Mpetshi Perricard è molto più del solo servizio

Lione era una promessa, Basilea una speranza. E a Basilea, un anno dopo, per il momento i sogni sono stati messi in pausa. Cronaca di diciotto mesi nei quali Giovanni Mpetshi Perricard si è trovato a essere, nell’ordine, volto nuovo di Francia a sorpresa, tennista alla ricerca di un’identità oltre il proprio servizio e nome che, forse, nel 2025 ha un po’ deluso, con la consapevolezza, però, che a 22 anni, più che delusione, la parola-chiave è “assestamento”. Il nome italiano, il primo cognome congolese, il secondo cognome francese, l’anno di nascita che tradisce l’appartenenza alla gen Z: nessuno grida più 'melting pot culturale' di 'Gio', come viene soprannominato. Era stato proprio lui a spiegare, nel sesto episodio di “The Insider – Wimbledon 2024”, il perché di quel nome, Giovanni, molto tricolore. "Mio padre si chiama Guylian e voleva che io mi chiamassi con un nome che inizia per “G”. Gli è stato proposto Giovanni e lui ha detto che era bellissimo e ha deciso così". Una risposta timida, spontanea. Di chi ancora non sembrava sentirsi perfettamente al proprio agio nel circuito ATP. Erano giornate in cui Mpetshi Perricard era ricercato dai giornalisti che volevano scoprirne i segreti al servizio. Servizio che non aveva funzionato perfettamente nell’ultimo turno di qualificazioni ai Championships, ma che, poi, dopo il ripescaggio come lucky loser, gli aveva permesso di togliere il ritmo a tre come Korda, Nishioka e Ruusuvuori, prima di fermarsi agli ottavi di finale, sconfitto da Lorenzo Musetti. "Per essere efficaci al servizio bisogna trovare il giusto ritmo sul lancio di palla ed essere concentrati sul piazzamento. Lavoro tanto su questo fondamentale in allenamento", aveva rivelato. Missione compiuta nel 2024: 532 ace messi a segno in ventotto partite – meglio di lui soltanto Zverev, Hurkacz, Fritz, Shelton, Rublev, Sinner e Bublik – e il record di essere diventato appena il settimo tennista di sempre ad aver scagliato più di 50 ace in un’unica partita, contro Korda a Wimbledon. E proprio a Wimbledon, quest’anno Mpetshi Perricard ha messo a segno il servizio più veloce nella storia del torneo contro Taylor Fritz, arrivando a toccare la velocità di 246 km/h. Lampo di genio, letteralmente. Poi, però, il francese ha perso la partita nonostante un vantaggio di due set. E, altrettanto in un lampo, 100 punti sono andati via. I numeri sono il problema. Il primo è 203, come 2003, l’anno di nascita, ma senza uno zero: 203 sono i centimetri di altezza di Mpetshi Perricard. Un vantaggio, non da poco, al servizio, uno svantaggio, davvero notevole, in risposta. Lo sprint da centometrista fine a sé stesso non basta, se poi si perde in coordinazione nello spostamento laterale. La stazza di 'Gio' inevitabilmente è un limite nello scambio da fondocampo con chi ha anche semplicemente 10/12 centimetri in meno di lui. E anche il tentativo di accorciare la dinamica di gioco, magari scendendo a rete in controtempo o abusando di serve and volley, a volte finisce per scontrarsi con la difficoltà di calibrare in una frazione di secondo i propri riflessi occhio-mano. Altro limite tecnico, anche se doloroso, è legato al rovescio a una mano: un fondamentale che profuma di nostalgia, in un’epoca storica in cui giocare così sembra quasi eresia, ma, al tempo stesso, una rinuncia all’aiuto dato dalla mano sinistra e un’ulteriore variabile di rischio in un tennis già molto di per sé da dentro o fuori. Il campo impone di avere coraggio, ma, a volte, passata la tempesta, il coraggio di cui si ha davvero bisogno è legato alla necessità di reinventarsi migliorandosi, o, per meglio dire, di migliorare reinventandosi. Mpetshi Perricard aveva iniziato il 2024 da numero 205 ATP, che, in termini di ranking applicato al circuito, vuol dire avere la classifica per partecipare alle qualificazioni degli Australian Open. Da lì in poi, nei successivi quattro mesi, il clic: i tre titoli Challenger a Nottingham, Morelos e Acapulco, antipasto di quella che sarebbe stata la prima gioia nel circuito maggiore nell’ATP 250 di Lione, a sorpresa sulla terra rossa, torneo vinto dopo essere entrato in tabellone con una wild card e sconfiggendo in finale l’argentino Tomas Etcheverry, annullandogli anche tre championship points. Gli ottavi di finale a Wimbledon, sull’erba, e il trionfo nell’ATP 500 di Basilea, sul cemento indoor, a rovinare la festa di Ben Shelton, erano sembrati la conferma che il talento francese sa e può essere pericoloso su tutte le superfici, indipendentemente dai vantaggi portati dal servizio su campi veloci. Nel 2025, però, i risultati sono stati tendenzialmente stagnanti: a livello Challenger è arrivato il titolo a Bordeaux, torneo chiamato piuttosto 'Super Challenger' perché vale 175 punti e perché generalmente ha una entry list molto più simile a quella di un ATP 250. Nel circuito maggiore, invece, nessuna seconda settimana in uno Slam e un’unica vittoria contro un top 10, nel Masters 1000 di Shanghai contro Taylor Fritz, tra l’altro la prima in assoluto in carriera. Dunque, in che modo guardare al futuro? Immaginare che Mpetshi Perricard possa essere una mina vagante al Roland Garros potrebbe essere anche improbabile non soltanto per il 2026, ma, in generale, in prospettiva, se non fosse che il classe 2003 francese ha vinto lo Slam di casa in doppio da juniores insieme al connazionale Fils nel 2021. Il che suggerisce che, piuttosto, nonostante la personalità tendenzialmente pacata e 'un ufficio facce' che non regala mai grandi soddisfazioni, “Gio” è abbastanza impermeabile alla pressione. Tema che coinvolge non soltanto lui, ma tutto il movimento 'bleus' nel proprio complesso. Attualmente, la Francia vanta ben 13 tennisti in top 100: Ugo Humbert, che però deve difendere i 650 punti ottenuti con la finale di Parigi-Bercy di un anno fa, persa contro Zverev; Arthur Rinderknech, reduce dalla finale nel Masters 1000 di Shanghai; Arthur Fils, lungodegente per una frattura da stress alla schiena; Giovanni Mpetshi Perricard; Corentin Moutet; Alexandre Muller; Benjamin Bonzi; Adrien Mannarino; Arthur Cazaux; Gael Monfils, che ha annunciato il ritiro nel 2026; Terence Atmane; Valentin Royer e Quentin Halys. Un movimento dalle caratteristiche più che mai variegate, tecnicamente e anagraficamente. E se, tolto Monfils, gli over 30 e dintorni sono quasi una sorpresa , la classe 1998-2004 offre tanto su cui riflettere e lavorare: Humbert e Moutet portano la creatività che si addice ai mancini, oltre a un principio di esperienza squisitamente legata all’età, Atmane e Royer sono i nomi forse un po’ meno attesi, ma non per questo dalla prospettiva meno interessante, Fils e Cazaux sono il talento da difendere e da mettere sotto i riflettori. E Mpetshi Perricard? Chi ha già vinto due titoli nel circuito maggiore, di cui un ATP 500, a 22 anni e su due superfici diverse, non può non essere inserito nell’ultima categoria, quella più brillante. E se poi, in Francia, l’obiettivo è strafare, bisogna segnalare che, nel circuito WTA, si sta già affacciando un’altra Perricard, Daphne, sorella di Giovanni, sportiva anche lei, ma senza seguire le orme di papà Guylian, calciatore, e di mamma Sylvie, cestista. Il futuro è anche dinastia.

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Mpetshi Perricard è molto più del solo servizio

Michela Curcio