Gli ultimi punti prima dell'addio: i giocatori ritirati nel 2025

Se quel giorno del 1941 il vagone nel quale si trovava prigioniero non si fosse staccato durante il viaggio verso un campo di sterminio oggi non parleremmo di Diego Schwartzman, uno dei più forti dei tanti giocatori ritiratisi nel corso del 2025. Già perché’ il nonno dell’argentino era un ebreo tedesco destinato a morte certa durante la persecuzione dei nazionalsocialisti tedeschi. ‘El peque’, il piccolo, questo il suo soprannome, non per la altezza, 167 centimetri ma per essere l’ultimo di una famiglia numerosa. Dotato di una velocità di gambe prodigiosa, di una visione di gioco molto tattica e di una grande risposta Diego è riuscito a salire fino all’ottavo posto della classifica mondiale, a vincere 4 titoli e raggiungere 10 finali, la più importante al foro italico nel 2020, stagione nella quale centrò il suo migliore risultato in uno Slam, la semifinale al Roland Garros persa con Rafa Nadal e giocò per la prima e unica volta le ATP Finals a Londra dove una superfice troppo rapida per il suo tennis di ragionamento non gli concesse una possibilità con Djokovic, Medvedev e Zverev. Amato da tutti nello spogliatoio per la sua simpatia e il suo essere estroverso ha salutato il suo pubblico al torneo di Buenos Aires a febbraio 2025. Mancherà a tutti gli appassionati il rovescio ad una mano stiloso di Richard Gasquet che si commiata a 39 anni. Ha forse ‘sbagliato’ epoca, come tanti peraltro, venendo travolto dai fab four, eppure la sua non si può definire una carriera di secondo piano quella che lo ha portato a issarsi al settimo posto della classifica mondiale nel 2007, di firmare 16 tornei e 17 finali. Ben 3 le finali 1000, due in Canada, una ad Amburgo e 3 le semifinali negli Slam: 2 a Wimbledon, una a New York. Starebbe bene in un quadro del pittore El Greco Albert Ramos Vinolas, spagnolo, arrivato al 17esimo posto della classifica ATP nel 2017. Volto che esprimeva sofferenza, fatica, un velo di tristezza proprio come i protagonisti del pittore della sofferenza. Un tennis fatto di fatica, corsa e resistenza lo ha portato come migliore risultato ad una finale nel 1000 di Montecarlo nel 2017, di vincere 4 titoli e raggiungere 8 finali. “Ho dato tutto” ha dichiarato il 37enne di Barcellona, c’è da credergli. Si ferma anche l’indo-pak express, ovvero una delle coppie più ‘politiche’ del circuito. Rohan Bopanna, 45 anni, indiano, Aisam El Qureshi, 45 anni, pakistano. Figli di due nazioni che da decenni hanno pessimi se non inesistenti rapporti e dove al confine tra i due stati ogni tanto si spara. Ebbene i due organizzarono una partita di esibizione geniale: metà del campo in Pakistan, l’altra metà in India. Un segnale di pace apprezzato ma non da tutti: quando i due si iscrissero per fare coppia agli US open i rispettivi governi non gradirono. Bopanna è stato numero 1 del mondo in doppio, Qureshi 8. Ma mentre l’India ha una buona tradizione nel tennis, Qureshi è stato quasi un pioniere. Altra polemica destò in Pakistan la scelta di giocare per un breve periodo con l’israeliano Erlich. Nuova vita anche per Nico Mahut che nell’immaginario resterà famoso per la partita più lunga della storia del tennis, il 70-68 al quinto con John Isner a Wimbledon 2010. Eppure, Mahut è stato numero 1 in doppio e in singolare è arrivato al numero 37 con un tennis servizio e rete di altri tempi: guarda caso 6 le finali in singolare con 4 titoli, ebbene tutti sull’erba. In doppio 37 vittorie, 5 delle quali negli slam e 2 alle Finals sempre con il gemellino Herbert di 9 anni più giovane. A 35 anni smette Vasek Pospisil, canadese, a causa di diversi problemi fisici che lo hanno limitato negli ultimi anni. Amico di Djokovic con il quale ha fondato una sorta di sindacato alternativo alla ATP maggiormente sensibile alle istanze dei giocatori meno forti e meno tutelati. Di origine ceca Pospisil, servizio e diritto pesantissimi ha raggiunto la 25esima posizione in singolare con 3 finali e una semifinale al 100 canadese del 2014 e 7 titoli di doppio, il più importante a Wimbledon con Jack Sock.

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Luca Boschetto