Jakub Mensik e la profezia di Djokovic: come il ceco è diventato grande

È stato il Double Sunshine degli esordienti, Jack Draper a Indian Wells e Jakub Mensik a Miami. A 19 anni, il giocatore ceco ha conquistato il suo primo Masters 1000 della carriera contro Novak Djokovic che in Florida cercava il titolo numero 100. “Non sono mai contento di perdere, visto che è successo contro Jakub però sono un po’ meno triste”. Questa è la storia di un poster metaforico appeso in una cameretta di Prostejov, in Moravia, Repubblica Ceca. Un bambino guarda l’immagine di Novak Djokovic e sogna, un giorno, di poter diventare come lui. Prima che avversario, per i teenager il campione serbo è stato soprattutto un mentore. Aveva sedici anni il ragazzo quando l’ex numero uno al mondo lo ha invitato a Belgrado per allenarsi insieme, una sorta di investitura. “Il ragazzo si farà”, aveva detto Nole al coach Tomas Josefus. C’era un dritto da migliorare, qualche aspetto tecnico da perfezionare, non era facile per un ragazzo grande e grosso come lui muoversi con la leggerezza che serve dentro un campo da tennis. Nei giorni di Miami, battendo 3 top 10, Jack Draper e poi uno dopo l’altro Taylor Fritz e Novak Djokovic, Jakub Mensik ha dimostrato di essere non solo un gran servizio capace di trascinare l’avversario al tie-break, ma anzi, sul cemento americano ha fatto vedere drop shot deliziosi, veroniche d’antan, rovesci lungolinea al millimetro, una sensibilità rara nei pressi della rete; un metro e 90 di altezza e una testa che lo sostiene nelle scelte da prendere. Personalità? Anche quella non manca. Subito dopo aver abbracciato il suo avversario, sul vetrino della telecamera il neo campione di Miami ha scritto: “Il primo di molti”. Come a dire, ora che avete la mia attenzione, sappiate che è soltanto l’inizio. La profezia di Djokovic si è avverata, Mensik, il ragazzo dalle belle speranze da seguire con interesse, si è fatto grande. Di fronte, in finale, aveva l’uomo senza il quale chissà che sport avrebbe scelto, il tennista a caccia del numero cento, il vecchio campione con un occhio ferito e una ostinazione commovente. È l’uomo del tuo poster in camera, Jakub, il campione che ti ha introdotto nel club, sarà lui il tuo prossimo avversario. Se all’ingresso in campo gli è capitato di tremare almeno un po’, ha dissimulato bene. Break in apertura e l’altro costretto a rincorrere fin da subito. La smorzata a un uomo di 38 anni è una mancanza di rispetto o è il segnale che hai imparato bene dal più grande di tutti, l’ex numero uno di cui ti stai prendendo gioco? C’erano oltre diciotto anni di differenza tra i due finalisti, il più grande divario di età di sempre in una finale di un Masters 1000. Prima di arrivare in Florida e dopo Indian Wells, Mensik è volato a Cap Cana, in Repubblica Domenicana, per giocare un torneo del circuito challenger, ha perso in semifinale contro il numero 84 del mondo Dzumhur. L’arrivo a Miami è stato un trauma, non riusciva a camminare per un dolore al ginocchio. Era pronto per andare dall’ufficiale di gara per dare forfait: “scusate ma fa troppo male, non riesco a giocare”. Per fortuna, la persona che stava cercando era fuori per pranzo, così è andato dal fisioterapista, si è fatto trattare per circa mezz’ora e il dolore è diminuito. “Proviamo a scendere in campo lo stesso?”, “Proviamo”. In sei partite ha perso soltanto due set, al primo turno contro Bautista Agut e in semifinale contro Fritz. Ha giocato sette tie-break nel corso del torneo, li ha vinti tutti. Anche questo è un segnale che indica personalità, chiedere la conferma a un altro specialista della materia, Jannik Sinner. Da oggi Jakub Mensik è il nuovo numero 24 del ranking mondiale. La trasferta americana e il torneo di Miami gli ha fatto fare un salto in avanti di 30 posizioni. Mensik è l’unico teenager in top 30. In finale a Miami, durante la cerimonia di premiazione, Djokovic ha parlato così dell’avversario che ha infranto il suo sogno: “Di sicuro puoi ancora migliorare. Sono sicuro che ti vedremo sempre più spesso da queste parti”. La grandezza di Djokovic è anche in queste parole, dare credito al futuro, rendergli onore, quando se lo merita. E Mensik ha davvero imparato molto da quel poster in cameretta. La cosa più importante? Non esitare, prendersi tutto, non lasciare spazio alla riconoscenza. Un’altra lezione made in Nole.

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