Grandi ritorni e nuovi coach per (re)iniziare a vincere

Sono il punto fermo di un giocatore durante un match. Vinci un punto e guardi il tuo box, perdi un punto e guardi il tuo box. Ci si rivolge al proprio angolo per liberarsi dalla paura e dalla frustrazione, lanciargliela addosso, per cercare un applauso, un come on, qualcuno che ti dica bravo. Gran parte di quello che succede durante un match si decide quando la pallina è ferma e i due giocatori in campo si scambiano occhiate o occhiatacce con il proprio team. Nello sport della solitudine è diventata sempre più importante la figura del coach e del supercoach. Jannik Sinner e il suo dream team hanno dimostrato quanto sia importante avere intorno a sé una squadra per poter vincere da soli. Il resto del circuito sembra volersi adeguare. C’è molto traffico nei player’s box al momento. L’inizio della stagione sulla terra rossa ha portato molte novità negli spogliatoi, tra innesti e rivoluzioni. La novità più importante delle ultime settimane è il ritorno di Marat Safin. Ex numero uno al mondo per nove settimane nel Duemila, vincitore Slam a New York e a Melbourne , il russo a partire dal torneo di Monte-Carlo ha cominciato a collaborare con Andrey Rublev, il numero 8 al mondo che a Madrid giocherà per difendere il titolo con una nuova figura al suo fianco che si aggiunge allo storico allenatore Fernando Vicente. “Spero che il nostro rapporto possa durare a lungo, ma dobbiamo vedere se a Marat piacerà lavorare con me oppure se soffrirà a guardarmi giocare. Credo che se si dovesse rendere conto che non lo ascolto o che non sto facendo le cose giuste, non perderebbe tempo a stare dietro a me”, ha detto Rublev a proposito del suo nuovo supercoach. In campo femminile anche Jasmine Paolini ha deciso di rivoluzionare il suo staff e dopo dieci anni si è interrotta la collaborazione con Renzo Furlan. L’azzurra, da qualche settimana ha cominciato ad allenarsi con Marc Lopez, l’ex tennista spagnolo ed ex membro dello staff di Rafa Nadal, seduto nel box dell’azzurra a partire dal Wta 500 di Stoccarda, dove Paolini ha raggiunto la semifinale. Tra le nuove coppie di cui si parla ci sono Alexander Zverev e Boris Becker e Stefanos Tsitsipas e Goran Ivanisevic che, a quanto riportano i media greci dovrebbero ufficializzare il loro rapporto dopo il Roland Garros e prima di Wimbledon. Era stato Bjorn Borg negli anni Settanta del Novecento uno dei primi a sentire la necessità di un allenatore a tempo pieno. Nel suo caso si chiamava Lennart Bergelin, letteralmente l’ombra dello svedese nel circuito. “Faccio il mio dovere finché serve, ma una volta che Bjorn scende in campo io per lui non posso più fare niente. Sono tutti affari suoi”. Nel corso dei decenni, la dedizione di Borg è diventato una regola, il coach un riferimento necessario così come fisioterapista, preparatore atletico, manager e tutte le figure che compongono gli staff sempre più numerosi dei top player. Tra le nuove coppie di cui si è molto parlato all’inizio di questa stagione c’è quella formata da Novak Djokovic e Andy Murray, che saranno insieme anche al torneo di Madrid. Due avversari che diventano squadra. Un ex numero uno che si siede nel box di un ex numero uno per aitarlo a crederci ancora, a convincersi che non sia ancora finita. Nell’ultima parte della sua carriera, oltre a qualche cambiamento tecnico che gli ha permesso di accelerare i tempi di gioco, Roger Federer ha avuto soprattutto bisogno di avere al suo fianco qualcuno di cui avesse fiducia e che lo convincesse che fosse ancora in grado di battere Rafa Nadal. A raccontarlo è stato Ivan Ljubicic, che è stato al fianco dell’ex campione svizzero negli ultimi anni della sua carriera, quando è tornato numero uno al mondo ed è tornato a vincere due prove dello Slam. La generazione dei fenomeni non ha avuto paura di cambiare coach, di affidarsi a figure diverse nel corso della loro carriera per poter aggiungere esperienza, visione di gioco o anche soltanto per migliorare un colpo in particolare. Edberg e Federer, Djokovic e Ivanisevic, Rafa Nadal che dopo una vita con Zio Toni ha compreso che per provare un’ultima zampata avrebbe dovuto compiere una piccola rivoluzione, licenziando il fratello di suo padre e assumendo Carlos Moya. E forse la scelta di Tsitsipas e Zverev, se confermata, va in quella direzione, separarsi dai genitori o da figure diventate quasi familiari e affidarsi a esperti, nel loro caso nel tentativo di vincere la loro prima prova dello Slam. Darren Cahill, il supercoach di Sinner che a fine stagione lascerà lo staff dell’azzurro e smetterà di allenare, ha da poco dichiarato che il tempo ideale per una collaborazione è 4 o 5 anni al massimo. Poi è necessario cambiare, ascoltare nuove voci, uscire da una situazione consolidata che procede per forza di inerzia. L’arrivo di Safin, Ivanisevic e Becker sembra andare in quella direzione. Il tennis ci ha abituato a padri padroni, madri ossessive, allenatori che diventano famiglia. A volte, invece, per dare una sterzata è necessario l’intervento di un espertissimo sconosciuto.

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