Indian Wells e Miami: come saranno i primi Masters 1000 senza Sinner

Welcome to tennis Paradise, il Paradiso del tennis. Chiedere ai nostri nomadi in racchetta preferiti per conferma. Un mese da una costa a un’altra, dal deserto di Palm Springs al profumo di salsedine in Florida. Marzo è sinonimo di ‘Sunshine Double’, il sintagma che caratterizza i primi due Masters 1000 di stagione: Indian Wells, dove il vento soffia veloce, ma il cemento è molto lento, e Miami, che fino al 2018 voleva dire Key Biscayne e che oggi, è capolavoro di modernità, in un torneo che si gioca in quell’Hard Rock Stadium talmente polivalente da poter essere in un anno, sede di un torneo di tennis, circuito di un Gran Premio di Formula 1 e casa per i Miami Dolphins. Ma dimentichiamo motori e palla ovale e torniamo a prendere in mano la racchetta. Sul cemento americano quest’anno mancherà ‘il sole’ che illumina la galassia ATP, ossia il numero 1 al mondo Jannik Sinner. Il 5 maggio si avvicina sempre di più e sarebbe inutile rimuginare sulle braccia al cielo e i coriandoli incastrati tra i ricci rossi dopo la vittoria in finale a Miami contro Grigor Dimitrov. Quel titolo, il 13esimo in carriera e il terzo nel 2024, gli aveva permesso di salire fino al secondo posto nel ranking ATP, dietro soltanto a Novak Djokovic, ancora signore incontrastato nel circuito dodici mesi fa. Altro mondo, altra epoca. Anche se in realtà è passato soltanto un anno. Jannik si riposa, riflette. Pensa a cosa aggiungere fisicamente e tatticamente, a come diventare sempre più una macchina perfetta. Nel frattempo, però, come i pianeti ruotano intorno al sole, sono in tanti i colleghi che gli ruotano intorno per assorbirne la luce. Primo tra tutti, Carlos Alcaraz. Per lo spagnolo, bi-campione in carica a Indian Wells, il sogno di tornare numero 1 al mondo prima di Roma passa obbligatoriamente dalla California. Dovesse essere eliminato prima di arrivare nei quarti di finale, la matematica non servirà più: addio aggancio in vetta. Ad Alcaraz il primo posto nel ranking manca da agosto 2023: per un quattro volte campione Slam come lui, un’eternità. Prima di pensare ai numeri, però, Carlitos ha un problema di continuità. Sono lontani i tempi in cui lo spagnolo trionfava sulla terra rossa di Parigi e poi sull’erba di Londra, per un back to back da leggenda tra Roland Garros e Wimbledon. Qualcosa in Alcaraz si è rotto con la medaglia d’argento alle Olimpiadi di Parigi, con Carlitos in lacrime davanti al mito di Djokovic d’oro e, forse, un po’ svuotato di fame e motivazioni. Fame e motivazioni che continuano a essere altalenanti anche nel 2025: il quarto di finale agli Australian Open, perso sempre contro Nole, ha avuto sapore di occasione persa, il titolo a Rotterdam, il primo in carriera sul cemento indoor, è stato una panacea temporanea e la sconfitta a Doha nei quarti di finale contro Lehecka è stata un nuovo segnale preoccupante. A Palm Springs probabilmente Alcaraz rimane il favorito nonostante da quest’anno il cemento sia diventato un po’ più veloce. Anche perché, con quel tennis totale che è insieme squisitamente antico e moderno, l’impressione è che il primo nemico di Carlitos sia Carlitos stesso. D’altronde, essere nemici di sé stessi è qualcosa che Sascha Zverev conosce molto bene. Il tedesco rimane il più vicino di tutti a Sinner nel ranking. Eppure, nonostante i punti da raccogliere fino a Roma siano circa 2500 – tanti, ma non tantissimi – il braccio sembra essere diventato di legno, la mente non riesce a liberarsi dai cattivi pensieri. Se Sinner è il sole intorno a cui ruota il circuito ATP, Zverev è un Icaro moderno che, prossimo al traguardo, sta vedendo le proprie ali sciogliersi. Il tedesco era andato in Sudamerica ufficialmente per testare in anticipo la nuova racchetta sulla terra rossa, ma coltivando in realtà speranze di vittorie e titoli facili. Nulla di più lontano dalla realtà: tra Buenos Aires, Rio de Janeiro e Acapulco per Zverev sono arrivati due quarti di finale, un secondo turno e tre sconfitte nell’ordine contro Francisco Cerundolo , Francisco Comesana e il classe 2005 Learner Tien, sconfitta che ha interrotto la striscia di 28 vittorie di fila di Sascha contro i mancini. In quella che per Zverev poteva essere un’alba 3.0 di una carriera di straordinari trionfi e di bruschi ritorni alla realtà, la chance di diventare numero 1 al mondo si è trasformata in un imbrunire interiore dal quale il tedesco sembra non saper uscire. Obbligatorio, dunque, ritrovarsi sul cemento americano. Sia su quello, spesso indigesto, di Palm Spring, che su quello, velocissimo, di cui è rivestito l’Hard Rock Stadium. Cemento velocissimo di Miami che è il target ideale per un Matteo Berrettini ufficialmente ritrovato. Di nuovo testa di serie in un Masters 1000 per la prima volta da Miami 2023, il numero 3 d’Italia è tra i nomi da monitorare con maggiore attenzione per arrivare in fondo negli Stati Uniti, sognando magari anche quel titolo sul cemento che manca ancora in bacheca. Tra Berrettini e i big rimane un ultimo, minimo, gap da colmare: la capacità di vincere con il dettaglio contro e non a favore. Se Stefanos Tsitsipas non si fosse inventato una volée da antologia nei quarti di finale a Dubai, chissà, a portarsi il veliero a Palm Springs sarebbe stato proprio Matteo. Il quale, tra l’altro, avrebbe meritato maggiore fortuna dopo uno swing mediorientale nel quale ha sconfitto per la prima volta in carriera un Novak Djokovic sembrato scarico mentalmente e fisicamente in egual misura. Tra l’altro, a proposito di Djokovic, il serbo, che a Indian Wells non trionfa dal 2016, guarda ancora al 100esimo titolo ATP come la splendida ultima ossessione di una carriera da leggenda, ma il dubbio che Nole si sia sentito completo dopo la medaglia d’oro vinta a Parigi nove mesi fa è sempre più forte. Per rimanere in tema di podio olimpico e di dubbi, lo swing nordamericano sarà momento di rispondere a domande di tenuta fisica anche per Lorenzo Musetti, sfortunato a procurarsi una lesione al polpaccio a Buenos Aires e che, forse, preferirà puntare al 100% per la stagione sulla terra rossa europea. La fortuna di avere un movimento azzurro così profondo è che, comunque, la bandiera tricolore sarà ben rappresentata dalla grinta di Lorenzo Sonego e dalle ambizioni di Matteo Arnaldi, dalla fame agonistica di Flavio Cobolli e dalla voglia di crescere sul cemento di Luciano Darderi, dal talento di Luca Nardi e dalla creatività estrosa di Mattia Bellucci. Tanti nomi italiani, ma anche tanti nomi di big: a Indian Wells, addominali permettendo, ci sarà da tenere d’occhio Taylor Fritz, che sa come si vince in California, avendo trionfato nel 2022 sconfiggendo un acciaccato Rafa Nadal in finale. A Miami, invece, il top ten da monitorare potrebbe essere Casper Ruud, finalista in Florida nello stesso anno. Attenzione, poi, a uno Stefanos Tsitsipas che sembra essersi ritrovato dopo il titolo a Dubai, il primo di categoria ATP 500 dopo 11 finali perse in questa categoria. E, per la legge dei grandi numeri, vale la pena non sottovalutare anche Daniil Medvedev, la cui ultima finale ATP risale proprio a Indian Wells 2024 e che è obbligato a scrollarsi di dosso la propria apatia tattica. Last, but not least, le sorprese non mancheranno nel tabellone WTA. Gli occhi sono chiaramente puntati su Jasmine Paolini, che vuole dimenticare l'infortunio alla caviglia di Dubai per ritrovare il sorriso in un 2025 per il momento da diesel in singolare. Chissà che la fiducia non possa passare dal doppio, grazie alle parole e al supporto di Sara Errani, con la quale, tra l’altro, Paolini ha trionfato a Doha un mese fa. Trovare una favorita al femminile, però, è quasi più complicato che al maschile. Il ranking suggerisce di guardare alla numero 1 Aryna Sabalenka, che però sembra aver perso un po’ di smalto dopo la sconfitta in finale agli Australian Open contro Madison Keys, e alla campionessa uscente Iga Swiatek, che non vince un titolo dal Roland Garros 2024. Quindi, avanti i nomi e avanti i dubbi: Elena Rybakina ha situazioni personali più impellenti da gestire, Coco Gauff è in strisicia di tre sconfitte di fila, Paula Badosa sarebbe potuta essere una mina vagante senza i problemi cronici alla schiena, Mirra Andreeva potrebbe continuare a stupire sul lento cemento di Indian Wells, mentre il tennis potente di Amanda Anisimova sembra essere programmato per funzionare sull’Hard Rock Stadium. E poi attenzione a non sottovalutare le mamme Belinda Bencic e Naomi Osaka, sempre a proprio agio sia in California che in Florida. “Anybody’s game”, direbbero gli statunitensi. Un paradiso, sì, ma di sorprese.

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