Il sorriso di Jasmine Paolini a Roma è quello di tutti noi

Ho fatto come credo tutti: ho acceso la tv alle 17, mi sono sintonizzata su Roma e ho visto Jasmine. Ma che bella è stata, Jasmine! Ero sul divano con il mio compagno e al secondo punto conquistato gli ho detto: “Guarda che vince lei. In scioltezza”. Perché questa finale Paolini l’ha proprio dominata, in tutto e per tutto. Avevo commentato Coco Gauff sempre a Roma e non mi era piaciuta più di tanto, sapevo che si sarebbe potuta battere. Jasmine è andata oltre, soprattutto nel secondo set: è stata superiore, l’americana non ha mai avuto le soluzioni per sporcare la palla, per battere l’avversaria dal fondo. È stata una grande finale, grandissima. Soprattutto per come Paolini ci è arrivata. Il suo percorso a Roma non è stato dei più facili, anzi. È stata un po’ altalenante. La partita decisiva è stata con Snajder, contro la quale ha faticato tantissimo. È molto interessante, la russa: ha un gioco difficile, sta crescendo molto, è mancina e ti costringe a giocare in modo diverso. Quella per Jasmine è stata una gara, sì, ma è come se ne avesse giocate tre: è stata bravissima a tenere alta la concentrazione e a non crollare anche quando ha rischiato, dopo un primo set in cui è andata in difficoltà e un secondo partito molto male. Ma il tennis femminile in questo momento è così: ci sono giocatrici molto forti, con nessuna però in grado di dominare o prevaricare sulle altre. C’è solo Sabalenka che fa la differenza sul cemento: per fisicità e potenza spicca rispetto a tutte le altre. Sulla terra e sull’erba devi emergere invece con altre soluzioni, devi trovare delle alternative, devi saper giocare in modi diversi, con delle strategie diverse. Una regina manca da un po’, ed è per questo che non rischio mai a fare i pronostici: aspetto sempre la quarta, la quinta giornata. Non avrebbe senso farlo prima. Penso questo, però: a Paolini è servito tantissimo il doppio, perché ha imparato a migliorare il servizio, la risposta e il gioco al volo. E l’ha resa più consapevole dei suoi mezzi. Ma lei emerge soprattutto quando è fisicamente al massimo: non può usufruire dell’altezza o della prestanza fisica. Deve avere rapidità di piedi costante, deve avere il fisico a puntino per essere competitiva. Non so quali altri traguardi potrà raggiungere, ma è la dimostrazione che potrà dare ancora molto. In questa categoria può succedere di tutto, ed è davvero successo di tutto anche a Roma. Dove Jasmine, l’ha detto lei stessa, è riuscita a coronare il sogno che aveva da bambina. Aveva già vinto un 1000, ma farlo in casa, davanti al proprio pubblico, davanti al presidente Mattarella, e con una prestazione così è la soddisfazione più grande di tutte. Non se la dimenticherà mai. Nel 1985 io vinsi a Taranto, in un’edizione più ridotta e in una fase di transizione da ciò che c’era a Perugia e che poi ci sarebbe stato a Roma. È emozionante pensare di essere nell’albo d’oro. Anzi, è qualcosa di straordinario. Quando mi capita di passeggiare nel tunnel che porta al Pietrangeli, vedo la mia foto in mezzo a tanti campioni e mi chiedo come abbia fatto a finirci. Ora, in quel tunnel, di foto se ne aggiunge un’altra. E sono felice che abbia quel bellissimo sorriso di Jasmine. Che non è solo bellissimo, ma autentico. Proprio come lei.

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