Le polemiche di Ranieri e una balorda nostalgia: il breviario di lunedì 17 febbraio

LE REGOLE DEL BAR Claudio Ranieri quando parla, sembra al bar, dove una volta si dicevano cose pesanti scatenando spesso tra i presenti discussioni infinite. Una modalità che, social a parte, resiste ancora, soprattutto in provincia, tra una briscola e l’altra. Trovo che la scelta operata dall’allenatore romano sia spettacolare. Segue un pensiero che è più o meno questo: sono maturo , ho visitato il mondo, ho vinto perfino un titolo in Premier con una squadra che non contava un fico secco, ho una bella famiglia, sono ricco e intelligente. E in più sono vero, nessuno può mettere in dubbio la mia onestà. Quindi, mi posso permettere di dire tutto, senza peli sulla lingua, senza farmi intimorire da nessuno. Con questo principio in testa, Ranieri ha affermato concetti gravissimi dopo il pareggio di Oporto. Quello che mi ha stupito è il silenzio conseguente. Di solito al bar, quando qualcuno la spara grossa, trova sempre l’avventore nemico che, staccando l’attenzione dal tresette, grida: “ma smettila!”. E invece, dopo lo scandaloso arbitraggio del Do Dragao, nessuno si è fatto sentire, silenzio di tomba. Nemmeno Rosetti, fortemente chiamato in causa. Stai a vedere che al bar sono cambiate le regole. Chi ha ragione parla e gli altri, muti. BALORDA NOSTALGIA E’ finito il festival di Sanremo e io mi sento triste. Mi manca qualcosa e in più sono frustrato. Il prossimo anno, penso, ci vado anch’io, perché il mondo della musica me lo chiede e io devo rispondere. Non è chiaramente vero, magari fosse così, nessuno mi ha giustamente chiesto nulla, e io, come autore di canzoni, in pratica non esisto. “Ormai è tutto in mano alle major”, dicono gli esclusi, “Ma sì, non lo sapevi? Il vincitore lo decidono in anticipo”, sui social si legge solo questo. Ma io certi discorsi non li faccio perché non mi appartengono e poi perché, per fortuna, mi occupo di altro. Però mi resta dentro un tarlo : quello dei voti. Come vorrei poterli dare anch’io, premiando il migliore secondo il mio gusto personale. Non potendolo fare , assegno voti a casaccio su alcuni dettagli che riguardano il vincitore Olly. Non mi pronuncio sulla canzone per non influenzare la giuria di chi ci legge e magari lo sostiene oppure no. Parlo dei suoi baffetti, così svizzeri da sembrarmi provenire da un film di tanti anni fa, 'Pane e cioccolata', protagonista uno strepitoso Nino Manfredi. Che capolavoro! Voto 8. Parlo delle sue camicie, così ampie che mi hanno riportato agli anni ‘80. Ne avevo una tale e quale, con cui ci andavo a letto e poi mi ci svegliavo tutto ingrinzito, faccia e camicia. Era azzurra, esattamente come quella di Olly. Che indumento strepitoso! Voto 9. Parlo del titolo della sua canzone con dentro una parola desueta, ormai appannaggio dei nonni o, per i meno giovani, dei genitori. Come ad esempio mio padre, che ancora oggi, quando non sta bene, dice di sentirsi un po’ balordo. Voto a mio padre, 10.

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