Giochi da sola, vinci per altre: la lezione del tennis

È uno sport per attiviste. Rovesci vincenti e diritti civili. È la prima pietra scagliata, il comandamento numero uno dello statuto del tennis femminile, il motivo per cui Billie Jean King nel 1973 ha fondato la Wta, perché le giocatrici potessero sentirsi professioniste tanto quanto i colleghi uomini. Stesse responsabilità e stessi guadagni, o almeno provarci. La storia del tennis scritta dalle donne è la storia di soffitti di cristallo che si infrangono. Da Althea Gibson a Billie Jean King, da Martina Navratilova alle sorelle Williams fino a Naomi Osaka: tutte sono state apripista nelle loro epoche, tutte sono state artefici di almeno una rivoluzione che ha influenzato non soltanto Wimbledon, ma lo sport in generale. L’ultima battaglia vinta in ordine di tempo porta la firma di Vika Azarenka, 35 anni ed ex numero uno del mondo. La tennista fa parte del Player Council della Wta e nei giorni scorsi è stata tra le protagoniste di una iniziativa storica: l’introduzione del congedo di maternità di 12 mesi. Il Maternity Fund Program è sponsorizzato dal Pif, il Public Investment Fund ovvero il fondo sovrano dell’Arabia Saudita , e permetterà a 320 giocatrici almeno di avere una retribuzione durante i mesi di assenza dal circuito. Ma non solo, a questi fondi si aggiungono anche sovvenzioni per trattamenti di fertilità. Come si legge nel comunicato questo progetto vuole offrire alle donne il supporto e la flessibilità per portare avanti la propria carriera e contemporaneamente costruire una famiglia. La Wta diventa così la prima organizzazione internazionale sportiva a lanciare questo tipo di iniziativa. “È incredibilmente motivante sapere di poter fare la differenza” ha commentato sul Guardian Azarenka, che nel 2016 è diventata mamma di Leo. “Sapevo che questo giorno sarebbe arrivato”. Le donne del tennis partono prima e arrivano lontano, più lontano delle altre. Anche quando giocano da sole. Prendete Althea Gibson per esempio. Nata in una piantagione di cotone del South Carolina il 25 agosto del 1927 e cresciuta ad Harlem, negli anni Cinquanta diventa la prima afroamericana a rompere le barriere di colore del tennis, lo sport dei gesti bianchi e dei bianchi giocatori. Prima di Gibson esisteva una sentenza a che regolava i club di tennis e il resto della società: ‘separate but equal’, uguali ma separati. I neri giocano con i neri e bianchi con i bianchi. Wimbledon e il suo sacrosanto total white, una come Althea Gibson può solo immaginarselo. Nel 1950 però su una rivista specializzata viene pubblicata una lettera aperta, scritta da una tennista, of course, Alice Marble. L’americana scrive così: “L’entrata dei neri nel tennis nazionale è inevitabile”. Messaggio ricevuto, a trent’anni la ragazza di Harlem diventa la prima afroamericana campionessa sull’erba. Dagli anni Cinquanta in poi, nei tornei femminili, si sono giocati molti match, quasi tutti silenziosi, che sono stati determinati non solo dentro i Campi centrali, ma ovunque nel mondo. La Battaglia dei sessi di Billie Jean King, il coming out di Martina Navratilova, la prima atleta professionista a dichiarare pubblicamente la propria omosessualità, le riunioni solitarie di Venus Williams per convincere gli organizzatori di Wimbledon ad adattarsi al terzo millennio e a garantire lo stesso montepremi agli uomini e alle donne, Naomi Osaka che affronta pubblicamente il tabù della depressione e afferma sulla copertina del Time senza vergogna e invitando le altre a non vergognarsi: “It’s ok to be not ok”, sempre Osaka che decide di scioperare e di non scendere in campo per protestare contro l’uccisione di George Floyd da parte della polizia. La nuova battaglia vinta Oggi l’attenzione delle giocatrici della Wta si è focalizzata sulle mamme e su chi sogna diventarlo senza per questo rinunciare alla carriera. Anche in questo caso, la Wta ha molti precedenti a supporto della maternità che non uccide le carriere. La mamma più famosa del tennis è forse Serena Williams, che ha vinto il suo ultimo titolo dello Slam, l’Australian Open del 2017, quando era incinta di 3 settimane e che un anno dopo, nel 2018 ha conquistato le finali sia a Wimbledon che allo Us Open. Rivali che danno l’esempio. Anche grazie a Serena Williams oggi tra le prime sessanta tenniste al mondo quattro sono mamme: Elina Svitolina, Belinda Bencic, Naomi Osaka e Vika Azarenka. La numero uno al mondo Aryna Sabalenka da poco ha dichiarato di non voler aspettare troppo tempo per avere un figlio, ma come le sue colleghe prima di lei, vorrebbe diventare mamma e poi tornare nel circuito. Da oggi per lei sarà più facile riuscirci. Nel tennis succede spesso: giochi da sola, vinci per le altre.

Cosa vedere:

Come vederlo:

Online con Sky:

Giochi da sola, vinci per altre: la lezione del tennis

Giorgia Mecca