Simone Tartarini: "Io e Musetti, più di una favola"

Simone, anche tu sei l’artefice di tutto questo, di un successo che stiamo raccontando con grande entusiasmo. Ci descrivi il salto di qualità fatto da Lorenzo Musetti in questi ultimi mesi? “È un percorso che parte da lontano: i risultati sono arrivati da Monte Carlo, quelli più importanti intendo, però secondo me Lorenzo già aveva cominciato una sua crescita, di cui ha visto i primi frutti già anche a Miami. Perché in America ha vinto delle partite giocando non, perdendo i primi set che per lui invece solitamente rappresentano un punto di forza. È un ragazzo che sta lavorando su sé stesso da parecchio tempo, perché sa benissimo i suoi limiti caratteriali” E ora cosa succede? “Ora si sono visti i primi risultati. Primi, ho detto, perché secondo me saranno ancora maggiori quando terminerà la sua maturità. Lorenzo ha ottenuto il risultato maggiore fuori dal campo: si è responsabilizzato, probabilmente grazie a quello che sta succedendo nella sua famiglia. L’ha detto anche lui: è un padre, a breve arriverà anche il secondo figlio. A volte non ci pensiamo, ma dobbiamo tenere presente che stiamo parlando di un ragazzo di 23 anni. E negli ultimi due anni la sua vita è stata completamente stravolta. Quando diventi padre, cambia tutto: arrivano paure, insicurezze che per una persona così giovane e così tanto impegnata in questa attività possono non essere facili da affrontare. Ora lui ha continuato il suo percorso di maturità e i risultati si vedono in campo. Diciamolo chiaro: Lorenzo ha sempre ottenuto dei buoni risultati in campo, anche in partite di alto livello. Il problema era la continuità. Ora ha trovato anche questa ed è davvero importantissimo” Parlando di senso paterno, ma senza fare paragoni azzardati: hai preso Lorenzo che era un bambino, lo hai allenato, lo hai fatto diventare il Musetti che conosciamo oggi. Che soddisfazione è per te questa? “Enorme, senza mezzi termini. Ma non è solo la soddisfazione, è anche un’emozione: ogni partita per me è una gioia enorme. Lo ripeto. E aggiungo questo: io non mi sento tanto un maestro di tennis” In che senso? “Mi ritengo di più il maestro di un ciclo. Perché a crescere siamo stati in due. Lorenzo è per me quel bambino della scuola tennis che fa un suo percorso insieme al suo maestro. Lui è diventato un giocatore, io sono diventato un coach. È una favola questa. Forse anche qualcosa di più” Ma quale è stata l’emozione più grande che ti ha lasciato? “Al di là dell’Australian Open, il momento più bello per me, dal punto di vista proprio sentimentale, è la medaglia. Si tratta di una vittoria che rimarrà per sempre. Non voglio sminuire il resto, è chiaro: le emozioni sono state tantissime. Ma questo è stato un percorso. Ed è la cosa su cui voglio soffermarmi di più: è il percorso che dà tanta gioia. Più ancora che l'arrivo. Roma, Parigi e tutti gli altri grandissimi tornei… Questi sono gli arrivi, nel senso le vittorie così importanti non nascono per caso. E dà ancora più importanza a quello che abbiamo fatto insieme, giorno dopo giorno, anno dopo anno”

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