Tennis Heroes – Panatta & Bertolucci: “I pallettari”

Adriano e Paolo ci hanno preso gusto, e sulle poltroncine di 'Tennis Heroes' si sentono sempre più a casa loro. Smistano risposte e si alternano con tempi perfetti. Li vedi in giacca e camicia ma ripensi alle loro imprese sui campi da tennis di mezzo mondo. Ribattono alla grande, sia alle provocazioni estemporanee offerte dall’intelligenza artificiale sia agli spunti sapientemente proposti da Stefano Meloccaro, uomo di tennis al servizio di questa seconda discussione tra antico e moderno. Si passa dai pallettari classici con le racchette di legno, all’evoluzione rappresentata dagli esponenti più moderni del genere. Se i primi non sbagliavano mai, i secondi nel tempo hanno cominciato a giocare in spinta anche grazie all'evoluzione dei materiali e alla progressiva omologazione delle superfici. Tutti quanti più maratoneti con la racchetta, che sprinter. Le armi migliori per affrontarli? Il servizio, chiaramente, e poi la palla corta. Parola di Adriano e Paolo, che di pallettari nel corso della carriera ne hanno affrontati parecchi. Attaccanti che battono pallettari, come Panatta stesso al Foro Italico nella mitica finale del 1976 contro Vilas, ma anche pallettari che battono attaccanti, come Mantilla sempre a Roma nell’atto decisivo del torneo 2003 contro Federer. Un risultato, quest’ultimo, che soprattutto Bertolucci non è ancora riuscito a metabolizzare. Dal bianco e nero al colore, perché gli anni passano anche per i tennisti forti, in una carrellata di ricordi che aiuta a ripassare una buona fetta di storia del tennis. L’obiettivo è proprio questo: un viaggio nel tempo con i nostri signori della racchetta a fare da guide d’eccezione. Una volta smentendo e una volta confermando, anche a malincuore, le tesi di quell’intelligenza artificiale che di tanto in tanto irrompe sulla scena e scuote lo studio. Di certo non mancano storie e rivelazioni: Panatta, per dirne una, racconta di aver perso sull’erba del Queen’s contro il super pallettaro Solomon, più volte superato sulla terra battuta, aggiungendo a sua parziale discolpa che quella mattina, dopo aver trascorso una notte complicata, proprio non si reggeva in piedi. Da Vilas a Ferrer, passando per Dibbs, Higueras, Barazzutti, Wilander, Lendl, Ferrero e Hewitt. Tennisti difensori, più che pallettari, di livello altissimo. Al maschile ma anche al femminile. Impossibile dimenticare, in questo senso, la vittoria di Conchita Martinez nel 1994 a Wimbledon contro Martina Navratilova, un'altra ferita aperta - soprattutto per Bertolucci – in tema di virtuosi della difesa capaci di avere la meglio su giocatori propositivi e di qualità. Sostiene Panatta che alle volte gli dèi del tennis finiscano per premiare chi merita di meno. Forse qualcosa in più avrebbe meritato lo spagnolo Ferrer, semifinalista in tre dei quattro tornei dello Slam, per la sua capacità di portare all’estremo, modernizzandola e velocizzandola, la tattica di gioco dei pallettari di un tempo. Troppe volte, però, si è trovato a combattere in campo contro i supereroi Federer, Nadal, e Djokovic. Al netto di Roger, tutto sommato anche loro due splendidi difensori. Ma capacissimi nel tempo di inserire nel loro tennis tutto ciò che all’inizio mancava, diventando due giocatori di una completezza mai vista anche dal punto di vista dell’inventiva e delle soluzioni d’attacco. Tra i tennisti difensori più evoluti è giusto annoverare anche tre ragazzi fortissimi come Ruud, De Minaur e Medvedev. Espressioni riviste e corrette di quei precursori che colpivano la palla con la racchetta di legno e le corde in budello. I tempi cambiano e i materiali pure, il tennis di alto livello non è più uno sport adatto ai pallettari classici, ma chi sceglie di difendersi finisce inevitabilmente per offrire un gioco meno emozionante, al netto dell’intensità. Così era e così continuerà ad essere. Su questo Panatta e Bertolucci sono d’accordissimo, e non c’è intelligenza artificiale che tenga.

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