, a un gruppo così. Non è Del Potro, ma chiudendo gli occhi e ascoltando soltanto il suono che esce dalla racchetta, con la pallina che si arrota soprattutto sul lato del dritto, l’immaginazione viaggia fino ad Etcheverry, singolarista 'di riserva' per l’Argentina, ma possibile sorpresa last minute pensando a quanto bene aveva chiuso la stagione regolare a Parigi-Bercy contro Dimitrov. Un quarto di finale Slam, al Roland Garros 2023, sconfitto da uno Zverev che aveva un credito da riscuotere sul Philippe Chatrier, un best ranking da numero 27 ATP e un bilancio, non esattamente da ricordare, di zero finali vinte su tre: numeri che certificano una straordinaria normalità, che teoricamente non dovrebbe spaventare l’Italia. Poi, però, subentra la scaramanzia. Etcheverry è l’ultimo ad aver vinto un set contro Jannik Sinner, nel match di terzo turno al Masters 1000 di Shanghai quasi due mesi fa. In quell’occasione l’argentino giocò una partita praticamente perfetta per intensità e per qualità, sorprendendo per un set e mezzo un Sinner un po’ impreciso e costringendo Vagnozzi a intervenire dalla panchina per 'suggerire' a Jannik le giuste contromisure mentali prima che tattiche. “È il numero 25 del mondo, ogni tanto prenderà anche le righe”, gli aveva detto coach Simone. Jannik aveva poi chiuso la partita con il punteggio di 6-7, 6-4, 6-2 in poco meno di tre ore di gioco. Nell’eventualità, al momento abbastanza improbabile, in cui capitan Coria decida di stravolgere tutto e assegnare a Etcheverry la responsabilità di scendere in campo da numero 2 d’Argentina, sarà uno tra Musetti e Berrettini – più Lorenzo che Matteo – a doverne disinnescare il dritto. Entrambe le sfide sarebbero inedite. Tutt’altro che inediti, invece, sono gli incroci tra Cerundolo e i singolaristi italiani. Poliedrico nel tennis, nel senso che senza avere fondamentali che rubano applausi, non ha particolari punti deboli, e poliedrico nel ruolo che può o non può assumere contro l’Italia, il nome di Francisco Cerundolo non evoca ricordi piacevoli né a Sinner, né a Musetti. Con Jannik i precedenti sono in perfetta parità, con le due vittorie dell’argentino entrambe particolarmente brucianti. Nei quarti di finale a Miami, nel 2022, Sinner fu costretto al ritiro dopo soltanto cinque game per un problema di vesciche. Un anno dopo, invece, a Roma nel 2023, Cerundolo sgambettò il padrone di casa agli ottavi di finale. Equilibrato, ma soltanto nei numeri, anche lo storico con Musetti. Tra le due sfide, infatti, maggiore è l’importanza da dare alla finale di Umago vinta dall’argentino quattro mesi fa nonostante Lorenzo avesse servito per il titolo sul 5-4 nel terzo set. E per chi crede nella scaramanzia, occhio anche a non vedere con ottimismo la sfida vinta da Berrettini a Monte-Carlo nel 2023. Durante quella partita l’italiano si procurò uno tra i tanti, troppi infortuni agli addominali che gli rovinano la carriera da sempre. Risultato? Tre mesi di stop e stagione sulla terra rossa saltata, ancora una volta. Dal numero 1 per pre-tattica al numero 1 per ranking. Dopo Sinner e Alcaraz, per titoli ATP vinti da nati negli anni 2000 spunta il nome di Sebastian Baez: 6 trofei a 23 anni, uno in più di Auger-Aliassime, due in più di Rune, tre in più di Fils. Un paradosso figlio di un estremo numerologico, ma sotto il quale si nasconde una mezza verità: Baez è molto di più di un semplice specialista sulla terra rossa. Per dire, l’argentino ha vinto un titolo anche sul cemento, a Winston Salem nel 2023 sconfiggendo uno che invece è considerato specialista sul duro, come Lehecka. E poi, non si raggiunge un best ranking da numero 18 ATP soltanto performando sulla singola superficie. Paragonato spesso a Schwartzman soltanto per la statura, Baez ha piedi altrettanto veloci, ma un dritto più incisivo e un servizio con il quale riesce a trovare un inaspettato numero di variazioni tattiche. Che sia troppo poco per impensierire Sinner? I precedenti dicono 2-0 per il numero 1 al mondo, ma sottovalutare l’energia che arriva dalla Coppa Davis è un errore che non appartiene a Jannik. Se poi l’Argentina dovesse riuscire a resistere sull’1-1 dopo i due match di singolare, ci sarà da disinnescare la chimica tra Maximo Gonzalez e Andres Molteni. 77 anni in due, otto titoli ATP insieme, tra cui spicca il Masters 1000 di Cincinnati nel 2023, un’alchimia nata per amor patrio e proseguita grazie ai risultati: Gonzalez in particolare conosce bene Simone Bolelli, con il quale ha vinto tre trofei nel 2021. A Volandri il compito di scegliere la contro-coppia in grado di essere altrettanto competitiva contro di loro. Sinner/Berrettini o Bolelli/Vavassori? Quel che colpisce è che, tornando alla cabala, la carta d’identità di Maximo Gonzalez come luogo di nascita ha Tandil, come Del Potro. Un fil rouge che ritorna.